Fra la rivoluzione industriale e la rivoluzione digitale ci sono stati gli ultimi anni ’70 e la rivoluzione televisiva dei cartoni animati a plasmare le giovani menti dei nati fra pantaloni a zampa e camicie optical e già per quello forse un poco compromessi.
Mia madre mi costringeva a guardare ogni puntata di Remì, la più triste storia mai raccontata, verificando che avessi gli occhi bene aperti come in Arancia Meccanica e dichiarando ogni pomeriggio ‘Così diventi buona come lui’. A parte questi evidenti fallimenti pedagogici, il cartone animato mescolava il baby sitting televisivo con morali e lieti fini che si tatuavano nelle teste, destinate per il resto della vita a cercare Terence in ogni ciuffo o a desiderare ardentemente di salvare il mondo, ma proprio tutto, con cadenza quotidiana.
Oggi quel mix di sbornia visiva e etica da fiaba è la spina dorsale della generazione dei moderni quarantenni della quale fa parte anche Ale Giorgini, che ha scelto di declinare in illustrazioni la voglia di spiegare il mondo per immagini, cercando di sintetizzarne i tratti salienti per poterli tradurre in linee e di trovare un senso che passi dagli occhi e arrivi alla testa, magari senza passare per le parole. Un mestiere bellissimo che gli abbiamo chiesto di spiegarci un po’ meglio e che ci porta dalla provincia veneta agli Stati Uniti, con la netta sensazione che, fra linee e colori, le distanze e i chilometri tutto sommato non siano così importanti.
Le tue illustrazioni si trovano su magazines italiani e internazionali, pagine adv, copertine di libri. A cosa servono? “Il lavoro dell’illustratore è quello di raccontare delle storie per risolvere dei problemi: riuscire a vendere un prodotto, semplificare concetti complessi o semplicemente trasmettere bellezza. Ecco, spero che le mie illustrazioni ci riescano, magari strappando anche un sorriso di tanto in tanto”.
Colore e geometrie sono tratti distintivi del tuo stile, perché hai scelto di puntare su questi elementi? “Non c’è stato nulla di calcolato, è nato così, senza particolari strategie. Forse è il mio modo per combattere il grigio e il caos che ci sono là fuori”.
Quale è stato il tuo percorso? Come hai scoperto questa passione e questo talento? “La passione per il disegno c’è sempre stata, non ho dovuto scoprirla. Di talento, invece, non credo di averne avuto molto: non sono un enfant prodige, arrivo da un percorso lungo e per niente lineare, ma che per questo motivo mi ha permesso di esplorare ambiti della creatività paralleli a quello dell’illustrazione. Guidato dalla passione ho raccolto competenze e conoscenze che mi hanno poi permesso un giorno di “mollare tutto” per provare a diventare un illustratore. Probabilmente è stata la passione a colmare le lacune”.
Ci sono tanti supereroi nella tua produzione, è un caso? “Sono cresciuto con i loro fumetti, film e cartoni animati: Batman, Superman, L’Uomo Ragno mi si sono appiccicati dentro. E ogni tanto risaltano fuori”.
Cosa significa fare l’illustratore in Italia? Che differenza c’è fra il nostro Paese e gli altri mercati, in particolare quello americano o comunque anglosassone? “La differenza principale è di percezione della professione. Qui in Italia a pochi è chiaro chi sia e cosa faccia un illustratore. Ogni volta che mi viene chiesta la professione, devo impiegare poi qualche minuto per spiegare cosa faccio in pratica. All’estero c’è sicuramente molta più considerazione del lavoro di illustratore, ma credo dipenda proprio da una maggiore conoscenza della professione stessa e da una più profonda cultura visiva, che invece qui in Italia zoppica un pochetto. Inoltre, venendo al sodo, normalmente all’estero i budget a disposizione sono decisamente più alti. Un ulteriore motivo che fa guardare alla maggior parte dei disegnatori fuori dai confini nazionali”.
A Vicenza, dove vivi, segui il festival Illustri. A Padova insegni alla scuola internazionale di fumetto. Il Veneto è particolarmente legato all’illustrazione e al fumetto? “Vicenza ha una concentrazione di talenti davvero straordinaria. I nomi sono veramente tanti: dal maestro Toni Vedù scomparso lo scorso anno, a professionisti protagonisti a livello nazionale come Giuliano Piccininno, Alessandro Gottardo, Lorenzo De Pretto, Marina Marcolin, Melissa Zanella, Mario Ferracina, Osvaldo Casanova, fino a giovani talenti come Libero Ermetti e Michele Bruttomesso. Proprio qualche mese fa una bella mostra curata da Stefano Zattera (altro importante disegnatore vicentino) ha celebrato il grande valore della scena vicentina. Oggi Vicenza è diventata oramai sinonimo di illustrazione: Illustri Festival è stato sicuramente il principale evento nazionale dedicato al settore e che ha consentito a Vicenza di diventare capitale italiana dell’illustrazione”.
Consigli per un giovane illustratore. “Consiglio di essere sempre sé stessi di fronte al foglio bianco. E di non accettare mai i consigli che si leggono nelle interviste”.