Se la Gazzetta di Modena, che prima di me ha intervistato Rachele Barbieri, si era concentrata su bellezza e stile, Fashion Times darà prova, in un bizzarro scambio di ruoli, che noi della moda possiamo invece fare una conversazione non certo tecnica, ma senz’altro orientata a valorizzare i più autentici aspetti del ciclismo praticato da un’atleta.
Mi ero imbattuta nell’immagine di Rachele mentre sfrecciava tra una foto e l’altra di Emanuele Barbaro al Red Hook, dove ha vinto ben due volte nel 2016, a Milano e a Barcellona.
Rachele ha già portato a casa tanti titoli e con molto eclettismo. C’è il Ciclocross, con due primi posti nei campionati nazionali; c’è la Pista, dove ha vinto moltissimo, dal 1° posto agli Europei ad Atene nel 2015 nella corsa a punti e nell’inseguimento a squadre, al gradino più alto del podio sempre agli Europei a Montichiari nella disciplina dello scratch… Ha persino vinto una Sei Giorni, mentre a livello mondiale c’è un bellissimo terzo posto nell’Omnium in Olanda, l’anno scorso. Non manca poi la disciplina della Strada, dove Rachele è convinta di poter dare molto, crescendo nel tempo.
Ho quindi contattato questa paladina della pista tramite il suo Instagram e la risposta arriva praticamente subito… dall’Australia!
Così ci siamo date appuntamento al suo ritorno, prima di una nuova partenza.
Bentornata Rachele, com’è andata in Australia?
È stato bellissimo, era la mia prima volta in Australia, anche solo per questo è stata un’emozione. Poi siamo un gruppo fantastico, c’è un ottimo rapporto con l’allenatore, la massaggiatrice, il meccanico oltre che tra noi atlete. Non possiamo lamentarci perché è stato un inizio di stagione perfetto, sappiamo di poter contare su atlete veramente valide, siamo in crescita rispetto all’anno scorso, che poi era anche il primo, stiamo davvero migliorando molto.
Come si chiama la tua squadra?
Cylance Pro Cycling. Cylance è un sistema anti-virus americano, il nostro sponsor principale.
E le atlete di che nazionalità sono?
Siamo tre italiane, una polacca, una spagnola, due olandesi, una canadese e tre americane.
Da come parli del tuo gruppo e da come appare nel tuo profilo su Facebook, provo a trarre una conclusione. Non so se hai letto l’intervista a Rossella Galbiati, ciclista in carriera negli anni 70/80. Rossella mi diceva che nella sua squadra la rivalità era accesissima… non è il tuo caso invece? C’è più sorellanza che concorrenza?
Il ciclismo è sempre uno sport molto competitivo, nonostante si sia un gruppo. Purtroppo è sempre una persona sola che vince anche se c’è un gran lavoro di squadra. Ciò nonostante, quest’anno e l’anno scorso mi sono trovata in una squadra dove mi sento veramente parte di un gruppo e non solo atleta singola. Questo fa molto la differenza.
Si percepisce dalle foto che pubblichi…
Sì c’è veramente un buon clima. Anche solo a riguardare insieme le foto proviamo emozioni fortissime, che ci rafforzano come gruppo. In tanti infatti me lo hanno scritto: si vede che siamo unite e che c’è un grande affiatamento.
Tornando alla chiacchierata con Rossella, lei mi raccontava che un po’ di anni fa le donne venivano coinvolte negli allenamenti insieme agli uomini e non c’era quindi la possibilità di prepararsi in modo più specifico. Oggi immagino che non sia più così e che l’allenamento sia esattamente calibrato sulle forze femminili… giusto?
Sì certo. Noi in Nazionale abbiamo un allenamento diviso dagli uomini. Questo non vuol dire che lavoriamo meno di loro, anzi… a volte facciamo anche più ore rispetto ai ragazzi. Tutto dipende dal tipo di preparazione che si fa e le differenze sono più da atleta ad atleta piuttosto che tra uomini e donne. Ognuno ha il suo programma.
Comunque oggi la Federazione crede nelle donne…
Molto, molto. Abbiamo la fortuna di avere una Federazione che ci segue al 100% e cerca di fare il possibile per permetterci di dare il massimo nell’attività e nel migliore dei modi. Abbiamo poi un bel velodromo… è solo uno ma è a nostra disposizione…
Quale velodromo?
Montichiari. È al chiuso e consente l’allenamento invernale. Purtroppo è solo uno, ma è comunque un ottimo punto d’appoggio.
Il velodromo quindi è tornato ad essere una bella scuola, come ai tempi di Moser? È vero che correre in velodromo aiuta ad avere una migliore visione tattica?
Sì, penso che faccia la differenza nella preparazione di un atleta. Correre in pista ti insegna a stare nel gruppo, ad avere più occhio, ad essere più sveglio. La pista oltre a creare un ottimo allenamento è anche il migliore insegnamento per capire come correre e muoversi insieme ad altri corridori.
E a te piace di più la pista o la strada?
Oggi come oggi devo dire che la pista è il mio primo obiettivo e questo lo dico perché essendo il mio secondo anno nella categoria Élite (ndr: atlete donne di almeno 19 anni) ho ancora tanta strada da fare… sulla strada! La strada è molto più dura, ci sono molti più chilometri da affrontare e ci vuole più tempo per adattare il tuo fisico per arrivare a livelli alti, al passo delle migliori. Certo, anche la strada mi piace molto, per quanto sia un traguardo più lontano. Ho la fortuna di essere in una squadra importante e quindi spero che con il tempo anche la strada mi farà avere belle soddisfazioni. C’è ora un po’ più di passione per la pista perché qui ho raggiunto più risultati.
