“…guardare al bello e al buono di quanto sta arrivando … farlo fruttare sempre al meglio, imparando a “ragionare bene”. Che Paolo Santambrogio e Paola Iezzi potessero – parlando del futuro – darmi ad una mia domanda, una risposta del genere (questo virgolettato ne è solo una parte), non avevo alcun dubbio.
Perché questa loro energia interiore (e aggiungo esteriore), positiva, e che guarda sempre avanti verso il cambiamento, per far rientrare tutto – sempre e comunque – in una “sfera-dimensione-territorio” costruttivo di evoluzione, fa parte di loro c’è poco da fare.
Fa parte del loro “way of life”, fa parte del loro modo di essere, di una filosofia di vita dedita da sempre al cambiamento, alla crescita, ai progetti nuovi, continui e… tanti in fieri. Perché nella loro carriera tutto ha sempre guardato (già dall’indomani di ciò appena realizzato), con determinazione al nuovo. Progetti che pensano ai viaggi, ai nuovi orizzonti – lavorativi e non – da esplorare (pensiamo al nuovo entusiasmante percorso dj set per lei e all’ampliamento invece e sempre al meglio, del discorso-passione cortometraggi-clip per lui… Perché nella loro carriera tutto ha sempre guardato con spiccata determinazione ripeto ancora, solo al nuovo. E tutto ciò traspare … agli altri… con forza.
Loro – Paolo Santambrogio e Paola Iezzi – una tra le più consolidate coppie della moda. Loro un “perfetto equilibrio” che piace e … molto. Un perfetto “incastro-sintonia” a due che si traduce in: trend (piacciono, vengono osservati, seguiti, invitati, e fotografati), normalità (nella loro più totale discrezione, concretezza, e nell’essere ben attaccati coi piedi per terra) e soprattutto amore (amati e ben voluti, stimati, cercati e coinvolti in un ambiente decisamente raccolto… intimo).
Questa settimana li ho incontrati per Focus On per parlare di una vita a due, di esperienze (professionali) da soli e… a due. E per parlare sia del percorso fotografico che Santambrogio sta portando avanti giorno dopo giorno con successo: editoriali per i più importanti magazines, campagne adv, collaborazioni foto e video con i designers (anche new talents) più interessanti ora in circolazione. E ancora per parlare di dj Set, di momenti di musica in consolle, per ballare, che Paola Iezzi “as dj” sta portando on stage in tutta Italia e con successo. Ma per parlare con loro anche del vento di cambiamento che ci attraversa, che attraversa tutti noi e di come il cambiamento è sempre e solo: crescita ed evoluzione.
Toglietemi questa curiosità, voi lavorate spesso insieme su alcuni bellissimi progetti in comune E la massima precisione e l’essere dei perfezionisti, è una vostra caratteristica. Chi è il più esigente e duro sul lavoro tra i due? In poche parole chi la spunta (rido) su una discussione – parlo sempre di lavoro – su un dettaglio, sul quale magari non siete d’accordo o su una direzione precisa da seguire? Paola e Paolo: Grazie per il complimento. Sì, è la verità. Prima di tutto occorre specificare che facciamo due lavori diversi e ben distinti, ma che comunicano molto bene. Fotografia, moda e musica hanno sempre dialogato. In più io ho un grande amore per la moda e la fotografia e Paolo ama molto la musica e in termini concreti la produzione musicale e il sound design; quindi ci capita spesso di pensare e realizzare progetti insieme, che sono intrecciati alle nostre due attività.
Ci è venuto naturale fin da subito, anche se abbiamo cercato sempre di essere molto discreti, soprattutto all’inizio della nostra storia. Spesso le coppie che lavorano insieme vengono “guardate con sospetto”, chissà perché. Abbiamo cercato di conquistarci uno spazio nei lavori che affrontiamo insieme, facendo le cose in cui abbiamo creduto, mettendoci il massimo della passione e dell’impegno e crediamo di aver fatto sempre fatto progetti di qualità e con grande sincerità.
