Dal suggerimento di un amico lettore ciclista eccomi alla prima recensione delle ciclabili milanesi. In realtà oggi non parlerò di un’unica ciclabile, ma dei tanti pezzettini che compongono il tragitto di una “classica” del ciclismo contemporaneo: la “cronometro Casa-Ufficio“, un must del ciclista urbano.
Un percorso che, anche se mi va di lusso e sulle spalle porto un leggero Mac Book e non certo il coloratissimo contenitore per il food, mi fa sentire davvero molto trendy.
Sì perché se in questi giorni si parla tanto di riders, o meglio, di fattorini in bici, volendo tornare alla vecchia Crusca italiana, è tutto “merito” di Foodora che ha improvvidamente affermato che la bicicletta è un hobby e quindi si possono pagare poco gli addetti alle consegne.
Naturalmente non si può che inorridire di fronte a tali affermazioni, aggravate dal fatto che chi parla è una start up, auspicabilmente giovane e meno cinica. Tuttavia è innegabile che il rider si diverta a correre in bicicletta, così come a me piace da matti il mio lavoro di Pr/addetto stampa e non per questo faccio sconti proporzionali al mio godimento. Ma questa è un’altra storia, da approfondire.
Nel frattempo la cronaca-critica della cronometro casa-ufficio è pronta a partire, naturalmente registrata dal mio nuovo sportwatch Fitbit Surge, di cui ho già parlato. Sono poco più di 6 km e da via Farini le ciclabili mi portano quasi dritta dritta alla meta in via Stendhal, zona Solari/Tortona. Quando vado veloce impiego meno di 20 minuti. Con la Vespa almeno 25.
Prima meta degna di nota il ponte di via Farini.
Una schiena d’asino che i primi tempi, quando il fiato e l’allenamento ancora non c’erano, trasmetteva la strana sensazione di continuare a forzare sui pedali anche in piano: non finiva più! È comunque un gran sollievo percorrere la salita tranquilli, con vista ferrovia, quando al di là del guard rail si scatena l’inferno delle auto in coda o in corsa. La discesa è meno piacevole quando piove. Le grate a strisce sono quasi rotaie per chi ha ruote strette. Fare attenzione.
Approdata davanti al Monumentale, ecco apparire il capolavoro.
Nuova, scintillante, la ciclabile tra i cipressetti funebri è un vero lusso. Di quelle opere che, fatte con tutti i criteri più nuovi, fanno immediatamente imbruttire le precedenti. Unica stranezza, nella prima metà la ripartizione della corsia tra diversi sensi di marcia e pedoni è chiara e lampante. Se vai verso Paolo Sarpi sai che devi stare in mezzo. Mentre nella seconda metà, attraversata la strada centrale che porta al cimitero, ecco che le segnaletiche stampate sulla pista si accastellano una sull’altra… che vorrà dire? Licenza di uccidere? Il pedone ti deve saltare? Mah…
Si prosegue in Paolo Sarpi, dopo una veloce pedalata nella pessima via Bramante dove anche lo sporadico tram fa fatica a trovare spazio, e qui troviamo la prima pista fantasma.
La foto qui sotto è inequivocabile. Dopo un avvio apparente, sul marciapiede, il percorso in Paolo Sarpi si inchioda al primo bar cinese con tavolini esterni. E anche nei due miseri metri ufficiali normalmente allignano ignari pedoni. Nulla da fare quindi, si va come tutti sulla carreggiata centrale, tanto è pedonale! In Italia (e a Chinatown) le regole sono “su misura”, ad uso singolo-personale.
Paolo Sarpi, via Niccolini, P.zza Santissima Trinità, con un bel marciapiede ampio e costellato di bar rider friendly, come quello dell’amico Gianni, il Café Popolare, e così, dopo qualche innocuo contromano, si arriva alla maestosità dell’Arco della Pace.
Poco dopo un altro ponte sulla ferrovia e… finalmente ecco la seconda pista ciclabile fantasma.
O meglio, in pectore. Sì perché tutti sanno che il marciapiede di Via Reggimento Savoia Cavalleria, di fronte alla caserma, è una perfetta ciclabile anche se lei non sa ancora di esserlo. Percorrerla in bici è assolutamente normale dal momento che approda alla magnifica, spaziosa, gloriosa ciclabile di via Pallavicino, che ho registrato come segmento in Strava battezzandola con l’evocativo nome di “Ciclabilissima Pagano“. L’unica cosa che le manca è il bel colore rosso che vantano le nuove piste, ma ciò in fondo non fa che dichiarare la sua rispettabile e antica storia.
Il percorso prosegue in una danza di ciclabili ben connesse tra loro e, anche se da Via Cimarosa in poi, le piste prendono un’altra strada mentre io proseguo per piazza Po, non se ne sente la mancanza. Da segnalare tuttavia il frammento più eccentrico che io conosca, nella foto sotto: la rotonda di Via Monferrato. Sembra una cresta punk in negativo… anzi, ricorda il cantante dei Prodigy, con quelle due buffe alette laterali di capelli!
Anche in questo caso il senso manca… un fantasma alla rovescia: esiste, ma non serve a nessuno.
Così come non serviva affatto la nuova, tronfia ciclabile di via Stendhal, che non ha certo un traffico pericoloso, e che per far posto all’inutile pista è stata irrimediabilmente menomata nella viabilità un tempo a doppio senso.
Ma ora… stop al cronometro! Eccomi a destinazione. Come… 36 minuti? Beh, ho fatto le foto!
Per seguire Laura o iscriverti a Strava e condividere con milioni di ciclisti, corridori e cicloamatori di tutto il mondo le tue escursioni, clicca qui sotto il pulsante arancione: