Questa settimana Il designer inglese Lee Wood racconta – a Focus On – il suo progetto L72.
“Sono un tradizionalista minimale”… Così, e con queste sue parole, inizia la mia bella chiacchierata con Lee Wood. Il suo, è il racconto di un progetto, di un’idea che ora diventa concreta, personale, non condizionata o come lui stesso afferma: “Not conditioned”.
E la bella avventura stilistica, di questo ragazzo inglese – che nel suo background professionale vanta ben sedici anni di lavoro accanto a Donatella Versace – si chiama L72, il suo marchio nato da pochissimo, dove Wood in una “capsule” di capi dal forte impatto visivo, pulito e deciso racchiude: l’aspetto grafico, il gioco dei volumi, le costruzioni tradizionali e quel “mescolare” con intelligenza gli elementi attuali dello “street culture” per raggiungere il “sartorialmente-contemporaneo”.
E i rumors per L72 ci sono eccome e sono davvero tanti e positivi. Ho incontrato Lee Wood questa settimana per Focus On per farmi raccontare da lui direttamente – con il suo british mood – il suo nuovo percorso, progetto, idea e quel concetto di non condizionato che mi incuriosisce tanto e che lo caratterizza.
Lee come ha iniziato il suo percorso professionale e in particolare come nasce il progetto L72? Il mio percorso professionale é cominciato quando sono uscito da casa a 19 anni. Avevo fatto 3 anni di College, dopo la scuola, ma avevo bisogno di guadagnare ed essere indipendente. Mi sono trasferito a Londra e ho cominciato a lavorare. Inizialmente in bar e ristoranti prima di trovare una posizione come commesso. Poi da lì mi sono rimboccato le maniche. L72 nasce da una mia idea, un mio sogno, la mia volontà e la possibilità di lavorare in modo non condizionato e personale. Inizialmente ho cominciato a sviluppare progetti di diverse categorie, ma organicamente tutto si è evoluto, cresciuto, ed è diventato un vero total look, un vero brand.
Posso chiederle di tracciare gli elementi fondamentali che caratterizzano L72? L72 è puro, appena nato. E’ grafico, pulito, gioca con volumi e costruzioni tradizionali, mescolando elementi attuali di Street Culture per raggiungere un look sartoriale e contemporaneo. Mi ritengo un “Tradizionale Minimalista”. Mi piace creare, arricchire per poi pulire. L72 ha un fascino nascosto, un lusso mai urlato. E’ forte delle sue fondamenta, coerente e costante.
Quali sono i suoi prossimi progetti che ci può raccontare ovvero i prossimi step di L72? Durante la Fashion Week di Milano ho presentato il “Pre-Lancio” di un brand completamente sconosciuto, accompagnato da un fanzine fatta di collaborazioni artistiche, non a caso l’ho chiamato “Collection Zero”. Ora sto disegnando la prima collezione per la primavera-estate 2016 e ragionando anche sulla seconda edizione della fanzine. Adoro collaborare con persone creative, mi ispira, mi dà energia. Cerco progetti e collaborazioni di continuo, è un modo per scambiare idee, confrontarsi, imparare, migliorare e condividere.
Che ricordo ha del suo passato lavorativo come stylist e del suo periodo professionale accanto a Donatella Versace con la quale ha lavorato per 16 anni? Lavorare come Stylist è bellissimo, ed io ho sempre sognato di far parte di un team che insieme potesse dar vita ad un’immagine. Sono stato molto fortunato. Fin dall’inizio del mio lavoro sono stato accanto ai personaggi lavorando come assistente nel campo della musica. E’ stata davvero una bella palestra vestire le persone in modo che i vestiti fossero un complemento alla loro personalità, esaltandola invece di nasconderla. E’ stata una sorta di scuola di eleganza e funzionalità. Con Versace, con Donatella Versace, è stato invece amore a prima vista. Ero completamente incantato. Lei si che è una vera Signora, è davvero difficile mettere in parole 16 anni di magia. Grazie a Donatella ho avuto la possibilità di far parte di un’azienda meravigliosa, storica, ricca di patrimonio e lavorare, ed imparare il mondo di lusso.
La libertà è un concetto che nella sua collezione, ma direi nel brand, gioca un ruolo di assoluto primo piano. Tanto che si parla di “Collection Zero: Not Conditioned”. Può spiegarci meglio cosa intende? Parla di libertà di espressione? Oppure di libertà di potersi muovere liberamente indossando capi che a volte per forme e struttura, potrebbero essere sia maschili che femminili? Libertà di non seguire più le regole base che parlano di stagioni, numeri o aspettative manageriali? Mi spiega meglio cosa vuole trasmettere? La libertà oggi è un pensiero complesso. Siamo talmente condizionati e circondati da messaggi, diciamo piuttosto negativi, che avevo bisogno di creare una cosa personale e con un riflesso libertino. Volendo può essere chiamato un “vizio”, ma L72 è un “vizio” sano, è la mia espressione, il mio modo per esternare i miei pensieri, le mie idee, in questo momento della mia vita. Nella “Collection Zero” c’è una sfumatura dei confini tra uomini e donne. Una ricerca che parte dall’investigazione di una moderna “uniforme”, dall’idea di un rigore militare e del fascino di confini sconosciuti. Elementi presi dai look di strada e dallo sport mixati però con volumi anni ‘50, materiali pregiati, e la più alta artigianalità e maestria per creare un sofisticato nuovo modo di vestire, che sconfini nell’idea del non-genere. Una libertà anche di pensiero, un nuovo modo di pensare e “approcciare”, di provare a inventare come negli anni 50, nei periodi postbellici, una fucina di idee, un laboratorio dove testare, indagare e sperimentare. Infine libertà da un meccanismo corporate di base. Mi spiego: per 22 anni della mia vita ho sempre dovuto rispettare ordini, dati, budget, tabelle, gerarchie, ecc. Questo non vuole dire che non mi piacciano queste cose, sono parte della vita, parte della creatività e nascono perché c’é un business da sostenere; per una volta, però, potevo esprimermi in modo “libero”, senza aspettative di terzi e storicità.
