Oggi finalmente splende il sole su Milano, aria frizzantina e atmosfera ovattata di una domenica mattina post maratona. Pigrizia e ritmo rallentato, nessun obbligo, decido comunque che devo uscire a correre, vorrei poltrire ancora un pochino a letto, bere un altro caffè, leggere ancora un capitolo del mio libro mentre i raggi del sole illuminano la stanza. Ma decido di uscire a correre, delitto non approfittare di questa giornata e poi sono curiosa di vedere come reagiscono le gambe dopo una settimana di stop, dopo una settimana esatta dalla maratona di Valencia.
Ieri sera i messaggi degli amici impegnati oggi nella maratona di Firenze mi hanno fatto venire un po’ di nostalgia e voglia di correre presto un’altra maratona. Con calma, tutto a suo tempo mi sono ripetuta più volte anche se la tentazione di andare a Pisa il 18 Dicembre è tanta. Fare la follia e vedere che succede.
Nulla è più bello da vivere per me del giorno che precede la maratona, quella emozione mista nervosismo che ti prende lo stomaco, un mix di ansia e stanchezza che ti fa pensare “da domani sarà tutto finito, finalmente da lunedì riposo, basta tabelle, basta allenamenti, basta impegni…Correre solo quando e quanto mi va senza obblighi…. Non vedo proprio l’ora di correre la maratona domani!!”. Ma già dopo il taglio del traguardo pensi: “a quando la prossima?”. Capita sempre, o quasi, sempre a tutti. Soprattutto se arrivi in maniera tranquilla, con ancora fiato e forza nelle gambe, come se quei 42 kilometri li avesse corsi qualcun altro al posto tuo, esattamente come è capitato a me a Valencia, la settimana scorsa. Senti che il tuo corpo reagisce bene e resiste ai kilometri, non senti alcun dolore e la testa non ti molla mai, nemmeno un secondo. Eppure li ho sentiti quei kilometri, ai 10, ai 28, ai 36 ai 40 tutti scanditi e tutti sofferti ma ogni volta che mi prendeva lo sconforto avevo le amiche vicino a distrarmi e a darmi la carica.
Totalmente diverso il post-maratona da quello che ho vissuto esattamente un anno fa a New York.
Gambe che facevano male e che hanno continuato a dolermi fino a quasi una settimana dopo la fine della gara. Sonno arretrato, stanchezza diffusa. In una parola, ero cotta! Il fuso orario non ha aiutato, la “maratona” di shopping prima e dopo non hanno aiutato, le scarpe sbagliate che mi hanno fatto perdere due unghie, sono state la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Però quanto emozione e che esperienza!
Che è successo? Cosa è cambiato nel giro di un anno e cosa cambierà quando correrò la mia prossima maratona?
Un po’ come nel libro, Canto di Natale di Charles Dickens, non il mio preferito ma certamente quello più conosciuto e quello che, la mia prof. di inglese al liceo amava farci studiare a memoria e, visto che siamo in tema di festività natalizie, ho deciso di fare il punto della situazione della mia vita sportiva, di quella che sono diventata da quando ho deciso di iniziare a correre più, o meno, seriamente, da quando ho deciso di farmi seguire da un Coach professionista, da quando mi ci sono messa testa e corpo seriamente pur senza dimenticare il pure e sano divertimento.
Perché chi mi conosce, sa che le cose mi piace farle per benino, con impegno e con dedizione, che accetto le sfide di buon grado e che il fine ultimo è quello di vincerle anche se di fatto sono sfide principalmente contro me stessa. Del resto il mio motto è migliorare sempre, andare sempre avanti e mai guardarsi indietro, a meno che non sia strettamente necessario e di una cosa sono profondamente convinta, una maratona va preparata in maniera meticolosa e con profondo rispetto, innanzitutto per noi stessi e per il nostro corpo.
New York Novembre 2015
Fantastica esperienza. Correre la maratona di New York ha un che di unico, sia nell’organizzazione che per il supporto di una intera città, un tifo costante dei suoi cittadini che ti fanno vivere la corsa come un qualcosa di speciale, ti senti veramente un idolo osannato dal primo all’ultimo metro, non importa la velocità, il ritmo e il tempo complessivo che impiegherai a farla. Troverai sempre qualcuno ad aspettarti al traguardo. Già la partenza da Staten Island ti fa sentire speciale, inno nazionale, coriandoli dorati, Frank Sinatra e la sua celebre canzone che rende omaggio alla città che non dorme mai.
La mia preparazione? Poca, ma in compenso, tanta energia, tanto entusiasmo e la testa che non ha mollato un secondo e che mi ha portato diretta alla meta. Quel traguardo l’ho sognato e fortemente desiderato fin dal giorno della mia iscrizione quasi dieci mesi prima. Una maratona corsa tutta da sola col pensiero di ritrovare le amiche lungo il percorso, l’inconsapevolezza della prima volta, non sapere cosa ti aspetta esattamente finché non lo vivi. Il dolore alle anche al 36mo kilometro, la voce amica e l’abbraccio con Raffaella al 38mo kilometro, arrancare fino alla fine lungo il saliscendi della Fifth Avenue e l’interno di Central Park tra dolore, imprechi, maledizioni, commozione, lacrime e felicità.