Non c’è fra di noi uno che la spunta più di un altro. Parliamo e ci confrontiamo molto su ogni aspetto. Paolo, per esempio, è uno molto più “tecnico” di me e con un approccio più logico e razionale nella fase di progettazione, per poi diventare più istintivo in fase di shooting. Io sono più viscerale, spontanea, più “di pancia” durante tutte le fasi del lavoro, credo che la cosa derivi dall’approccio che ho nel fare anche la musica. Per tornare alla tua domanda ci fidiamo molto l’una dell’altro perché siamo molto in sintonia e abbiamo gusti simili. Però abbiamo anche le nostre reciproche diversità sulle quali ci confrontiamo, a volte anche in modo acceso, ma poi troviamo sempre un punto di accordo.
Lasciamo stare per un attimo invece (e totalmente) la vostra vita di oggi, con la musica, la fotografia, la moda. Paola mi racconti che tipo di bambina sei stata, che ricordi hai, che aneddoti e atmosfere ti vengono in mente quando pensi alla tua infanzia? Paola: Non so parlare in poche parole di come fossi da bambina. Forse non lo ricordo neppure così lucidamente. Per tanti aspetti sono cambiata. Per altri sono rimasta davvero la stessa. Quello che ricordo (lo raccontavo proprio l’altro giorno ad un’amica, non so perchè) è che mi sono sempre ritenuta una con un carattere forte e determinato e mi è sempre venuto spontaneo difendere le persone “in difficoltà”, quelle che sembravano più fragili. Alle elementari, soprattutto, ricordo che spesso prendevo le difese di chi veniva bullizzato. Oggi si parla molto di questo problema. C’è sempre stato. Ed era un tabù. A me non è mai successo, ma lo vedevo accadere di continuo. E mi arrabbiavo moltissimo. Avevo un senso della giustizia molto radicato. Odiavo i prepotenti e amavo l’idea di “metterli a posto”. Odiavo che potessero spadroneggiare perché erano magari più ricchi o più fortunati di altri. Nel tempo, quel senso di giustizia, mi è rimasto dentro, ma ho imparato ad accettare le sfumature. Da piccola vedevo solo il bianco o il nero. Crescere mi ha aiutato a mitigare questo carattere e a diventare più docile e aperta. Credo che sia anche per questo che amo tanto la fotografia. La fotografia è fatta di sfumature. Che rendono plastica e tridimensionale l’immagine. Senza sfumature, per la verità, non siamo nulla.
Parlando invece proprio dei primissimi passi nel vostro lavoro che sono quelli dove spesso a volte si cammina nel buio senza avere ancora ben chiaro in quale direzione andare… che ricordi avete? Paolo: La fotografia è sempre stata la mia più grande passione, fin da quando ero molto piccolo. Poi ho fatto il liceo scientifico e studiato discipline economiche sociali all’università. Ci ho messo un po’ a capire che fare le foto poteva essere il mio lavoro e non solo una passione. E’ stata un’illuminazione improvvisa, a volte non si riesce a vedere la direzione giusta perché si è troppo vicini, serve allontanarsi e allora si capisce meglio qual è il proprio percorso. Devo dire che comunque il fatto di aver fatto così tanti anni di gavetta, prima in camera oscura e poi su digitale e post produzione, quindi sullo studio delle cromie, delle luci e dei contrasti, mi aiuta tantissimo nel lavoro ogni giorno; è come una base e un sostegno che ti accompagnano sempre e ti consentono di spingere molto sulla creatività e l’istinto sentendoti sempre in controllo della situazione.
Paola: Io ho avuto dubbi fino a quando sono andata al liceo. Ho fatto il classico e oggi ringrazio Dio di averlo fatto. E’ un tipo di insegnamento che mi ha dato moltissimo e solo ora lo capisco. Ma, lo ammetto, l’ho odiata spesso la scuola. Amavo molto alcune cose e ne detestavo altrettante. Ho avuto dubbi sul mio futuro fino a quando sono andata a scuola. Ho addirittura frequentato un anno di università. Ma andavo lì, prendevo appunti e non sentivo nulla. Niente vibrava, nulla risuonava in me, come quando invece andavo in sala prove a cantare e sperimentare con la musica. Per fortuna l’ho capito immediatamente. Così ho mollato subito l’università e mi sono dedicata interamente alla mia passione per la musica e lo spettacolo. Tanto da trasformarla nel mio lavoro. Nel tempo e con grande determinazione, impegno, dedizione e sacrifici. E, a circa vent’anni sono arrivati i primi risultati, poi consolidati in una carriera vera e propria.
