Arrendiamoci, siamo circondati. Combatto da anni una silenziosa battaglia con gli amici neo-genitori perché non partecipino ad una delle prime, grandi competizioni sociali fra figli: chi impara per primo a leggere e a scrivere.
Quando impari a leggere, poi, non potrai più evitare di decodificare quelle stringhe di segni ogni volta che ti passeranno davanti agli occhi, qualunque cosa vogliano dirti. Visto che abbiamo capito che non si possono combattere, tanto vale farseli amici e cominciare a capire se anche il vestito che hanno le lettere, il type design, vive di tempo e di mode e se e quanto è importante e entra a piedi uniti in come capiamo ciò che leggiamo.
Del resto, se anche Google, per rifarsi l’immagine e istituzionalizzare il nuovo assetto aziendale, ha deciso di partire ridisegnando il proprio logo e creando un proprio type (Product Sans) chi siamo noi per far finta di niente?
Come spesso accade per ciò che riguarda la forma, l’Italia è da sempre una delle culle di questa arte nata con l’invenzione della stampa nel 1450 e con la necessità di trasformare le lettere della scrittura manuale in caratteri da usare meccanicamente.
Scopriamo poi che sono assai rari in Italia quelli che lavorano effettivamente come type designer, nonostante l’importanza e la richiesta. Uno di loro è Andrea Braccaloni, founder dello studio Leftloft e creatore, insieme a Luciano Perondi, di Solferino e Brera, i type di Corriere della Sera. Gli chiediamo un po’ di segreti del mestiere: se un giorno dovessimo dirigere un’azienda come Google ci torneranno utili e, nel frattempo, ci aiuteranno a capire come funziona una cosa che facciamo centinaia di volte ogni giorno…senza accorgercene!
Sembra un lusso per pochi vivere in mezzo all’arte e invece potremmo sostenere che di fatto lo facciamo sempre. Il Type Design è uno dei colpevoli? In effetti possiamo considerare il Type Design una delle dimensioni quotidiane dell’arte, per cui è vero che siamo circondati. Jessica Helfand, una delle più importanti critiche di graphic design al mondo, dice che ‘la grafica è dappertutto, tocca tutto ciò che facciamo, tutto ciò che vediamo, tutto ciò che compriamo’. Chiunque voglia comunicare con noi deve produrre un artefatto visivo di qualche tipo che veicoli parole e pensieri e lo fa seguendo certe regole che noi abbiamo introiettato e applichiamo senza accorgercene. La decodifica dell’aspetto grafico di ogni scritta ha a che fare con l’ottica, il design e la psicologia: un mix di fattori fondamentale quanto scarsamente prevedibile.
Se è tutto così automatico e complesso sarà quasi impossibile innovare o rinnovare, o sbaglio? In realtà ci sono aggiustamenti continui e piccole rivoluzioni silenziose, ma in effetti il type design è una delle arti più conservatrici perché deve sempre tenere presente il tacito patto con il lettore: i caratteri devono essere leggibili e l’abitudine a collegare un tema o un contesto a un carattere va rispettata e non messa continuamente in discussione per non confondere i destinatari del messaggio. Considerando un alfabeto intero, numeri e punteggiatura, per creare un nuovo type servono centinaia di elementi: è uno studio lunghissimo, che richiede tempo e prevede una dimensione di lavoro ancora artigianale. Qui ci vogliono pensiero e manualità, la tecnologia ha accelerato molti processi ma in questo ambito la parte di creazione è ancora 100% umana!
In Italia si fa ricerca nel type design? In Italia oggi sono pochi i type designer di professione, il che è tanto più strano se si pensa il nostro Paese è stato storicamente centrale nella creazione di caratteri per la scrittura meccanizzata, da quando, con l’invenzione della stampa, si è smesso di fare comunque e sempre tutto a mano. Siamo pochi, ma sicuramente cresceremo perché le aziende e le istituzioni sanno che avere una propria font rende più riconoscibili e identificabili. Per fare branding, cioè creare quell’alchimia che permette di dare una personalità a un marchio e a un’azienda, avere una propria font è fondamentale. Per rendersene conto basta pensare alla Coca Cola, a quanto sia collegata alla font del suo logo! Non a caso, se un marchio o un’azienda vuole cambiare pelle comincia dal logo: nel 2005 il quotidiano inglese Guardian ha rifatto il giornale da capo a piedi, sia editorialmente che graficamente, e ha rinnovato anche tutta la tipografia. I risultati sono la riconoscibilità immediata dovunque, la possibilità di differenziare tutte le sezioni tematiche (il Guardian il sabato esce con 9 dorsi!!) e di dare la propria impronta a qualsiasi testo lo riguardi.
C’è davvero bisogno di nuovi caratteri tipografici? Ebbene sì! Vorremo anche noi lasciare un piccolo segno nella storia, no? Come ogni forma d’arte, il type design incarna lo spirito del tempo, che per definizione cambia. Vero che è un’arte conservatrice ma, con ritmi lenti, anche i caratteri invecchiano. L’Helvetica è una rivisitazione anni ’50 di un carattere di fine ‘800. intriso di modernismo svizzero e lombardo e infatti fu adottato dai grandi marchi del design del tempo: Kartell, Poliform, Cassina. Nulla vieta di usarlo anche oggi, però indubbiamente si sente odore di un tempo passato. Gli anni ’90 sono stati quelli delle sperimentazioni digitali: il leggendario blur era semplicemente un helvetica su photoshop sfocato, ora può far sorridere ma allora era una assoluta novità. Negli anni 2000 c’è stato il riflusso verso la tipografia tradizionale, con caratteri cosiddetti ‘umanistici’ cioè ispirati ai caratteri e alle scritture del ‘400 italiano, vicini alla scrittura manuale, meno razionali e geometrici.
Pensando a un nuovo type, è più importante che sia leggibile o che sia bello? Dipende dall’obiettivo, in generale si lavora proprio perché le due cose non siano mai in conflitto. Chiaro che una font deve essere un minimo leggibile, anche se non è usata per informazioni essenziali. Perché una font sia leggibile bisogna che consideri una serie di regole di percezione solo apparentemente intuitive. Ad esempio, pensate se i cartelli stradali fossero scritti con una font svolazzante come quello della Coca Cola…ci fermeremmo allo stop?? Se fossero improvvisamente invertiti le font di Plasmon e quella di Iron Maiden, cosa succederebbe?