I cocci degli allenamenti mancati o fatti male li ho raccolti dopo. Già subito per recuperare il sacco gara, deambulavo come un piccolo Pinocchio di legno. Ma il meglio (o peggio) doveva ancora venire, un press day di presentazione delle nuove collezioni nello showroom di Milano, che mi ha obbligato a stare in piedi per due giorni consecutivi, le scale fatto al contrario per il dolore lancinante a polpacci e alle cosce per colpa dell’acido lattico, il rigetto verso la corsa e le scarpe da running, la faccia segnata e provata dal jet lag, fino a quando sono finalmente riuscita a dormire due giorni interi e a recuperare le forze al punto di dire… “ OK, non è poi così male, ce la posso fare e se ne ho fatta una,ne voglio fare presto un’altra”.
Milano Aprile 2016
Una maratona chiusa meglio, una gara preparata a dovere insieme a Coach Matteo, amico di lunga data, ex-collega ed ora preparatore professionista. Un allenamento studiato ad hoc solo per me, con tabelle dettagliate, incluso il monitoraggio cardiaco e solenni cazziatoni, quando necessari. Diciamo che io non sono proprio una allieva modello, mai stata, per la verità sono una vera e propria spina nel fianco e lui lo sa, ma sa anche che non vorrei nessun altro a prepararmi al posto suo e si è messo l’anima in pace.
La gara di Milano è andata meglio, ho abbassato il tempo di un quarto d’ora rispetto New York, l’ho chiusa in 4 ore e 3 minuti. Sofferta, ma affrontata con maggiore determinazione e preparazione atletica, sapevo esattamente a cosa stavo andando incontro e l’ho affrontato a testa bassa, anche se ho commesso il classico errore da principiante, partire a razzo e spiaggiarmi come un capodoglio nella seconda parte della gara, quando oltretutto il caldo afoso si è fatto sentire nelle ore centrali e nel percorso di gara più critico, dai 33 in poi. Il muro l’ho visto bene quella vilta e l’ho preso dritto in faccia. Fortuna che c’erano i punti di cambio della staffetta e il viso sorridente e le grida di incitamento di amici e conoscenti hanno dato una bella carica.
Crollo brutale al 40mo kilometro, non dolori particolari ma crollo di testa, ho mollato, non mi sono fermata ma, non ne potevo più di correre, e la testa mi ha lasciato proprio nel momento in cui avrei dovuto tirare fuori maggiormente la grinta per affrontare la salita dei bastioni e il traguardo finale di Corso Venezia.
Monza – Resegone Giugno 2016
Uno sforzo simile credo di non averlo mai fatto in tutta la mia vita. Anche in questa gara (mista maratona e trial) ha giocato a mio vantaggio la carta della inconsapevolezza. Fino all’arrivo di Calolziocorte, tutto bene, normale maratona, poi i 5 kilometri di salita, anche quelli duri ma che già conoscevo perché un percorso già provato con i compagni da squadra.
Quello che non mi aspettavo era la cordata in arrampicata verso la capanna degli Alpini.
Una fila interminabile di persone con la pila in testa che illuminano il percorso nel buio della notte. Quello che maggiormente ricordo di quella gara è il dolore alla schiena mentre cercavo appigli sulle rocce umide di pioggia, per salire il più velocemente possibile e la consapevolezza di non poter far altro che continuare ad arrampicarmi. Fermarmi o tornare indietro non erano opzioni da prendere in considerazione. E la mia disperazione ogni volta che alzavo la testa alla ricerca del traguardo e invece vedevo decine e decine di persone di fronte a me intente ad arrampicarsi. E le mie due compagne che mi aspettavano ai ristori perché senza di me non avrebbero potuto proseguire oltre, pena la squalificazione della squadra. Alla fine il traguardo è arrivato, cosi come la felicità, o meglio, il sollievo di aver finito quell’incubo, e la consapevolezza di dovere ridiscendere dalla cima. Altre tre ore di discesa, con molta calma e in compagnia, ma volete mettere godersi le luci dell’alba da lassù? Una gara scelta di pancia, troppo in fretta e senza valutare i reali pericoli e lo sforzo a cui sarei andata incontro. Una gara che mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca e una sorta di rivalsa, per questo il prossimo giugno la rifarò insieme ad un altro equipaggio, Simonetta e Vanessa.
Valencia 20 Novembre 2016
Ancora fresco il ricordo della mia miglior maratona in assoluto, filata via liscia dall’inizio alla fine. Arrivare al traguardo senza dolori o segni di sofferenze insieme alle amiche credo sia una delle migliori soddisfazioni che si possa desiderare dopo quattro mesi di duro allenamento.
Un desiderio, chiuderla in meno di 4 ore, allenamento, costanza, una trasferta di gruppo che alla fine si è rivelata anche meglio del previsto, gente fantastica gli spagnoli che ti trasmette emozioni e gioia dall’inizio alla fine, bambini, famiglie intere che sacrificano la loro domenica per fare il tifo per te.
Un gruppetto di amiche unite più di quanto immaginassi, all’interno di un gruppo ancora più fantastico gli Urban Runners con cui ho condiviso l’intero weekend e le infinite emozioni.
Emozioni che ti riempiono il cuore, condivisioni che ti segnano per sempre. Felice perché finalmente so di essere sulla strada giusta, la preparazione di un anno sta dando i suoi frutti, nessun dolore, acido lattico né scale fatte al contrario, solo un sogno rimasto tale per ora.
Il desiderio di chiuderla sotto le 4 ore, obiettivo solo rimandato a quando?
Londra 23 Aprile 2017
Pettorale e viaggio già prenotati. A breve ricominciano gli allenamenti di nuovo, ma per ora mi godo le mie medaglie e corro senza impegno, perché ormai la corsa è entrata nella mia vita cosi come tutti i runners che ho avuto la fortuna di conoscere e anche quelli che incontrerò nelle mie prossime maratone.