Che io ami l’Inghilterra come e forse più dell’ Inter è una cosa assodata soprattutto per chi mi conosce bene, manca solo che gli occhi si tingano dei colori della Union Jack ogni volta che ne parlo, quindi quale migliore occasione per festeggiare il mio compleanno, che quest’anno casca proprio di sabato, se non quella di correre la mezza maratona all’interno del parco reale nella cittadina inglese alle porte di Londra dove c’è il più antico castello abitato al mondo, frequentato per giunta dalla Regina Elisabetta II?
Uno dei posti che io amo particolarmente e che mi lega al ricordo dell’affetto di Zio Peter che ci portava qui da bambine ogni volta che era possibile per visitare il Castello, il Parco, una mostra o anche semplicemente per una scampagnata.
Atterriamo a Londra di prima mattina, il tempo è clemente, sole tiepido e poco vento, direi quasi caldo per una città nota per la sua nebbia e i colori poco “vitaminici” e solari. Una fermata a Baker Street prima di prendere il treno dalla Stazione di Paddington, giusto per salutare Sherlock Holmes e Watson e iniziare i festeggiamenti goliardici di quello che si prospetta essere uno dei week end migliori di sempre.
A Windsor il tempo non è così clemente, nuvolo e pioggerellina, ma in breve il vento spazza via le nuvole velocemente lasciando spazio ad un tiepido sole. Arriviamo che è pomeriggio inoltrato e ben presto sarà buio, giusto il tempo di sistemarci in albergo e vedere il maestoso Castello che domina tutta la città dall’alto. Sulla cima della Torre Circolare, la più imponente torre del castello, sventola il Royal Standard, la bandiera ufficiale della Regina, il che significa che…The Queen is in town!
Oltre alla tradizionale folla di turisti e locali del sabato pomeriggio è facile incontrare altri runners come me, li riconosci dalle scarpe da corsa che indossano e dalle sguardo complice che ci si scambia, come dire “anche tu sei qui per correre la mezza maratona domani eh?!”. Tutto ciò ha un che di emozionante ed io sono finalmente serena e felice.
La mezza di Windsor non è una gara così popolare conosciuta, ma ha il suo fascino non solo tra i locali e i cittadini UK, anche per chi come me, di terra straniera decide di vivere una esperienza che esula dalla normalità e dalle gare scontate e forse più commerciali. Correre nel parco del castello con le guardie reali impegnate nel “cambio della guardia”, l’ippodromo di Ascot, il prestigioso college di Eton, i suggestivi Sevill Gardens a due passi, non è da tutti.
Decido per un sopralluogo sul posto per capire come organizzarmi il giorno dopo, l’unica possibilità di ritirare il pettorale è di recuperarlo la mattina della gara, cosi cita la mail che ho ricevuto alla conferma di iscrizione, e questa cosa mi innervosisce, parecchio, come tutte le cose che devo affrontare da sola per la prima volta. Un mio limite che sto cercando di superare ma che purtroppo mi crea sempre un certo nervosismo.
Una volta arrivata, la visione che mi si presenta è pazzesca, a sinistra il Castello di Windsor, a destra la statua di Re Giorgio IV, nel mezzo la Long Walking, 3 miglia di rettilineo a metà del quale è posizionato il gonfiabile della partenza e dell’arrivo. Intorno, il villaggio EXPO ancora in fase di costruzione.
Cerco di individuare il luogo in cui sarà posizionata la tensostruttura dell’organizzazione dove recuperare il mio pettorale, ma non la trovo e questa cosa mi fa piombare in uno stato di panico incontrollato, perché penso: “E se domattina non lo trovo e scopro di dovermi recare in un altro posto lontano e non ho abbastanza tempo per arrivare alla partenza?” paure, timori voli pindarici senza senso, che presto svaniscono, conosco gli inglesi e ho massima fiducia nella loro organizzazione, se cosi fosse me lo avrebbero scritto avvisandomi per tempo. Cosi decidiamo di recarci a cena in uno dei Pub più caratteristici di Windsor per festeggiare il sabato sera e soprattutto il mio compleanno.
La sveglia suona puntuale alle 6.45; è domenica, fuori non solo è nuvolo e grigio ma piove, tanto, passo venti secondi a maledire il giorno in cui ho deciso di correre questa mezza maratona, maledire il giorno in cui ho deciso di correre, vorrei tanto girarmi dall’ altra parte e continuare a dormire. La corsa richiede sacrificio, soprattutto in gare in trasferta, soprattutto se sei reduce dalla fashion week di New York e di quella di Milano, soprattutto se non hai ancora un pettorale in tuo possesso e devi recuperarlo… solo per pochi secondi, ma quanti pensieri, poi di colpo, mi scrollo mi do una mossa e in meno di venti minuti sono lavata vestita e sto già scendendo per la colazione. Sono decisamente nervosa e quando lo sono mi passa la fame, peccato che se non si mangia prima di una gara è come partire per un viaggio in macchina con il serbatoio della benzina vuoto. Non si va da nessuna parte.
Mi sforzo di magiare una fetta di pane tostato, fette biscottate con marmellata e Nutella, succo di frutta, caffè e acqua in abbondanza, la sala della colazione è piena di gente vestita da runner proprio come me, sono per lo più inglesi, ma più tardi scoprirò che ci sarà gente da tutto il mondo. Saluto le amiche e mi avvio verso l’EXPO. L’aria è fresca e scende un po’ di pioggerellina, ma sono fiduciosa che il tempo migliorerà. Sul luogo della partenza tutto è pronto e perfettamente allestito.
