Tutti che scrivono post, pezzi, manuali, o roba del genere su come si debba diventare “in maniera pulita” una fashion blogger di successo.
Tutti che scrivono cose del tipo: “fare belle foto”, “prediligere la qualità”, “avere costanza”, “fare un buon utilizzo di Instagram”. Certo, ed io sono Giuseppina Buonaparte.
In verità io sono una fashion blogger (non mi vergogno mica a dirlo), e non tanto di successo perché non seguo certe regole che dovrei. | LEGGI ANCHE: Tutta la verità sulle fashion blogger
La prima regola è molto semplice e si chiama marchetta: tutto ciò che ti regalano è amazing, tutto ciò che ti regalano e per cui ti pagano è stra top, wow, ultra cool. Anche se si tratta di una ciabatta di plastica da piscina comunale dismessa con un logo più o meno conosciuto.
In questo caso comunque ci sono degli escamotage: se le ciabatte, per esempio, sono davvero orrende, si possono definire “concettuali” o “particolari”, se invece si vuole andare contro qualsiasi innegabile evidenza con nonchalance sono comunque bellissime. Dipende dalla faccia tosta che una ha.
Io sono del Partito delle Marchette Ben Fatte. Anche quella è un’arte.
La seconda regola riguarda Instagram: altro che foto di qualità, di quelle non frega niente a nessuno. Quello che conta sono foto di frullati o centrifugati, tramonti, locali color pastello e “dinner with babes” in generale. I gatti purtroppo stanno passando di moda, motivo per cui dovrò licenziare il mio micio. E mi raccomando su Instagram comprare a manetta: fan, commenti, tutto a caso.
Poi c’è lo stalking, che ricopre un ruolo fondamentale: più una blogger stalkera più ottiene, più insiste e più ce la fa, meno dignità ha, più risultati fa.
La quinta regola riguarda le tette: se ti rifai il seno, poi successivamente mostri anche tranquillamente il culo (la posa standard è da dietro, in costume, con le braccia aperte, gli occhiali a specchio che s’intravedono, davanti ad un fantastico panorama marittimo) hai molte più chances di diventare famosa. Per questo io rimarrò sempre una sfigata.
Scrivere solo didascalie, il lettore medio delle fashion blogger non vuole mica leggere papiri. E poi ricordatevi: ogni fashion blogger ha l’autorizzazione di definirsi fashion editor anche se scrive due righe, che constano di descrizioni di marchi (mi sento male).
Legandomi a questo discorso arrivo alla regola successiva: la fortuna di una blogger inizia da ciò che lei “realmente” fa, ovvero da come si definisce: che ne so, stylist, giornalista, art director… e più titoli ha, più è tenuta in considerazione.
Per questo sulle varie descrizioni delle blogger troviamo cose come “influencer” (dei propri fan comprati), journalist (di didascalie appunto), stylist (di se stessa), Capo del Mondo, o che ne so, Silvio Berlusconi (ormai è diventato un titolo per definire Onnipotenza).
Non voglio dirvi altro, guardatevi il video che ho preparato un giorno di vacanza, in maniera del tutto spontanea.