Lo scorso anno New York, quest’anno Valencia il 20 novembre, in entrambe i casi la preparazione mi prende in pieno l’estate e il periodo professionale in assoluto più congestionato ed impegnativo dell’anno almeno per chi come me, lavora a Milano nelle Pubbliche Relazioni e nel “magico” mondo della moda.
Press day, presentazioni, vernissage, cartelle stampa, comunicati stampa da scrivere, sfilate mi assorbono a 360 gradi e il coinvolgimento è totale al punto che spesso quando rientro a casa la sera tutto quello di cui ho voglia è il totale silenzio, il mio divano morbidoso, il caldo del camino e il telecomando.
Correre in inverno: serve una forza di volontà incredibile
Ora poi che il freddo invernale comincia a farsi sentire con prepotenza, indossare abbigliamento e scarpe da corsa proprio è l’ultimo dei miei pensieri. A volte ci provo ad uscire la mattina all’alba, ma i casi sono 2: se esco per fare tabelle devo uscire da sola e se esco in compagnia difficilmente porto avanti la tabella e mi faccio coinvolgere dal piacere della compagnia e dalla gioia di tapasciare tutti insieme nella nebbia del parco e nel silenzio della città che ancora dorme, con buona pace del mio Coach che non riesce a starmi dietro e a capire le mie progressioni o meno.
Il fatto è che certi esercizi e certi lunghi di 32, 36 kilometri vanno fatti da soli, almeno per quanto mi riguarda, è un modo come un altro per imparare a mettersi alla prova, a non mollare, a soffrire da soli e a non mentire a se stessi, perché poi allenamenti saltati o fatti male li paghi in gara e la Maratona di Valencia la voglio fare proprio per bene.
Maratona: l’allenamento non può essere improvvisato
Ci sto lavorando da quattro mesi, sveglie all’alba, grigliate rimandate, vacanze programmate in funzione della mia preparazione, vesciche a i piedi, smalto perennemente scheggiato anche il semi permanente…
In questi lunghi mesi, soprattutto nelle ultime settimane, ho sentito la mancanza di correre per il gusto di correre, di un’ora tutta per me in compagnia solo della mia musica preferita, della velocità che voglio senza guardare il Garmin o preoccuparmi di raggiungere l’obiettivo.
Ci sta, è un periodo in cui i miei mille impegni, a volte anche imprevisti, si accavallano, il corso di inglese alla My English School che mi coinvolge sempre di più, perché ormai la scuola è diventata la mia seconda casa, il posto in cui ritrovo amici, persone con le quali parlare di tutto tranne che di lavoro, persone da coinvolgere nella corsa e nei miei mille progetti che mi ronzano in testa, la corsa con le amiche, quelle organizzate last-minute solo per avere la scusa di spettegolare un’oretta, le tabelle da fare e da spiegare al Coach se non funzionano, gli aperitivi con gli amici che del mio lavoro non capiscono nulla e nemmeno ne vogliono sapere, ma che sono preziosi proprio per questo e poi, non c’era forse in ballo quel progetto di un negozio di sneakers?
Quando corri la motivazione è (quasi) tutto
Quella cosa che da un po’ mi ronza intorno di trasformare la mia passione in professione, e anche quell’altra cosa, sì proprio quella, il runner motivator? Tante cose, sogni, progetti da realizzare, troppi forse, ma se non ne avessi mi spegnerei come l’orsetto della Duracell una volta che le pile hanno finito la carica.
Forse la disciplina della corsa mi ha condizionato più del previsto.
Fatto è che mancano 7 giorni alla Maratona di Valencia. Sono pronta? Sì certo. Sono pronta a farla al tempo che mi sono prefissata? Non lo so. Forse. Una cosa è certa, ci metterò tutto l’impegno necessario, il cuore, la testa e le gambe e l’entusiasmo. Si sa, in gara l’adrenalina e l’entusiasmo giocano una parte fondamentale, spesso non positivo, come è successo alla maratona di Milano, sono partita come un razzo e nella parte finale, quando mancavano “solo” 4 kilometri alla fine, ero spompata, ho raschiato il fondo per recuperare le forze e salire sui Bastioni di Porta Venezia. Non avessi incrociato la mia amica Raffa in Porta Nuova darmi la carica, chissà, forse mi ritrovavano il giorno dopo in un cespuglio di via Vittorio Veneto!