Voi siete una delle coppie più solide, amate, di tutto il “circuito” della moda, della musica e della fotografia. Un ambiente che conoscete molto bene, e non neghiamolo, molto chiuso, fatto di regole a volte più o meno tacite, e molto complesso. Oltretutto lavorate entrambe a volte anche con le stesse persone. Come vivete le dinamiche spesso difficili, competitive, a volte durissime di questo settore? Per esempio penso ai cambiamenti anche drastici che si stanno verificando anche questi giorni. Vediamo Direttori Creativi delle Maison che “saltano” l’uno dopo l’altro, o i cambiamenti notevoli ed epocali nel settore discografico, o l’arrivo della comunicazione digitale, le bloggers, it girls. Secondo voi in tutto questo tra virgolette “caos”, in tutto questo percorso molto nebuloso, dove c’è davvero troppo e di tutto, dove siamo diretti? Che cosa sta succedendo? Qual è la vostra opinione in merito? Paola e Paolo: E’ vero si sta attraversando un periodo complesso. Che però non riguarda solo la moda, ma tutti i settori, soprattutto quelli creativi; come il mondo della musica che è entrato in crisi molti anni prima della moda.
E’ un discorso lungo e complesso. Ma, per farla breve, pensiamo che sia una conseguenza del sistema economico in cui viviamo. Il capitalismo ha generato una necessità bulimica di produrre e, per soddisfare continuamente questo bisogno di consumo, non si fa altro che produrre e produrre sempre di più, per cercare di evitare un collasso che sembra inevitabile. Tutto viene mercificato, anche l’arte e la creatività, come fossero prodotti di consumo, come oggetti. In tutto ciò è arrivata la variabile impazzita di “internet” e del conseguente fenomeno dei “social” che non ha fatto che amplificare questa ansia di voler “masticare e sputare” ogni cosa alla velocità della luce, da un lato, e una crisi economica crescente che pensiamo sia una conseguenza diretta di questo “sistema impazzito” in cui viviamo.
Nessuno può sapere a cosa porterà tutto questo, ma se è vero che il cambiamento va assecondato e accolto, bisogna anche essere molto consapevoli di quale direzione si debba prendere; tentando da una parte, di aggiustare il tiro laddove riscontriamo che un aspetto sia assolutamente negativo per le generazioni future (a ciascuno la propria coscienza) e dall’altra abbracciando la novità. Abbiamo anche il dovere di farci entusiasmare dalle grandi possibilità delle quali possiamo godere oggi e guardare al bello e al buono di quanto sta arrivando, di farlo fruttare al meglio imparando a “ragionare bene”. Restare indietro o rimpiangere il passato, contrastando la trasformazione, rifiutandosi di mutare e crescere è un attitudine poco edificante e stimolante. Tutti gli individui dovrebbero aspirare al cambiamento, alla crescita, all’evoluzione. Spesso sentiamo ripetere frasi fatte come: “è uno che non è mai cambiato, che è sempre rimasto se stesso”, ma questo non è sempre un concetto che abbia solo aspetti positivi. Più si teme il cambiamento, gli si oppone resistenza, più si farà fatica ad accettare che tutto continuamente intorno a noi cambia e si trasforma e saremo destinati a soffrire ancora di più che se non avessimo fatto fluire naturalmente la trasformazione dentro e attorno a noi. Poi, al futuro, non bisogna guardare con sospetto, ma con attenzione; mantenendo l’entusiasmo, nonostante la paura.
