Via GianGiacomo Mora è un atto di fede. Sai che esiste, google maps lo conferma, ma il modo in cui si incunea su via Cesare Correnti probabilmente è stato studiato per cadere esattamente nel punto cieco dell’occhio umano. Vale la pena di insistere perché in questa via insospettabilmente romantica e indenne dal caos di corso di Porta Ticinese si nascondono alcune chicche per appassionati di moda e costume e addirittura un esperimento unico in Italia: BIVIO Milano, il negozio dove si può vendere, comprare e scambiare in modo semplice e veloce capi di abbigliamento o accessori selezionati con cura dalla founder, Hilary Belle Walker, e dai suoi quattro collaboratori che valutano stile e qualità.
Hilary, nata e cresciuta a San Francisco, è arrivata in Italia nel 1998 e, dopo una prima fase da creativa freelance fra televisione e giornali, ha deciso di aprire il suo negozio per importare una formula di scambio e riuso degli abiti ancora inedita in Italia: non propriamente second hand, non ancora vintage.
Sarà riuscita nell’impresa di sdoganare il ‘non nuovo’ agli occhi delle fashion victim milanesi e non solo, a trovare una quadratura del cerchio che interrompa l’equazione fra shopping compulsivo e spreco, rendendolo uno sport praticabile anche dalla coscienza più pura? Ma soprattutto a dimostrare che con il riuso si può fare business (anche) nella moda?
‘Un uomo non può possedere più di quanto il suo cuore non possa amare’ è forse la più bella frase di ‘educazione siberiana’. Ha senso anche dire ‘un armadio non può contenere più di quanto la sua proprietaria non possa amare’? La filosofia di BIVIO è: “Tieni solo ciò che ami, porta solo ciò che pensi sarà amato da qualcun altro”. Amare tutto ciò che si indossa – e indossare soltanto ciò che si ama – forse non e’ realistico per il 99% della popolazione. Pero’ e’ un’idea che secondo me e’ utile tenere a mente come linea guida.
Cosa significa riuso? Significa vivere e agire con la consapevolezza che le risorse su questa terra sono limitate e il mondo e’ già strapieno di roba. Il concetto di riuso implica anche un rispetto per l’energia – umana e ambientale – necessaria per la produzione delle cose. Anche un semplice bicchiere di plastica o sacchetto di carta sono costati tempo, soldi e risorse: davvero lo si usa per qualche minuto e poi lo si butta via per sempre? Se ci pensi e’ demenziale.
C’è una componente etica nella scelta di creare uno spazio dove dare una seconda vita agli oggetti o invece prevale il gioco? C’e’ una forte credenza “etica” dietro il mio business. BIVIO acquista e vende abbigliamento e accessori “pre-posseduti”, ma non non ho creato soltanto uno “spazio” per ragioni etiche o per “gioco”: ho creato un business che assume gente capace e che paga diverse centinaia di fornitori alla settimana. Perciò cerchiamo di fare ciò che riteniamo giusto anche con una forte componente di divertimento e praticità. Fare la cosa “giusta” puo’ essere semplice, sensato e anche stylish. Essere “etici” e basta non credo sia un modello di business molto percorribile.
Consumare spinge l’economia, conservare e riutilizzare no. State dimostrando che un negozio può stare in piedi insegnando a non consumare? Non si puo’ dire che BIVIO stia in piedi senza consumo. Semplicemente abbiamo respinto il concetto tradizionale di “retail”. La nostra catena di fornitori sono i “privati” – individui come te – invece di grossisti o aziende di moda. Noi vendiamo migliaia di articoli ogni settimana: la differenza sta nel fatto che noi proponiamo capi che esistono già e li compriamo dalla gente che non li usa.
Se io dico ‘moda sprecata’, cosa vi viene in mente? Come si fa a distinguere ciò che deve essere riutilizzato e salvato e ciò che non vale la pena? Quando la gente viene con valigie piene di capi fatti di tessuti sintetici e poco resistenti, pezzi rifiniti malissimo che hanno comprato in qualche catena di “fast-fashion” pagando davvero poco gia’ comprandolo nuovo…Non c’e’ molta possibilità che quei pezzi abbiano una seconda vita. Quando paghi 6 euro e 99 per una maglia nuova, purtroppo e’ difficile riproporre quella stessa maglia una volta che non ha più la sua etichetta.
Second hand, riuso, vintage: aiutateci a distinguere e diteci quando e come scegliere cosa. Noi da BIVIO parliamo del nostro prodotto come “pre-posseduto”, invece di dire “seconda mano” o “usato”. Prediligiamo capi che sono usati molto poco, e il nostro “core business” sono i capi contemporanei, non il “vintage”, che per definizione deve avere almeno 20 o 25 anni.
‘Bivio’ porta in Italia per la prima volta un modello di compravendita di moda già collaudato all’estero. Ci raccontate come e dove è nato e di che tipo di esperienza si tratta? Io sono nata e cresciuta a San Francisco ma vivo a Milano dal 2000. Ho iniziato fare shopping nei negozi di resale da adolescente e non ho mai smesso. Ogni volta che tornavo a casa da Milano per trovare la famiglia, mettevo dentro la valigia dei pezzi comprati qui che non mettevo più e li vendevo o scambiavo nei negozi di resale a San Francisco. Ho sempre trovato assurdo che a Milano non ci fossero dei negozi di fashion resale, c’erano soltanto alcuni negozi di contovendita, ma erano scomodi: bisognava prendere un appuntamento, erano sempre nascosti in qualche cortile interno con chiusure in pausa pranzo, e soprattutto non ti pagavano subito. Dovevi chiamare tu per vedere se le cose erano state vendute e poi dovevi passare per ritirare i tuoi soldi e i capi non venduti. Pensavo che ci volesse qualcosa di più immediato, invitante e user-friendly e mi chiedevo perché nessuno lo avesse fatto. E poi nel 2013 ho deciso di farlo io.
Che rapporto si instaura con i clienti? Chi sono i vostri clienti tipo? Io dico sempre che la cosa di cui sono piu’ fiera per quanto riguarda BIVIO, e’ la incredibile varietà di clientela, sia fra quelli che comprano sia fra quelli che vendono. Da noi vengono uomini e donne, di ogni eta’, gusto e ceto sociale. Ed è questo ciò che vogliamo: così riusciamo ad avere un negozio pieno di articoli diversi fra loro, un posto imprevedibile con tantissimo ricambio, dove non sai cosa troverai quando ci vai.
Milano e il riuso nella moda: colpo di fulmine, innamoramento lento o cortese indifferenza? Fra BIVIO e la sua città credo di poter dire che c’è un apprezzamento reciproco.
Il capo più bello che vi hanno portato. Un paio di volte alla settimana ognuno di noi si innamora pesantemente di qualche pezzo e crediamo di non poter più vivere senza. Per questo che ho stabilito la seguente regola: i capi devono rimanere in vendita per due settimane prima di essere acquistati personalmente da uno di noi. Se no, il negozio sarebbe quasi vuoto e nessuno avrebbe uno stipendio a fine mese.