Con uno dei versi danteschi più controversi e dibattuti, la cui interpretazione è lasciata nelle mani di molti linguisti e studiosi che ad oggi non hanno trovato un accordo, Umberto Eco ci dona il suo ultimo lascito: Pape Satàn Aleppe è il titolo del libro che uscirà oggi, pubblicato postumo dalla casa editrice La nave di Teseo.
Si tratta di una raccolta delle sue “Bustine di Minerva”, la rubrica che teneva sull‘Espresso, in cui denuncia la frammentazione che la società ha subìto in questi anni, divenendo una “società liquida“, in cui l’eccesso di stimoli ha provocato la perdita di punti di riferimento stabili. Spiega Elisabetta Sgarbi al Corriere della Sera la scelta del sottotitolo Cronache di una società liquida: “Quel che viviamo, e che tutte queste ‘Bustine’ raccontano, è “un individualismo sfrenato”, dove nessuno è più compagno di strada di ciascuno ma antagonista, da cui guardarsi. Questo soggettivismo ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile’“.
Pillole di sociologia − “l’ossessione della visibilità, il rapporto tra vecchi e giovani, la vita online, i telefonini, il razzismo, la buona o mala educazione, la crisi della politica, la stupidità” − ispirate al pensiero che ha segnato la carriera di Zygmunt Baumann e che ora saranno raccolte sotto al titolo dantesco. “Pape Satàn Aleppe” è il verso con cui Pluto accoglie Dante e Virgilio nel quarto cerchio (canto VII), ma che sia un inneggiamento contro di loro, un’invocazione a Satana, una preghiera di aiuto, una nenia disperata − o magari tutte le cose insieme − non è dato saperlo con certezza. Ed è proprio questa frammentazione del significato che Eco grida al lettore in libreria: “il titolo sarà Pape Satán Aleppe, citazione evidentemente dantesca che non vuole dire niente e dunque abbastanza ‘liquida’ per caratterizzare la confusione dei nostri tempi”.
Fonte: Cultora