Tra chiusure nel weekend e manutenzioni varie, l’attesa per sperimentare veramente il velodromo Parco Nord, gestito dall’associazione dateciPista!, dopo l’assaggio casuale di sabato mattina (chiude a mezzogiorno) stava diventando appena-appena insostenibile.
Già domenica il ricordo del cancello chiuso bruciava, quando, dotata di ogni comfort per la prestazione, dalla colazione Carbo Flow al gel Pre Sport gentilmente forniti da Matilde, collega d’ufficio stampa, mi sentivo piena di energie. Proprio io destinataria di un kit Enervit? Già, come un vero atleta.
Quindi non potevo certo debuttare con gli integratori in un percorso casa-ufficio-casa qualsiasi. Il battesimo doveva per forza avvenire sulla veloce ellisse del velodromo che, intendiamoci, non ha le pendenze sfrenate né le superfici in parquet come il Vigorelli, recentemente riaperto a nuove glorie, ma regala comunque l’emozione della corsa libera senza ostacoli che, per un ciclista urbano abituato a schivare pedoni e macchine tra buchi e pavé, non è certo poca cosa.
Così, dopo una falsa partenza domenicale che di fronte al cancello chiuso mi portò a ripiegare sul Martesana, dove percorsi d’un fiato quasi 67 Km senza accusare la mitica “cotta” di cui ho già descritto i terribili sintomi in un precedente articolo, ho finalmente potuto sperimentare l’ebbrezza del pistard.
Asfalto perfetto, inclinazione della curva gestibile senza paura, tanti profumi di verde da respirare a pieni polmoni. Questa sì che è pura gioia! E poi l’idea di appartenenza ad un gruppo di appassionati un po’ speciali. Non c’è infatti corridore che non si presenti al velodromo con il suo completino migliore. Un po’ come andare a una messa d’altri tempi.
Con me infatti sfrecciava niente meno che il sosia di Peter Sagan, il campione del mondo del ciclismo su strada, oggi maglia gialla al Tour de France. Stessa maglia iridata della Tinkoff, bici top di gamma, guanto-casco-occhiali da sole aerodinamici… insomma, un vero capolavoro di eleganza.
Potevo essere da meno, io, PR che lavora nel settore moda? No di certo e così, consapevole dell’importanza del luogo, mi ero fortunatamente dotata della mia maglia migliore, la limited edition di Le Coq Sportif, brandizzata Colette. Una maglia che, con il suo grazioso lettering parigino, sembra fatta apposta per me. E infatti non riesco proprio a immaginare quanti ciclisti (maschi) l’abbiano scelta. Bene, comunque. Meno male che c’è qualcuno che pensa alle cicliste femmine senza per forza inserire orridi colorini fucsia come se un completo tecnico dovesse corrispondere alle oscure regole del marketing che poi producono le inquietanti scaffalature piene di giocattoli rosa. Io Tarzan, tu Jane. Il rosa ce lo fanno proprio odiare.
Ma torniamo alla sostanza dell’esperimento velodromo. L’idea è di accelerare in progressione. Mi pare saggio farlo piuttosto che forzare da subito con il rapporto più duro. Così mi avvio con lentezza apparente e… dopo un paio di giri… già il fiatone? Eh sì. Perché senza il parametro della strada normale, senza ostacoli e pensieri non sembra ma… si corre! Perché no, allora? Rompiamo il fiato e affrontiamo il percorso, che su Strava è registrato con l’evocativo appellativo di “criceto”, con tutta la forza che ho. Meraviglia! Il fiato migliora e il muscolo tiene. Sento che la gelatina Enervit sta facendo il suo dovere… e, dopo una dozzina di giri, ho già un pensiero fisso: ci sarà della mia taglia la maglia di dateciPista!?
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