Maratona di Valencia: pronti, partenza, via!
Valencia è la mia quarta maratona, rispetto alla prima di New York, ho un po’ più di esperienza, sicuro più preparazione sia fisica che mentale. Ormai sono preparata a tutto o quasi quello che mi può succedere in quel lungo e meraviglioso viaggio di 42 kilometri e 195 metri. Anche ad incontrare il famoso muro del maratoneta. Quando mi si materializzerà davanti a sto giro? Perché succederà, anche a Valencia, succede sempre e a tutti i runner.
A New York ero nel Bronx, verso il 36° kilometro, a Milano al 38°, alla Monza Resegone nella arrampicata finale verso la capanna degli Alpini quando arroccata come uno scarafaggio alle pietre del percorso che illuminavo con la pila frontale che avevo in testa a mo’ di cerchietto ad elastico, imprecavo perché nel buio della notte dopo ore di fatica ancora non riuscivo a vedere le luci del traguardo di arrivo. La Monza-Resegone è una maratona atipica e unica nel suo genere non fa testo.
Dicevamo il MURO del maratoneta. Cos’è il famigerato MURO?
Il muro è lo spauracchio di tutti i maratoneti, il crollo improvviso che si manifesta di solito, dal trentesimo al trentacinquesimo chilometro, ma non è la regola a volte capita prima, altre volte capita dopo, e se non capita… Non sei umano! E’ attribuito all’esaurimento delle scorte organiche di carboidrati.
Le cause del “muro del maratoneta” si possono semplificare in pochi semplici punti:
– La preparazione non adeguata; il più delle volte noi podisti amatori arriviamo all’appuntamento importante senza aver percorso i chilometri necessari per poter portare a termine la Maratona, spesso da autodidatti, a volte non ascoltando i consigli di chi ne sa più di noi perché in fondo… che sarà mai, basta mettere un piede davanti all’altro… facile! Provare per credere. Poi ne riparliamo.
– Sbagliata condotta di gara. Una partenza troppo veloce rispetto alle nostre possibilità costringe il nostro organismo a consumare maggior glicogeno muscolare, con la conseguenza che una volta percorsi un tot di chilometri, il serbatoio (il nostro corpo) è svuotato dell’energia necessaria per portare a termine la Maratona.
– Alimentazione non sufficiente o errata. L’alimentazione non è mai da sottovalutare soprattutto se si decide di correre una maratona, importante direi fondamentale da prendere in considerazione. Soprattutto nei tre giorni prima della gara, in cui è necessario assumere la giusta quota di carboidrati senza esagerare e senza mangiare alimenti mai provati prima. Latticini, salse, miscugli magici vari.
– Clima durante la gara. altro fattore non imputabile ai nostri comportamenti è dato dal clima presente il giorno della gara, è ovvio che una giornata con caldo e umidità elevata può essere un fattore scatenante non dare importanza alla continua idratazione durante la gara. Bere, bere, bere anche se non hai sete. Personalmente mi fermo ogni 5 kilometri, ai 10 prendo l’integratore (di fiducia) e poi vado di sali minerali. Mi fermo bevo e riprendo. Verso fine gara prendo sia minerali che acqua, meglio abbondare che rischiare le disidratazione, perché una volta che hai sete, gola secca e bocca impastata, è già troppo tardi.
Ci siamo! Valencia sono pronta. Se solo ci penso mi batte il cuore.
L’ultima volta ci sono stata per l’America’s Cup, ora ci torno per correre una Maratona, mai lo avrei pensato.
E se il muro si presenta, io di sicuro sono pronta ad affrontarlo a testa bassa, a superarlo e portare a casa la f…ing medaglia!