Sono giorni che a tutti i TG, impietosamente raccolti da Blob, imperversa il grande protagonista delle Feste di quest’anno, contro il quale nulla possono le altre paure più o meno ancestrali che attanagliano l’Occidente e l’Oriente: lo Smog.
Da Pechino a Milano non si parla d’altro e così, nonostante il sole meraviglioso, il cielo azzurro, il clima mite che fa fiorire le rose e cinguettare gli uccellini, tutti sono terrorizzati dalle terribili polveri sottili e ci si chiude così inesorabilmente in casa.
Ricordo come fosse ieri il post-Chernobyl. Mille raccomandazioni: non bere latte, non mangiare funghi, non rotolarsi nei prati ecc ecc. Naturalmente ai tempi la mia scuola aveva organizzato i giochi di atletica ed io ero nella staffetta 4×100. Naturalmente la classica accelerazione improvvisa di chi si sente in ritardo (non sono mai stata una scattista) mi fece fare un gran volo, spalmata a terra per fruire della mia bella dose di radiazioni. Bè, dopo tutto sono ancora qui a raccontarlo.
Ciò significa che non credo nello Smog? Sì ci credo, forse, ma penso anche che in alcune zone ci sia meno inquinamento. Ad esempio a Nord di Milano non c’è quasi mai nebbia. Qualcosa vorrà pur dire. Sarà perché spinta da queste certezze che alla fine ho scelto di fare una bella gita verso la Certosa di Pavia? Ovvero nel profondo Sud della metropoli? Già… errare è umano.
Così, mentre splende il sole più intenso, imbarco bici e speranze in metro a Gioia. Atterro al capolinea della MM2, Abbiategrasso e… non vedo a un palmo dal mio naso! Soluzione? Dietrofront e via, agli antipodi c’è il sole! Martesana non ti tradirò mai più.
Dopo una ventina di fermate in direzione opposta, il mio adorato nordico Naviglio che nasce dall’Adda doveva però essersi già adombrato per l’insano proposito di raggiungere Pavia in bici. Certi errori si pagano. E così, appena sbucato il treno dalla corteccia d’asfalto, tra Udine e Cimiano, ecco palesarsi subito una leggera nebbiolina che non promette nulla di buono.
A Villa Fiorita, che di fiorito non ha che il nome anche in primavera, sembra che il Nulla della Storia Infinita sia effettivamente arrivato sin qui.
Però ormai è fatta, il dado è tratto, si va nonostante la nebbia, via! C’è bellezza anche nel clima sfavorevole, anzi. È più interessante l’impresa, anche se semplicemente si tratta di tornare a casa.
Pedalare nella nebbia alla fine non è poi così male. Tutto è ovattato, silenzioso, misterioso. Ogni tanto spuntano sagome di podisti (o runner, come direbbe la mia amica Greta che su Fashion Times descrive ogni mercoledì la sua esperienza) vestiti con agghiaccianti tutine fucsia o giallo fluo. Sfoggiano la “divisa d’ordinanza” persino rispettabili professionisti (si riconoscono dall’andatura molleggiata) che nella vita reale non indossano altro che giacca e cravatta.
Che sia una tattica per non farsi impallinare dai cacciatori? Subito mi attanaglia il pensiero fisso che io non sono affatto fluorescente e che potrei essere scambiata per un coniglio in fuga. Quindi meglio accelerare. E accendere le luci.
Finirà questo inverno. O non è mai iniziato?