Conciliare il lavoro di PR con il running non è sempre facile, anzi non lo è mai soprattutto se lavori in una agenzia multi-brand. Impegni e imprevisti dell’ultimo minuto sono sempre dietro l’angolo.
Se però decidi di preparare una maratona non hai molta scelta, gli allenamenti vanno fatti, il ritmo seguito e i kilometri macinati. Questo è un dato di fatto non contrattabile.
La prima maratona, quella di New York l’ho preparata a scatola chiusa, senza sapere cosa mi aspettava, ho deciso, l’ho fatto, presa dall’entusiasmo e dall’euforia di correre nella Grande Mela.
I primi 42 kilometri della tua vita non sai come affrontarli, li affronti nella totale incoscienza, quando tagli il traguardo passa tutto, dimentichi con facilità sacrifici, dolori, rinunce, ma poi devi affrontare i tempi di recupero dei tuoi muscoli, dello sforzo a cui ai sottoposto il tuo corpo, che variano da soggetto a soggetto.
Dopo New York ho avuto tempi di recupero molto lunghi, per almeno tre mesi non ho voluto vedere un paio di scarpe da running nemmeno in fotografia. L’idea di uscire a correre mi faceva venire l’orticaria, figuriamoci fare 10k o addirittura una mezza, ero in crisi nera. Poi a gennaio, dopo settimane di totale detox, con l’aiuto di Coach Matteo, ecco che piano piano, ho ricominciato e quando finalmente sono rientrata in contatto con le endorfine, l’entusiasmo e la voglia di correre, preparare la Maratona di Milano è stato relativamente più semplice.
La seconda maratona l’ho corsa a casa mia con tutti i plus e i confort della situazione, incluso il gruppone di amici che hanno corso con me e quelli che invece mi hanno aspettato al traguardo. E’ andata bene, non benissimo, non come avrei voluto ma è andata bene. 15 minuti in meno rispetto alla prima maratona, direi che possano definirsi senza ombra di dubbio un successo.
Ero talmente contenta quando ho tagliato il traguardo in Corso Venezia, che presa dall’emozione e dall’euforia del momento, mi sono iscritta alla Monza Resegone in squadra con Raffaella e Rachel, due amiche, due compagne di corse, due triatlete. Ecco appunto due triatlete, avete presente quello sport chiamato triathlon, specialità olimpica, articolato su tre prove che si svolgono in immediata successione e che sono nuoto, ciclismo e corsa basate su distanze diverse a seconda della categoria? Nuoto dai 400m del supersprint ai 3000m del Doppio Olimpico, ciclismo dai 10 kilometri agli 80 kilometri, corsa dai 2,5 kilometri ai 20 kilometri nel Doppio Olimpico alla mezza maratona (21,097km) per il Mezzo ironman. Oltre c’è l’Ironman ma questo è un altro capitolo, anzi proprio un altro libro di un altro pianeta.
Ora avete capito a che categoria appartengono le mie compagne di squadra.
Ed io? Io mi trastullo attualmente tra un evento a Roma durante gli Internazionali di Tennis con il mio cliente di occhiali da sole, una sfilata benefica a Firenze per l’altro cliente che fa abbigliamento femminile, e le anticipazioni di Pitti Uomo e Pitti Bimbo.
Quando mi alleno? Nei ritagli di tempo e se riesco punto la sveglia all’alba per fare le tabelle di Coach Matteo che ormai mi avrà dato per dispersa visto che dobbiamo sentirci da una settimana più o meno, ma regolarmente mi dimentico l’appuntamento telefonico oppure chiamo il numero del Matteo sbagliato e impreco se non risponde o non richiama.
In alternativa esco a correre alla sera dopo il lavoro, superato il momento in cui piuttosto che infilarmi scarpe e abbigliamento da corsa, mi guarderei la “Corazzata Potemkin” in lingua originale e senza sottotitoli, alla fine con fatica mi cambio, auricolari con musica a palla, mi lascio tutto alle spalle e vado, non penso altro che a correre e quando torno ogni volta mi dico, “quante storie, ora sto così bene che mi chiedo perché mai ogni volta sembra tanto difficile l’uscire a correre”. Difficile quando non hai la testa libera, difficile quando rimugini sulle giornate in ufficio, difficile quando devi sacrificare un cinema col fidanzato o un aperitivo alcoolico con le amiche, e poi, c’è la presentazione del nuovo GQ che fai? Te la perdi?