Individuo immediatamente lo stand dell’organizzazione e con il mio miglior sorriso sfoggio il mio accento inglese cosi come mi ha insegnato lo zio Peter e che rinverdisco grazie alla My English School, e in due minuti due mi consegnano il pettorale e la maglietta, bene ora sono tranquilla… e sono le 8.17 e la gara parte alle 10.
Ho quasi due ore di tempo…. Che faccio? Ritorno in albergo dalle amiche oppure cazzeggio qua intorno? Cazzeggio.
Mi guardo gli stand degli sponsor, chiedo informazioni ad un paio di associazioni benefiche, mi ascolto il briefing dei Royal marines chiamati a supporto della attività organizzative e spio le mosse degli altri runners. Chi è già in tenuta da gara, chi si spalma crema abbondante sui polpacci (poi capirò perché), chi fa stretching, chi mangia, chi sta in piedi imbacuccato come un orso, chi gioca con i bambini e la famiglia chi come me si gode il momento ed ogni singolo istante di questa meravigliosa avventura.
Due ore sono tante ma passano anche velocemente, cosi dopo essere andata al bagno quelle otto volte (il nervoso… fa miracoli), bevuto integratori e mangiato un intero sacchetto di mandorle e frutta secca, decido di spogliarmi e consegnare la sacca gara e mi reco alla zona di partenza assegnatami dal pettorale. Ho freddo li in piedi nel mio recinto tutta sola, sarà il vento del nord che soffia in direzione contraria, che ha comunque spazzato le nuvole, oppure la tensione, poi mano a mano che la zona si riempie di altri runners sento meno freddo e comincio a fare due chiacchiere con i compagni di avventura. Pochi minuti e parte lo start, la gara ha inizio.
Inizio a correre e mi assesto subito su una andatura tranquilla, il rettilineo in falso piano diventa verso la fine una lunga salita che svolta a sinistra e prosegue per quasi un kilometro. “Tranquilla” mi dico “dopo una salita c’è sempre una discesa e poi, siamo nel parco di Windsor, dopo questa, sarà tutta in rettilineo”. Decido di seguire le miglia per giocare di psicologia e ingannare la testa, l’ho fatto a New York ed ha funzionato.
1 miglio, 2, 3, 4 e vedo in lontananza le bandiere delle 6, 7, 9, 10 miglia, deduco quindi che saranno due giri dello stesso percorso e che l’arrivo sarà in discesa. Mi galvanizzo e comincio ad incrementare l’andatura senza però strafare, sono sempre 21 kilometri. Dopo una salita c’è una discesa e poi subito altre salite e discese e salitone e discesine…. Mi rendo presto conto che non sarà una gara in piano, chi dice che l’Inghilterra è una nazione piatta sbaglia.
Cerco di distrarmi grazie al tifo della folla ai lati (vi ho amato tantissimo), a runners mascotte vestiti da marines, da orsi e da pappagalli simboli delle associazioni sportive per cui corrono: oltre allo sforzo della corsa pure il costume imbottito, complimenti a loro!
Socializzo per 2 miglia con Enrico VIII, non il fantasma che pare aleggi ancora nei dintorni, ma un runner vestito da Enrico VIII, una scommessa persa con gli amici che gli è costata cara, anche perché come da previsione è uscito il sole e incredibile, anche il sole inglese scalda e fa sudare.
Comincio a sentire crampi ai polpacci, capirai tutte queste salite e discese… perché anche correre in discesa non è cosi facile come si pensa. Mi distraggo con una chiacchiera tra me e me e altri runners e intanto macino miglia, arrivo al 9 mi rincuoro, ancora 4, faccio la curva a destra e mi trovo di fronte una salita di cui non vedo la fine, che neanche la montagnetta di San Siro… Va bene testa bassa, passi brevi e comincio ad andare, butto un occhio al biscione di runners colorati di fronte a me alla ricerca del punto in cui finalmente spariscono dietro la discesa, ma niente, il biscione continua imperterrito la salita.
Mi demoralizzo, ormai i polpacci non li sento più, dolore e crampi ovunque. Mangio un pezzetto di cioccolato e mentre mastico sento la vocina nella mia testa che mi dice “molla, fermati, dai cammina che ti frega? Lo sapremo solo tu ed io, nessun altro!”. Non mollo, stringo i denti, ormai manca poco. Il ristoro! Una visione. Mi fermo a prendere un bicchiere d’acqua, faccio qualche passo mentre bevo e sento da dietro una mano che mi batte sulla spalla e una voce che mi dice “c’mon almost finished!”.
E’ il signore con cui ho scambiato due chiacchiere stamattina in albergo, il suo gesto mi ha risvegliato dal mio torpore e dal desiderio di mollare. Butto la bottiglietta d’acqua e riprendo a correre con tutta la forza che mi resta nelle gambe, arrivo in cima alla salita e da li vedo la discesa che mi porterà al traguardo, la discesa più lunga, fatta tra lacrime di gioia e di disperazione tra due fila di gente che grida il mio nome (scritto sotto il numero del pettorale, non sono cosi popolare in Inghilterra, almeno non ancora).
E quando sul viso mi si legge tutta la sofferenza di questi 21 kilometri e 195 metri (13 miglia), tra dolori diffusi, crampi, vesciche sotto i piedi, mi giro a destra e vedo la mia amica Francesca con la macchina fotografica. Un raggio di sole in mezzo alle nuvole, che mi aiuta a raccogliere le ultime forze per arrivare a tagliare il traguardo e andare a conquistare quella maledetta medaglia. La più sudata e la più bella in assoluto che io abbia vinto fino ad oggi.
Windsor se la conosci la eviti, però magari ci ritorni e la corri in meno tempo. Mi ha conquistato.