Paolo quali sono invece i tratti che caratterizzano il tuo percorso-occhio fotografico? I tratti che rappresentano il “plus” di una tua immagine, o meglio il tuo stile che è molto riconoscibile? Paolo: Credo sia meglio lasciare commentare agli altri il proprio lavoro. Posso dirti cosa mi piace fare. Mi piace cercare di raccontare storie, avendo un approccio cinematografico. Amo la moda perché ritengo che il costume sia una delle forme di espressione più forti della propria personalità, tra gli esseri umani. L’abito fa assolutamente il monaco, perché ognuno di noi, anche inconsciamente esprime se stesso attraverso “l’estetica”, indipendentemente dal valore o dal brand di quello che si indossa. Per questo per me la moda è sempre un tramite per cercare di raccontare una storia, la personalità di una persona, una sua emozione; non è mai fine a se stessa. Cerco sempre di fare in modo che sia un elemento narrativo all’interno di un contesto più ampio. Ho sempre un’impostazione diegetica per quanto riguarda la luce e amo molto le atmosfere colorate, pastose; amo il mosso, il poco definito, per questo motivo ho affiancato la regia di video negli ultimi anni, perché credo sia un modo per sviluppare questi concetti in parallelo alla fotografia. La differenza è che la fotografia ha una lettura istantanea, da parte dello spettatore, mentre il video, per quanto breve possa essere, richiede sempre un tempo di osservazione più lungo; nel film il sonoro diventa un elemento fondamentale e cambia la percezione delle cose tra fotografia e video, anche se il soggetto è lo stesso.
Editorials, campagne adv, video clip. Paolo con il tuo lavoro come fotografo stai realizzando dei progetti molto importanti e di successo. Una domanda che credo tocchi un po’ tutti i creativi. Oggi come si concilia la propria creatività con quelle che sono invece le esigenze un po’ più ciniche del mercato, del business o di un target specifico di riferimento e che magari un fotografo ( in questo caso ), può non sentire in sintonia con il proprio stile? Può succedere che la creatività di un’artista venga massacrata per accontentare per esempio un cliente? Qual è la tua opinione in merito? Credo che il fotografo di moda viva due momenti distinti. Il primo è quello del lavoro commissionato, in cui si scatta in funzione del cliente e del suo prodotto, cercando di dare un contributo creativo con la propria personalità fotografica. L’altro momento è quello della ricerca, del lavoro personale e dell’editoriale di moda (anche se purtroppo qui il mercato e l’aspetto commerciale hanno portato via molto della parte creativa). In questa fase cerchi di fare il tuo percorso, di esprimere te stesso in tutto e per tutto e di comunicare agli altri quello che senti. Sono due momenti che vanno portati avanti insieme, senza mai sacrificarne uno per l’altro, perché entrambi sono utili e possono dare grandi soddisfazioni, anche se in modo diverso.
Caterina Gatta presents Wunderkammer Starring Tea Falco – Directed by Paolo Santambrogio from Paolo Santambrogio on Vimeo.
Paolo chi sono i nuovi designers che pensi stiano facendo un bel percorso e con i quali ti piacerebbe lavorare? Ho sempre lavorato tantissimo con i cosidetti “new talents”. Trovo sia un modo più libero di affrontare la parte commerciale di questo lavoro. Ci sono budget più limitati ovviamente ma si possono spesso provare creatività più interessanti, e i risultati finali lo testimoniano. Alcuni di questi giovani sono diventati amici nel corso del tempo e spero che tra questi ci possano essere i grandi designers di domani.
Paola oggi stai proseguendo il tuo bellissimo percorso anche come d.j. I tuoi set sono seguiti ovunque e con successo. Esattamente un anno fa durante una nostra chiacchierata mi raccontasti gli inizi di questa nuova avventura. A distanza di tempo oggi come stai vivendo l’evolversi di questa bella esperienza? Io ho scelto di non farmi spaventare dal futuro e dalle opportunità. La mia vita ha subito un drastico cambiamento e a 40 anni si è completamente ribaltata. All’inizio ne ero spaventata, quasi atterrita. Ma poi mi sono guardata e ho pensato: chi sei tu? cosa ti rende felice? E ho assecondato le risposte, quelle più sincere che avessi da darmi. E oggi posso dire di vivere ancora di musica e di spettacolo come quando sognavo di farlo da ragazzina. Non è sempre facile. E’ un tipo di vita priva di sicurezze, fatta di continui alti e bassi. Così mi ripeto che faccio un mestiere complesso, ma bellissimo che mi dà moltissimi stimoli. E so di essere fortunata già solo per questo. In più ho molti fans e supporters e questo mi fa sentire molto amata e apprezzata, che per un artista è sempre una sensazione bellissima.
