Sovvertendo ogni previsione meteo, che ultimamente, specie nel week end, non ne azzecca una, domenica è apparso un convinto sole sul Parco Nord e così si è potuta disputare la pazza gara della Formula 1 a Pedali.
Era dalla scorsa primavera che aspettavo di vedere con i miei occhi questa eccentrica kermesse di cui avevo soltanto intravisto qualche immagine e, convinta che i mezzi a propulsione umana fossero invece go kart, stavo quasi per disinteressarmi allo splendido anello d’asfalto che ospita da qualche tempo le mie sgambate serali. Meno male che mi sono accorta che sotto-sotto c’erano i pedali e non un motore sputacchiante.
Il vivacissimo Velodromo Parco Nord è infatti il teatro perfetto perché muscoli e copertoni s’intreccino all’interno di variopinte scocche handmade in uno sforzo quasi futurista. Venticinque giri, con un po’ di salita, sono l’obiettivo della gara. Ma come faranno?
Facciamo un passo indietro. Ero determinata a indossare la maglia ufficiale che Mario, il presidente di dateciPista, mi aveva regalato lo scorso sabato, ma la brezzolina fresca dopo pranzo mi aveva fatto desistere e così, indossata una maglia vintage in lana dell’Eroica, sfreccio felice verso il parco.
Ad accogliermi una bella festa. Di quelle che quasi si autogenerano intorno alle due ruote, tra appassionati, torte fatte in casa dalle pazienti mogli (io invece ho un paziente compagno), pignoni e pezzi vari di ricambio e, naturalmente, la famose macchinine.
Appena giunta incontro Francesco, uno dei soci del gruppo di volontari del Velodromo che, da esperto e fine esteta delle due ruote quale è, nota subito che sulla mia bici ho montato un manubrio un po’ grande. Ma i miei occhi non fanno in tempo a convincersi della sproporzione che subito, e fortunatamente, interviene un altro socio che mi tranquillizza: con l’ampiezza si guadagna nella respirazione. Ok, così va meglio… anche perché cambiare manubrio con uno da donna, con tutta la complicata teoria di freni doppi a fili interni sarebbe stato arduo. Almeno adesso ho una giustificazione: l’ho scelto perché respiro meglio.
Il mercatino a bordo pista si conferma un luogo dalla fortissima densità di super-esperti quando intercetto un dialogo tra padre e figlio, intenti a esaminare la mia bici: “È una Bianchi!” “…ma va’, è solo verniciata”. Effettivamente con il senno di poi… ma come rinunciare all’amato celeste? Quando ho assemblato la mia “Walküre” usando un vecchio telaio di un fornitore fallito della Colnago, non ho avuto dubbi: il rosso non mi è mai piaciuto.
I due stanno per allontanarsi e intercettano il mio sguardo: “È in vendita?” “Nooooo..!” ho risposto come se mi avessero chiesto se volevo scambiarla con un triciclo per bambini. E tuttavia… un po’ di curiosità mi è rimasta: chissà quanto mi avrebbero offerto, anche se non è una Bianchi.
Certo che qui, da “Bianchista” in pectore, di miei simili non ne vedo proprio. Il Velodromo è il regno della Colnago. Spicca dipinto sulla pista, di cui è sponsor, e galleggia nell’aria nel grande portale gonfiabile del traguardo, montato per l’occasione. L’effetto gara-seria è assicurato.
E chi ha detto, poi, che la Formula 1 a Pedali non è una competizione seria? A parte le buffe carrozzerie, che ciascuno costruisce da sé e personalizza con forme e colori, vedo ruote con copertoni top di gamma e intravedo muscoli allenati per l’occasione. C’è un’unica concorrente donna e i suoi quadricipiti non sono certo di cilindrata inferiore rispetto agli altri. Qui il motore è la propulsione umana e, nonostante il divertimento del pubblico, gli atleti che prendono posizione in pista stanno vivendo con trepidante attesa il via della competizione.
Siamo alla partenza, la pole è stata appena attribuita. E nel prendere posto alla linea di partenza c’è chi, preso dall’idea della F1, arriva zigzagando per scaldare i pneumatici.
Non c’è scatto sulla linea, l’avvio è da maratona. Non c’è bisogno di guadagnare secondi alla partenza, tanto dopo 25 giri spingendo da quasi sdraiati su quell’aggeggio a quattro ruote c’è solo da risparmiare il fiato e, forse, adottare una tattica attendista, osservando chi resiste e chi no.
Subito in testa al gruppo c’è un aggressivo siluro da cui non emerge nulla di umano, neppure un pezzettino di casco. Mi dicono che è un “velomobile” a tre ruote e che fa gara a sé… infatti nel giro di pochi minuti ha già dato due giri a tutti. Un siluro solitario.
Ma nella gallery dei mezzi in corsa ci sono altri protagonisti dalla forte personalità, a cui magari si perdona una pedalata non troppo vivace in virtù della prorompente “presenza scenica”. C’è il nr. 20, che sembra la fusoliera di un aereo, la 25 di Marco Zanardini, che corre con i colori di dateciPista e che “indossa” un bellissimo modello lilla, dotato di due pratiche aperture simmetriche per le ginocchia. C’è il 27 di “Serena Team” che ricorda un’enorme pillola, gialla e verde, il simil-dragster del nr. 30, con leone rampante in campo rosso e l’uomo ragno nr 8 che, in cambio di una carrozzeria in carton plastica non troppo chic (e sicuramente più leggera delle altre) sfoggia una strepitosa maglia ragnatelata degna del miglior Alexander McQueen.
Così, dopo 25 giri di fatica pura, dove il gesto atletico si condensa nei pochi attimi in cui, al passaggio, si scorge l’espressione contratta e concentrata dei concorrenti, vince, per la gioia di tutti, un esponente di dateciPista: Marco Zanardini e il suo modello lilla, di grande tendenza questo prossimo autunno.
Alla premiazione finale, e a prendersi una bella bagnata di spumante, c’è anche il direttore del parco, Riccardo Gini, a sua volta premiato (…forse per la pazienza nei confronti di noi velocisti al velodromo?) da Mario Bodei, presidente di dateciPista.
A questo punto, per chi mi conosce, scatterà la domanda: non ti sarai mica innamorata anche di queste macchinine, vero? Non ne vorrai costruire una anche tu, vero? No…no non fanno per me… però, forse, un manubrio più stretto…
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