La Vita: con quel suo “concatenarsi” di elementi, aspetti-aspettative, progetti, sogni e cambiamenti. Aspetti di vita che si rincorrono ed aspetti di vita che si fondono.
Aspett(i)-ative che – a volte – si allontanano ed aspetti invece che si integrano e – a volte – purtroppo collidono, deludono, distraggono, o (magari) invece ci stimolano, rendono creativi, migliori, maturi e molto altro… e per esempio, tirano fuori anche il “bimbo” che è in noi. Ma non quello immaturo però. Ma quello che accarezza fortemente il suo entusiasmo, il suo credo creativo, il suo dono creativo: facendolo rinascere in “toto”.
Aspetti di vita quindi: emotivi, privati, professionali, affettivi. Ma anche Aspetti che parlano di cambiamento: come quando il “mollo tutto” oppure il “cambio lavoro” e il ripetersi “Quasi quasi mi licenzio, non è mai troppo tardi per cambiare vita” (che peraltro è anche il titolo di uno tra i suoi libri di successo scritto a quattro mani con Rosa Tessa – Salani Editore), diventano il nostro pensiero costante, quotidiano, martellante.
Roberto D’Incau di questi aspetti di vita: della vita che cambia, della nuova vita che riparte con entusiasmo, gioco e nuova energia, ne è decisamente l’esperto numero uno. Esperto nel trattarli i cambiamenti, nel plasmarli, sviscerarli e svilupparli al meglio. Cambiamenti professionali. Cambiamenti che fanno gioco e migliorano chi li cerca: ovvero i singoli professionisti e le stesse aziende. D’Incau è Head Hunter, (ovvero cacciatore di teste) ma anche Coach, Life Coach, un uomo-professionista prezioso che aiuta-supporta con grande successo le aziende, i manager, i creativi e i talenti ad essere gli attori del proprio e fortunato cambiamento.
La sua agenzia, che si chiama Lang & Partners si occupa di scouting, coaching, advisory nella moda, nel lusso, nel retail e molto altro… Quasi una “culla” direi, un’eccellente comfort zone dove D’Incau, i suoi partner e il suo team straordinario, seguono al dettaglio aziende e professionisti del lusso, per dar loro un nuovo slancio, un nuovo impulso e una bella spinta in avanti nel loro percorso d’azione e carriera. Ho incontrato con molto interesse Roberto D’Incau questa settimana per Focus On per parlare del suo lavoro: un lavoro tradotto anche nei libri che ha scritto – tutti di grande successo- e tra questi penso per esempio, anche a “Il Lato Bimbo. Come ritrovare l’entusiasmo nella vita e nel lavoro” (Le Comete Franco Angeli).
Roberto iniziamo la chiacchierata tranquillizzando da subito – visto il periodo delicato che stiamo attraversando – eventuali animi preoccupati e ansiosi. E lei è la persona migliore per questa domanda. Come ci si rimette in gioco nella vita? Ovvero quali sono i tratti-comportamentali che tutti noi dovremmo assumere, per diventare finalmente, con entusiasmo, grinta e sicurezza, noi stessi gli attori del nostro cambiamento? E a questo proposito fino a che età pensa si possa rivoluzionare la propria vita? Ho dedicato un libro a questo tema, “Quasi quasi mi licenzio. Non è mai troppo tardi per cambiare vita”. E’, in fondo, tutto un tema di risorse: quelle economiche, certo, a cui tutti si pensa, soprattutto come scusa per non cambiare nulla. Invece, a mio parere, sono molto più importanti quelle psicologiche, che fanno sì che c’è chi si ferma alla prima difficoltà e c’è chi invece va avanti, e riparte, anche di fronte a un fallimento professionale. Forza di carattere, fiducia in se stessi, certo: ma anche, soprattutto, la forza di lasciare una zona di dis(conforto), magari soffrendo nel lasciare un equilibrio sia pure precario, per arrivare a uno nuovo. C’è chi si lamenta ma non cambia mai, c’è invece chi si rimbocca le maniche, stringe i denti, e agisce. Non c’è un’età adatta, il cambiamento può avvenire anche dopo la fatidica pensione! E, sottolineo, i cambiamenti veri richiedono un po’ di sofferenza: non tanta, il giusto, ma un po’ sì, sempre.