Paola, tempo fa un’importante cantante internazionale, alla domanda su che rapporto avesse con il pubblico rispose: “Un rapporto di Passione”, ovvero disse che con il pubblico si ha un legame come se fosse di amore. L’artista diceva: “a volte mi amano a volte mi odiano quasi come appunto un rapporto di amore vero” quindi con tutte le complicazioni del caso. Che cosa ne pensi? Che rapporto hai tu con il tuo pubblico? Non saprei rispondere a questa domanda. Credo che non si possa spiegare quello che si prova per il proprio pubblico. E’ un rapporto di scambio. Ma puoi decidere come farlo andare. In quale direzione. Ognuno di noi può decidere da che parte stare. Puoi decidere di fare questo mestiere con coscienza oppure no. Puoi decidere di approfittare della tua posizione, per cercare di mantenere i tuoi privilegi, oppure puoi decidere di essere intellettualmente onesto, di dare delle “scosse”. Ognuno sceglie da che parte stare. Io spero che il mio pubblico sia intelligente o che, comunque, abbia una tensione all’intelligenza. E’ la dote che amo di più nelle persone. E non sempre è facile, perché spesso tutti siamo portati ad avere reazioni “stupide”. Ma quel che posso dire è che, anche se faccio un sacco di errori, mi faccio sempre il problema. Mi sforzo moltissimo e mi metto in discussione. Poi, spesso, imparo dalle persone che mi seguono. Spesso sono loro, anche senza volerlo, a mostrare a me, quali siano le scelte giuste. E questo è bellissimo. Spero di essere una “voce buona” nel marasma generale. Un faro. Un punto di riferimento “positivo” e sempre “moderno” o per lo meno una “spinta alla riflessione” anche piccola ma costante. La cosa più bella con il pubblico è la condivisione dell’emozione che regala la musica, ma anche quella di un pensiero, di una filosofia. Io credo nella musica e in ciò che essa ha il potere di generare. Ed è un potere grandioso con una natura essenzialmente positiva.
Ha senso secondo voi in tempi di fast fashion, di lusso ridimensionato (visti i tempi difficilissimi), di giornali che chiudono o di brand che fanno molta fatica a sopravvivere, parlare ancora di fashion victim dando a questo termine un’importanza a volta credo esagerata? Paolo e Paola: Crediamo che l’essere “fashion victim” sia un’attitudine. Non dipenda solo dal brand che indossi. Dipende molto dal tuo approccio nei confronti della moda in generale. Ciascuno ha il proprio modo di essere “fashion” o di seguire la moda. La figura del “ fashion victim”, a nostro avviso, che piaccia o non piaccia, esisterà sempre perché la moda esisterà sempre. E’ una delle conseguenze dirette dell’esistenza di qualcosa. E’ come il “fan” di un artista o un cantante. Ma uno di quei fan che non vede difetti nel suo idolo o se li vede, comunque, non gli interessano perché , idolatra a prescindere. Esisterà sempre quel genere di “fan”.
Quali sono invece i vostri prossimi progetti che mi potete anticipare? Sia da soli che in coppia? Paolo e Paola: Abbiamo sempre qualche bel progetto sul quale ci piace fantasticare e da realizzare. Sia separatamente che insieme. A volte riusciamo a volte no. Dipende anche dai rispettivi impegni. Spesso le nostre vacanze o i nostri viaggi sono anche occasione per realizzare progetti creativi. Abbiamo sempre speso molto per gli overweight delle valigie dello styling e dell’attrezzatura fotografica durante le vacanze! 😉 Non si capisce mai se andiamo in vacanza o stiamo facendo una produzione… Ma è sempre bello progettare cose insieme. Smuove la creatività e anima l’esistenza, dei singoli e della coppia!