Qual è l’ispirazione della collezione Autunno-Inverno 2015-2016? E parliamo di mood, tessuti, materiali, forme, volumi… L’ispirazione era di creare i fondamenti sui quali posso costruire. Come un geometra che accerta le basi architettoniche di una costruzione. Ho usato pochi elementi in realtà, ma sono stati sviluppati in vari modi. C’è il logo e 2 tessuti chiave e un po’ di rigore nell’idea di presentare un progetto completo, coerente e riconoscibile da zero. Avevo poi trovato una foto di Erin Blumenfeld che mi ha comunicato qualcosa di talmente attuale, che ha influenzato la palette di colori e che ha preso vita nel servizio del fotografo Oskar Cecere presente nella fanzine. Il resto è uscito dalla mia testa, attraverso le mie mani come una sorta di esorcismo creativo.
Chi sono l’uomo e la donna ideali ai quali lei si rivolge, o ai quali pensa, si ispira e che per lei rappresentano l’emblema fisico delle sue collezioni? La mia donna è Inga Savits, la mia migliore amica, una musa, la mia strega bianca. Ci conosciamo da 14 anni ormai. Lei ha stile, eleganza, attitude. E’ chic ma ha l’anima rock, ma comunque è una mamma, moglie, stilista, imprenditrice e modella… C’est pas mal! L’uomo L72 invece è sicuramente di pari passi un uomo forte, maschile e attivo. Io stesso, quando disegno, immagino figure che traggono ispirazione da quel mondo di atleti e sportivi. Uomini dal carisma e dalla personalità, non modelli. Uomini consapevoli della loro bellezza maschile e che si vogliono anche prendere cura di sé.
Lei è inglese. Cosa c’è della sua cultura nelle collezioni che disegna? Sono inglese ma ormai mi sento anche italiano dopo 16 anni che vivo qui. Non parlerei di cosa influenza della mia cultura perchè la mia crescita è avvenuta in paesi diversi. Direi al contrario invece che questo sia un mio punto di forza ovvero quello di avere una mente aperta. Sono talmente orgoglioso di produrre Made in Italy, forse molto di più di tanti italiani di fatto. Il mio essere inglese è parte della mia personalità, del mio carattere, che sicuramente si riflette nel mio modo di fare e “approcciare” qualunque progetto, come nel caso di L72, ma non necessariamente influenza o traspare da ciò che disegno.
In un momento così delicato – come quello che stiamo attraversando – secondo lei oggi la moda dov’è è diretta? E in particolar modo come sta cambiando il modo di vestire della gente, soprattutto dei giovanissimi? Credo che in questo momento l’evoluzione fisica dell’essere umano e la tendenza nella moda si stiano allineando. Ovvero l’idea di unisex ormai è un comportamento attuale e quotidiano. Siamo in un momento “delicato” perché ci stiamo confrontando con un mondo fragile, e non è solo una questione di economia, ma trovo che il mondo “contemporaneo” sia diventato sempre più “antico” e questo crea tensioni, soprattutto nei giovani. I diritti umani, la libertà sono temi che mettono i governi a disagio, quindi di riflesso riceviamo messaggi negativi e non chiari per controllarci. Difficilmente io penso in modo categorico sessuale. Siamo umani, persone. Io sono Lee, vivo la mia vita, faccio il mio lavoro, pago le mie tasse… quanto è importante dire o sottolineare il fatto che sono un uomo? Per me non ha nessun valore e credo che le nuove generazioni debbano avere lo spazio e la formazione corretta per aiutarle a ragionare nello stesso modo e costruirsi la propria individuale personalità. Pensare a un mondo nel 2015 che continua a parlare di sessualità, etnia, religione ed altro per me è arcaico!
Un’ultima domanda. Come si rilassa, cosa le piace fare nel tempo libero? Tempo libero? Quello si che è un lusso! A dire la verità mi piace molto stare a casa, guardare la TV e nascondermi dal mondo. La mia vita è talmente piena di movimento che stare fermo in un ambiente protetto mi rilassa molto. Mi piacciono le cose semplici e fare le cose semplici. Se devo uscire meglio se per un concerto, per andare al cinema o per cenare con amici… l’importante è che ci siano luci soffuse!