L’insospettabile tana di un viaggiatore si può nascondere in una via qualunque di Milano, una di quelle vie che si fanno più belle col tempo e che si trovano spesso per caso in questa città troppo poco adulata. Il viaggiatore risponde al nome di Rinaldo Donati ed è un ragazzo simpatico del 1962 che ti racconta la sua vita con una semplicità assoluta mentre tu strabuzzi sempre un po’ di più gli occhi. Si muove per lavoro e per passione fra l’Italia, la California e il Brasile, triangolo decisamente da considerare.
Quando è fermo, fa la spola fra il jazz e la bossanova, fra la musica e la fotografia. Con una laurea in musicologia al DAMS di Bologna che è un marchio di fabbrica, Rinaldo ha composto musica, partecipato e vinto concorsi di fotografia in tutto il mondo, accolto nel suo studio amici musicisti alla ricerca di quelle atmosfere in equilibrio fra euforia e malinconia che si trovano in egual misura in un seminterrato di San Francisco dedicato a Miles Davis o nei tramonti di Copacabana.
Quest’estate però la nostra curiosità è per uno dei tanti lati della vita di Rinaldo e cioè l’amore per Rio de Janeiro, città dove il 5 agosto partiranno le Olimpiadi e dove tutti abbiamo la sensazione di essere già stati per quanto vive nei nostri sogni e pensieri, ma che neppure chi ci è nato e cresciuto può dire di conoscere fino in fondo, tante sono le pieghe di questa metropoli immersa nella natura dove a volte tutto è semplicemente troppo. Chiediamo a Rinaldo di farci da guida alla scoperta di Rio, cercando questa volta non i Pokemon ma i luoghi dove la città risuona della sua musica e si mette in posa.
Una città si vive con tanti sensi, Rio più di altre. Quali sono i luoghi della musica di Rio, quelli dove la musica si suona e quelli dove è la città a risuonare? “Rio è la meraviglia di infinite città che si intrecciano, ad ogni fermata di metrò cambiano i colori e si apre un mondo nuovo. I locali per la musica sono lo specchio dei quartieri: a Lapa le lunghi notte bianche dei giovanissimi, Ipanema, più chic, rivive di bossanova e MPB (musica popolare brasiliana), così come i locali lungo la Lagoa dove si affacciano ristoranti e locali “lounge”. Nel centro e vicino al Saara, quartiere mercato, trovi i botequims (piccole botteghe) che magari di giorno vendono antiquariato e di notte si trasformano in locali dove si suona lo “choro”. Se invece cerchi l’onda di suono emozionante, ci sono i luoghi dove le scuole di samba fanno le prove che sono aperte al pubblico. L’energia esplosiva di 2/300 persone di una batteria di samba è un esperienza difficilmente dimenticabile. La città stessa è suono. Il mio luogo preferito è un bar sotto il Pan di Zucchero, un tempo a uso esclusivo della marina militare: Praia Vermelha, una terrazza che si apre sull’ingresso delle baia di Guanabara … maravilha!”.
Come ti sei avvicinato alla musica brasiliana? cosa trovi in comune con l’altra tua grande passione, il jazz? “Avevo 5 o 6 anni e sono inciampato in un disco di João Gilberto, eccezionale musicista brasiliano. Quel suono, quel colore nell’aria mi emozionarono profondamente facendomi sentire una forma di pace nel cuore un senso di protezione e di casa. Il jazz è un universo vastissimo ma riconosco attrazione più con quello californiano, “cool” nei colori, più che nell’espressione accesa ed esplosiva della costa newyorkese. In comune questo jazz e la musica brasiliana hanno il west, l’ultima spiaggia, essere finestre dove affacciarsi per porsi l’eterna irrisolta domanda .. e adesso la mia vita dove va?”.
Ti definisci un ‘walker’, che ritmo regala alla vita il camminare? quale è il ritmo dei tuoi passi? “Walker è un’espressione ironica, divertita, quasi fumettistica: sono instancabile e insaziabile nel gioco delle evocazioni. Osservo il mondo e lo trascrivo nella musica o con le immagini e, riosservando il mio lavoro scopro chi sono. Sono spinto da un filo di inquietudine che mi porta a viaggiare per la curiosità del mondo e di me”.
Tutti gli occhi sono puntati ora su Rio de Janeiro, ma cosa ha di veramente unico questa città, anche quando i riflettori si spengono? “Rio de Janeiro ha tante anime, ogni sguardo ne incontra una, a volte imprevedibile. Un mio lavoro, ad esempio, si chiama “Rionoir” e racconta un’anima di Rio inconsueta, una città femmina, preda e predatrice. A Rio hanno lasciato segni indelebili tutte le decadi, dagli anni ‘30 agli anni‘70, si corrodono senza mai svanire, la città ne ha preso possesso, ha fatto suoi quegli stili e li ha rigenerati. Non c’è mai silenzio a Rio, tutto scorre senza che mai il cinismo di chi ha visto tutto prenda il sopravvento, perché a Rio conta il presente, non si perde tempo a immaginare il futuro. Rio condensa tutto in ogni istante e probabilmente è per questo che è così fotogenica”.
Abbiamo parlato dei luoghi della musica di Rio, quali sono i luoghi che invece diventano spontaneamente scatti straordinari? “Ci sono appuntamenti immancabili, come è l’Empire State Building a NYC, luoghi dove si abbraccia tutta la città da una prospettiva quasi aerea. Non si può mancare una corsa sul Pan di Zucchero. Adoro anche immergermi nella foresta della Tijuca, la più grande foresta urbana del mondo. Se vi chiederanno i documenti all’ingresso non abbiate paura: è perché ci si può perdere e vogliono sapere chi devono andare a cercare. Metropoli e natura, sacro e profano… magia pura”.
Tre aggettivi per descrivere i brasiliani e tre luoghi dove incontrarli davvero e magari capirci qualcosa, per un italiano in transito. “Non si può rispondere se non con una metafora! Se tu fossi in transito e decidessi di fermarti diventeresti brasiliano dopo un giorno, perché Rio e il Brasile abbracciano colori e differenze come il Cristo Redentore simbolo della città. Rio è un senso di casa”.