Serate post ufficio e week end da conciliare con gli allenamenti, feedback in tempo reale al Coach, sensi di colpa se manchi una uscita o se la corsa è più lenta del previsto, sveglie all’alba.
Per non parlare poi dei danni (ir)reparabili alle unghie dei piedi, io poi abituata ad un pedicure impeccabile, da quando corro maratone, un disastro. Spendo più in cerotti che in abbigliamento.
Talvolta, anzi spesso, la gioia di mettere le scarpe da running per la mia ora di felicità, diventa un po’ meno piacevole. A volte una vera costrizione, poi quando rientri dopo la corsa, sei talmente felice e fiera di te stessa che realizzi che ne vuoi ancora di sacrifici e di fatica.
Che poi, non capisco come mai ogni volta che la tabella prevede un “lungo”, il tempo non mi aiuta per niente. Anche oggi… diluvio! Di nuovo. Già difficile impostare la sveglia alle 8.30 di domenica mattina. Io che nel weekend non ho mail voluto dipendere da orari o obblighi.
Ho combattuto tutto il sabato sera con me stessa e ma i sensi di colpa hanno avuto la meglio! “Le previsioni meteo per domani… pessime, hanno addirittura annullato la mezza maratona delle 2 perle, capirai. Se però non faccio domani i 28 kilometri, non li faccio più. Figurati con la settimana che mi si prospetta, tra lavoro, corsi di inglese, fidanzato, eventi vari… la sera al buio, la mattina all’ alba chi ha voglia di uscire a correre… non succederà mai… Kathrine che farebbe? Sicuro non avrebbe rinunciato, lei”.
Per fare lunghezze simili, servono mente libera e tempo, tutto il tempo necessario senza ansia o appuntamenti da rispettare. Non ho scelta o alternative… ma poi la corsa non era quella cosa fantastica che mi rende tanto felice quando la faccio?
Domenica 8.30, diluvio, grigio, freddo, la testa che non collaborava per niente… e quando la testa ti abbandona diventa tutto ancora più complicato.
Mentre mi vesto, mi proietto al futuro, al momento in cui avrei rimesso piede a casa, doccia calda, pasta al pomodoro, birra, divano e telecomando Sky!
In questi casi si gioca di immaginazione… aiuta, e cosi dopo i primi passi in direzione Parco Sempione, la testa comincia a viaggiare, ripenso alla gioia del taglio del traguardo, il tifo di New York, a quando posterò la foto del Garmin su facebook, all’ Inter che gioca alle 12.30… Alle 12.30? Meglio darsi una mossa.
Arrivo al Parco Sempione sotto una pioggia scrosciante, gente poca, acqua tanta incluse le pozzanghere che devo schivare per non rischiare di bagnarmi fino alla caviglia, che poi, visto il tempo, davvero mi illudo di rientrare in casa asciutta? Saluto altri runners temerari come me e mi scappa quasi un sorriso, siamo proprio matti penso tra me e me, ma chi ce lo fa fare? La corsa è davvero faticosa, altro che!
Mi preparo mentalmente un piano di azione, giro al Sempione fino ai 15 kilometri, poi barretta energetica, goccio d’acqua alla fontanella vicino alla torre e poi mi dirigo verso il mio adorato Parco Marinai d’Italia dove raggiungo Matteo e Andrea per fare gli ultimi 10 kilometri insieme. Dovremmo esserci… 28 sono tantissimi, cerco di scorporarli e dividerli in più parti, quante miglia saranno? Guardo il Castello Sforzesco, è davvero bello anche sotto la pioggia, anche se gli occhiali sono ormai appannati, e le gocce dal cappellino rimbalzano sulle lenti, le cuffie non stanno ferme sulle orecchie perché il filo fa attrito con il giubbino impermeabile e le tira verso il basso. Il naso cola. E siamo solo a 7 kilometri, circa un quarto del mio obiettivo: non mi passa più, ma di fermarsi non se ne parla, avanti così, magari rallento un attimo e macino altri tre kilometri. Nel frattempo la pioggia si è fatta meno insistente, pioggerellina fastidiosa, ma tanto ormai sono talmente bagnata che non distinguo più l’acqua dal sudore.
Le endorfine cominciano a farsi sentire, passati gli 11 kilometri comincio a provare quel senso di piacere e di pace che solo la corsa mi riesce a dare, aumento il ritmo, se arrivo ai 14 sono a metà strada e poi sarà tutto in discesa, o quasi.
Ancora un giro e mezzo del Castello, e mentre sono immersa nei miei calcoli, mi arriva un’onda anomala sollevata da una macchina che ha preso in pieno una pozzanghera. Che problema hanno i milanesi con i runners? Sono arrivata alla conclusione che ci odiano. Non capisco perché tanto accanimento e tanta cattiveria soprattutto se corriamo per la nostra strada senza dare noia a nessuno.
Quello che mi è successo oggi è un assaggio di quello che mi aspetterà il giorno della Maratona di Milano, insulti, sfottò, intolleranza, altro che New York. Ma Milano è la mia città e la amo e correre la Maratona nella MIA città è una delle cose più belle del mondo, cari milanesi fatevene una ragione, il 3 di aprile saremo in tantissimi sia per la Maratona che per le staffette e se non volete fare il tifo per noi, almeno non ci ostacolate. Quel giorno, solo per quel giorno, la città sarà nostra, di noi runner.
Il suono del mio Garmin mi riporta alla realtà, bagnata, parecchio, 15 kilometri corsi. Evviva! E’ tempo di prendere l’integratore e raggiungere gli altri al Marinai d’Italia. Mi fermo mi soffio il naso, cerco di riprendermi, saluto un gruppo di giapponesi in visita al Castello che mi guardano con aria di ammirazione e forse anche un po’ di pena, chissà, ma comunque sorridono, rispondo ai loro saluti e ricomincio a correre. Imbocco Via Dante, arrivo in Piazza del Duomo, è meraviglioso nella sua imponenza perfino in questa grigia domenica di fine inverno, Piazza S. Babila, giro in Corso Europa, Largo Augusto e via dritta verso Corso di Porta Vittoria, devio in Via Fontana, Via Anfossi e dritta al Parco. Le gambe vanno, non sento dolori o particolari fastidi alle gambe, l’euforia si è ormai impossessata totalmente di me, saluto Matteo e Andrea che nel frattempo ne hanno fatti già 4 di kilometri “Allora dai diamoci una mossa qua… Io ne ho già corsi 20, ne ho ancora 8 chi mi segue?”. Dai dai dai è quasi fatta mi ripeto come un mantra.
Correre gli ultimi 8 kilometri in compagnia parlando del più e del meno, incredibile, ma si sentono meno sulle gambe, così distratta come sono dalle chiacchiere, butto un occhio al Garmin e sfilano velocemente i 23, i 24, i 26… ora la fatica comincia a farsi sentire e anche la fame, le uscite infrasettimanali mancate non sono una cosa a mio favore, sono stanca, non vedo l’ora di finire.
Ai 27 decidiamo di tornare verso casa per terminare l’allenamento, ma arrivata al portone, il Garmin segna 27 kilometri e 460 metri… continuo a correre intorno al palazzo e poi al palazzo di fronte per completare l’obbiettivo. Ormai sta letteralmente diluviando, ma non sento più nulla e non mi importa più nulla, guardo con orgoglio il 28 sullo schermo e mi sento a un metro da terra.
E’ Fatta! Alla fine la mia testardaggine e il mio entusiasmo hanno prevalso sulla pigrizia: Milano Marathon sono pronta.
“Da quando ho iniziato a correre non ho più smesso” Giorgio Calcaterra.