Una dopo l’altra, le ragazze vengono narcotizzate. Quando si risvegliano, si ritrovano rinchiuse in una fatiscente abitazione dove il rapitore inizia a fare loro richieste alquanto insolite.
L’uomo soffre di disturbo di personalità multipla, un caso raro studiato dalla dottoressa psichiatra Fletcher (Betty Buckley), perché dentro di lui convivono 23 personalità differenti. Nel corso del film, infatti, faremo la conoscenza di un bambino, di una scorbutica proprietaria di casa, di un maniaco della pulizia e di uno stilista di moda, tutti personaggi che riflettono l’identità disturbata di un bambino che da piccolo ha subito maltrattamenti e abusi da parte della madre.
E, ad ogni abuso della madre, ha creato una nuova identità.
Mentre la paura tra le tre ragazze aumenta, e i loro tentativi di fuga fanno solo sì che vengano divise e si comincia a scoprire qualcosa di più riguardo Casey, la più matura, che con una serie di flashback, ci fa capire come le sue sofferenze la aiuteranno ad entrare in contatto con il “mostro”.
Il regista M. Night Shyamalan fa uso di uno straordinario James McAvoy che è stato pronto ad accogliere la sfida di interpretare un personaggio così complicato, un moderno e ancora più spaventoso Norman Bates. Dal brusco inizio (le ragazze vengono rapite nei primi minuti del film), fino alla fine si prova un senso di tensione ed angoscia, tipica dei thriller psicologici.
Tramite le parole della dottoressa, il regista sembra volerci spiegare la tesi secondo cui la condizione mentale del protagonista sia in realtà un potenziale (soprattutto fisico), l’occasione per andare oltre le nostre singole capacità e l’unico modo di poter utilizzare il nostro cervello al 100%, superando quindi le normali potenzialità umane. Si tratta però di un potenziale intrinseco di violenza e sofferenza. Shyamalan non riesce comunque a condannare del tutto il suo protagonista.
Di sicuro un film senza vincitori né vinti.