Facciamo invece un breve passo indietro. Coach, Head Hunter con abilità sartoriali (come lei stesso ama definirsi) e scrittore. Mi racconta come nasce la storia, lo straordinario percorso professionale, ma anche il background di Roberto D’Incau e poi successivamente, l’arrivo con successo della sua agenzia Lang&Partners che si occupa di scouting, coaching, advisory nella moda, nel lusso, nel retail e molto altro? Un lavoro come il mio, prima in una multinazionale della consulenza, ora, da sette anni, nella “mia” boutique, insieme a tre partner preziosi, nasce dalla somma di tutte le esperienze precedenti. Ho un background di studi e professionale umanistico e di business al tempo stesso: anche prima di fare questo mestiere, che faccio ormai da quindici anni, ho sempre fatto cose che mettessero insieme il business con la creatività, la bellezza, l’estetica. Mi è sempre piaciuto coniugare la creatività con l’industria: in fondo, il made in Italy di successo è proprio questo, il mettere insieme la straordinaria storia di questo paese, a livello artistico e estetico, con il business.
Lei è un grandissimo sostenitore del cosiddetto Lato Bimbo (titolo anche del suo ultimo libro e del seguitissimo blog su VanityFair.it) ovvero di quel lato un po’ bambino, di entusiasmo e spensieratezza che dovremmo tutti tirar fuori per affrontare meglio il lavoro, ma anche la nostra vita. Però non credo che lei parlasse di un “esercito” di uomini-bambinoni e giocherelloni che scappano davanti a difficoltà e responsabilità… Mi spiega meglio il messaggio che vuole trasmettere? Grazie di questa domanda. Il bimbo a cui penso non è certo il Peter Pan, il cinquantenne che si crede ragazzino o la signora agèe che vuole fare la Lolita: il lato bimbo è quello della creatività e dell’entusiasmo, che serve a 20 come a 80 anni. Non a caso, “madrina” del mio libro è stata Marta Marzotto, una ottantenne che ha più lato bimbo di certi ventenni spenti e già senza utopie. Il lato bimbo è la voglia di sperimentarsi, e di mettersi in gioco, a tutte le età, senza preoccuparsi troppo dell’età anagrafica.
Lei incontra ogni giorno – e si affidano a lei – moltissimi creativi, manager del lusso, della moda, della comunicazione e di diversi altri settori … Una mia curiosità… Come si insegna ad un grande talento, non so per esempio della moda, pensiamo ad un Direttore Creativo o altro che però è magari timido, negato ed impacciato, a credere di più in se stesso? Ad essere più che altro anche un buon venditore di se stesso? A promuoversi al meglio… a sviluppare le sue eccellenti capacità? Mi è capitato spesso di aiutare dei creativi nello sviluppo dei loro skill professionali, dei loro soft skill. La creatività, lo dico sempre, è condizione necessaria ma non sufficiente per avere successo: vale per un artista, come per un designer. Il mio lavoro in fondo è simile a quello di un personal trainer: si fa un lavoro profondamente customizzato, con l’obiettivo di suggerire delle efficaci strategie comportamentali. Un buon coach dà degli insight che restano in testa, come delle lampadine che si accendono, quando serve: me lo dice spesso chi è venuto in coaching da me “mi sono venute in mente le tue parole, mi vengono in mente spesso”. Funziona, anche a distanza di anni, e mi dà una soddisfazione infinita, lo ammetto.