“Ricorda che le sensazioni date da una bella corsa sono molto meglio di quelle date dallo stare lì seduta a pensare di voler andare a correre” Sarah Condor.
Che poi quando sei in trasferta e prepari la valigia, devi pensare che una vera runner si porta sempre scarpine e abbigliamento da corsa sacrificando lo spazio per altre cose, vedi tubino, vedi scarpe con tacco, vedi doppio cambio per la giornata, peccato che 8 volte su 10 la roba torna a casa cosi come è stata messa in valigia, intonsa e ancora profumata fresca di bucato, perché dopo ore e ore di meeting a parlare di strategia, media planning, piani di comunicazione, attività stampa a medio e lungo termine, che voglia hai di farti lo sbattimento di correre pensando che hai un’ora di tempo in cui devi completare il programma, rientrare in albergo, doccia, cambio abito e cena aziendale. Sono già stanca alla sola idea di programmare, meglio a volte un relax in terrazza e un bicchiere di vino bianco fresco in mano.
La verità è che ultimamente sto perdendo colpi, credendo forse troppo in me stessa e nelle mie capacità, del resto so che il mio corpo è in grado di sopportare la distanza di una maratona, se anche mi perdo qualche uscita e macino meno kilometri, che male ci sarà mai?
Errore, grosso errore da principianti, o forse solo peccato di presunzione, sottovalutare una maratona, soprattutto se quella Maratona è la Monza Resegone.
La Monza Resegone è la gara podistica lombarda per eccellenza che si svolge in notturna a squadre di 3 elementi. Fino al 1998 la competizione era esclusivamente maschile, ma dopo quell’anno possono partecipare anche squadre miste ed è stato creato un trofeo a parte per squadre esclusivamente femminili.
La gara unica nel suo genere ha un percorso di 42 kilometri e il tempo finale viene calcolato sul terzo e ultimo concorrente della squadra. Lungo il percorso sono istituiti dei “cancelli orari” da cui le squadre devono transitare compatte entro i limiti prestabiliti di tempo.
Una corsa fatta di fatica e di comunanza. Strano per uno sport solitario come la corsa. Eppure è così.
Fin qui tutto chiaro, una maratona a squadre “obbligate” a correre compatte, una gara in cui non si è mai soli, ma si corre insieme allo stesso tempo verso un unico traguardo, una gara in linea con i principi della corsa e dello sport in generale che esalta lo spirito di squadra e il cameratismo, mi sembrava una cosa fantastica quando mi sono iscritta.
Poi Rachel mi ha mandato il grafico del percorso e mi ha preso un colpo! Si parte da Monza, centro città per proseguire verso i comuni di Villasanta, Arcore, Usmate Velate, Carnate, Osnago, Cenusco Lombardone, Merate, Calco, Airuno, Olginate, quindi attraverso il fiume Adda, Calolziocorte. Si prosegue poi attraverso I TORNANTI per Rossino ed Eve dove finisce la strada e dove si prosegue lungo il RIPIDISSIMO sentiero soprannominato il “Pra di ratt” giungendo alla bocchetta del “forcellino”, poi il sentiero si attenua e in pochi metri gli atleti raggiungono il traguardo, ovvero la Capanna Alpinisti Monzesi a 1220 METRI slm.
Mi sono stancata solo a scriverlo il percorso, potete immaginare cosa saranno quei 30 kilometri di falso piano, più altri 7/8k di arrampicata più i restanti kilometri in trial puro.
Quando ho deciso di iscrivermi conoscevo la gara solo per la fama che la circonda e per il sentito dire, ma più ne parlo, più ne chiedo in giro, più mi rendo conto che forse dovrei farmi meno bicchieri di vino bianco e più ripetute, meglio se in salita. Sento già i sensi di colpa e le imprecazioni per gli esercizi non fatti. Io che odio i trial e le corse in salita, io che ho detto la mezza maratona dell’Alpe di Siusi? Mai mai più.
Eccomi qua, Monza Resegone con due triatlete, ah volete ridere? La gara parte il 18 Giugno tra la fine di Pitti Uomo, l’inizio delle sfilate Maschili a Milano e il Pitti Bimbo, come riesco ad incastrare le date io, nessuno mai.
Ok domattina sveglia all’alba, si torna in riga.