Molto del successo di questi professionisti dipende – è vero dalle loro capacità – ma tantissimo anche da lei. Non si sente a volte un po’ una sorta, mi perdoni il termine, di loro “Papa’” che con il suo intuito ed occhio lungo, è riuscito ad aiutarli a sviluppare al meglio le loro potenzialità e a farli crescere professionalmente, nello stesso tempo contribuendo anche allo sviluppo della realtà aziendale che collabora con lei? Che effetto le fa tutto questo? No, la definizione di papà è impropria, di figlia ne ho una sola, Fosca, mi basta: mi vedo invece come quelle figure dietro le quinte che stanno dietro il successo di un politico, di un attore. Una figura di ispirazione, che ha la necessaria distanza per vedere chiaramente le aree su cui lavorare, e la necessaria vicinanza e empatia (una mia caratteristica molto forte) per lavorare con efficacia su chi si affida a me. Un segreto? Non seguo mai progetti in cui non credo, non riuscirei a essere efficace.
Come coach, cosa pensa della cosiddetta profezia che si autoavvera? Ovvero che chi si sente un vincente crea attorno a sé tutta una serie di dinamiche, energie, opportunità positive ed invece chi si sente “abbattuto” e perdente creerà irrimediabilmente accanto a sè situazioni negative e persone che non crederanno in lui? Che cosa ne pensa in merito? Credo molto nel concetto di “copione”: ciascuno di noi acquisisce, nell’infanzia e nell’adolescenza, un copione che a volte consapevolmente ma molto più spesso inconsapevolmente porta avanti nella vita. Uno per tutti? “La Cenerentola nella vita e nel lavoro”, l’eterna seconda, un po’ “sfigata”, uno dei copioni di cui parlo nel mio libro “Il Lato Bimbo”. Finchè non arriva qualcuno (un coach va benissimo, ma può essere anche qualcun altro) a spezzare l’incantesimo, la Cenerentola va avanti imperterrita per la sua strada, auto-avverando appunto la sua profezia. Alcuni dei miei coaching più di successo hanno portato delle Cenerentole, e dei Cenerentoli, a ruoli di grande visibilità. Purchè la Cenerentola di turno lo voglia…
Come è cambiato e sta cambiando invece il mondo del lavoro e che cosa ci aspetta nei prossimi anni? E’ cambiato molto, è molto più veloce, le competenze richieste cambiano continuamente. Bisogna stare al passo, non invecchiare professionalmente, essere sempre curiosi e competitivi. E’ darwiniano, lo so, ma oggi vince solo chi è più veloce nell’evolversi, ed è più curioso e attento al nuovo.
Come pensa sia cambiato il concetto di lusso in questi anni così difficili? Il lusso degli anni d’oro, in fondo, era la ricchezza esibita, la griffe, il logo, e alcuni brand, in crisi, basano ancora tutto su questo, stupendosi che i risultati siano negativi. Oggi però è così solo per i mercati meno maturi e per i ricchi molto recenti. Un esempio tra tutti: per me il nuovo lusso sono i mobili “bruciati” di Maarten Bass, bruciati con la fiamma ossidrica. Sembrano recuperati per caso da un incendio, in realtà hanno una lavorazione così sofisticata da costare come un mobile d’epoca: per pochi, non per tutti, ma lusso vero, secondo me, che richiede una decodificazione estetica e un concetto di understatement che non tutti possono apprezzare. Un altro esempio? Le isole più in oggi sono piene di Mini Moke d’epoca, le macchinone decappottabili sono per chi ancora pensa che l’esibizione sia di lusso. Insomma, il vero lusso oggi è più difficile da decodificare, ma anche con più contenuti.
Quali sono i suoi prossimi progetti che ci può anticipare? Sto lavorando a un progetto sul tema della felicità, che mi sta molto a cuore, ma sono appena partito, e il lusso che mi concedo in questo caso è non correre, prendermi i miei tempi, e concedermi una elaborazione “lenta”. Take your time, come dicono gli anglosassoni.
Come si rilassa Roberto D’Incau quando non lavora? Che cosa le piace fare? Scrivere mi rilassa tantissimo, non mi stanco mai di farlo, per me è un vero piacere. E poi, soprattutto, mi piace viaggiare, viaggio molto, fin da ragazzo, anche se oggi, a cinquant’anni, ho i miei “luoghi del cuore”, dove tornare mi emoziona moltissimo perché so già che ritrovo i miei momenti dell’anima. La Grecia è uno di questi: cosa c’è di più rilassante di godersi il momento magico di un tramonto greco sull’Egeo?