Poi la pista è anche un po’ più “cattivella”, ci sono le gare di velocità, queste sfide a due così intense…
Infatti è per questo che sono convinta che la pista mi insegni tanto. Anche se sento di non essere proprio una “pistard”, è sempre uno spettacolo affascinante vedere le volate.
Ma è vero che la pista sta tornando di moda? Forse l’onda lunga arriva da Londra, così come dall’Australia e il Giappone, tutti Paesi che hanno investito molto nella pista. Secondo te in Italia ci potrà essere un futuro? È vero che piace sempre di più ai giovani?
Si si io ne sono pienamente convinta. Quest’anno ho corso qualche Red Hook e anche a Milano sono rimasta stupita da quanta partecipazione c’era, tra chi era venuto a correre e chi semplicemente a vedere la corsa. Così anche Strade Bianche… sono tutte iniziative che dimostrano che in Italia il ciclismo è molto seguito, molto amato. Penso poi che il settore femminile in particolare in questi ultimi anni si stia alzando molto di livello proprio perché, partendo dalle ultime Olimpiadi di noi ragazze, con il terzo posto di Elisa Longo Borghini, l’aver ottenuto un risultato così importante è significativo. Così Elia Viviani con l’Omnium su pista…
È stato un miracolo quella medaglia d’oro italiana su pista vero?
Sì, lui è stato bravissimo e al tempo stesso umile. Secondo me con questa medaglia ha valorizzato tutto il ciclismo. Insomma… siamo proprio un bel gruppo!
Già, è proprio una bella generazione che sta emergendo, oggi. E senti, tornando alla bicicletta, una domanda personale. Che cosa ti piace di questo sport: la velocità, la meccanica, l’estetica… io per esempio sono rimasta folgorata dalla bellezza delle biciclette vintage in acciaio, viste in un reportage su Instagram di Elle dedicato a L’Eroica. Al di là del fatto che la tua carriera atletica è nata per caso, cioè, tua sorella maggiore non c’era e così l’allenatore che la seguiva ha invitato te a correre, quel lontano giorno in cui eri una bambina… ma cosa è successo dopo? Cosa ti piace dell’andare in bici?
Mi piace “lo sport”, non tanto il mezzo, ma il concetto di movimento sulla bici. La possibilità di poter sfogare tutte le mie energie. Questo sport ti permette di raggiungere il massimo. Sto bene in bici proprio perché mi permette di capire qual è il “mio” massimo. Cercare di raggiungerlo mi obbliga a pormi degli obiettivi. È questo lo sport che mi ha dato di più. Grazie alla mia famiglia e alla libertà di scelta che mi ha dato ho potuto intraprendere questa strada. E grazie alla libertà che mi può dare la bici direi che sono cresciuta. Mi piace, in questo senso, la filosofia che c’è nella bici.
La bici poi è sia libertà che disciplina…
Sì ci sono sempre aspetti positivi e negativi. Non sempre tutto si traduce in una vittoria. Ma è anche dalle sconfitte che impari tanto. Come atleta sono sempre stata multidisciplinare. Ho fatto ciclocross, che mi piaceva tantissimo e da piccola facevo mountain bike. Mi piace provare tante attività diverse, senza essere mai troppo concentrata su un’unica cosa. È ovvio che quando bisogna pensare ad un singolo obiettivo lo si pensa, ma appena c’è un momento libero mi piace fare tante altre cose. Ad esempio ho giocato a pallavolo tre anni… purtroppo ho poi dovuto prendere una decisione: pallavolo e bici insieme era diventato impegnativo. Ciò che è importante comunque è riuscire a divertirsi.
È questo che serve no? La capacità di divertirsi, pur praticando seriamente uno sport…
Sì io penso che sia fondamentale andare in bici, ovvero pedalare, perché si ha proprio voglia di farlo, perché si è contenti di farlo. Forzare non porta da nessuna parte, non ha senso.
Tornando al discorso della pista e del “templi” della pista. Al di là di Montichiari, tu sai che oggi il Vigorelli è stato in parte restaurato, cioè la pista è agibile, ma ci sono ancora in vista lavori sugli spalti. Nel frattempo si sta aspettando che possa essere parzialmente riattivato. Tu personalmente cosa vedi nel futuro di questo storico impianto? Da ciclista, giovane, che ama divertirsi in bicicletta, cosa vorresti che diventasse il Vigorelli in futuro?
Sono stata al Vigorelli questo scorso autunno. L’ho trovato un ottimo velodromo, molto grande, ben tenuto. Anche la sua posizione in città, a Milano, gli dà un vantaggio. E poi quanti ricordi contiene! Penso quindi che riuscire a organizzare un programma di gare anche al Vigorelli potrà essere una soddisfazione per tutti. Anche se non sono lombarda penso che possa essere una grande gioia per tutti poter tornare a correre in un velodromo che ha fatto la storia del ciclismo.
Ultima domanda, un classico: progetti per il futuro? Sta per partire la stagione, cosa ti aspetta?
Domenica partirò per le due prossime coppe del mondo su pista e ad aprile spero di essere convocata per partecipare al Campionato del Mondo a Hong Kong. Poi naturalmente l’attività su strada andrà avanti. Quest’anno punto a fare tanta esperienza con queste mie compagne che sono molto valide e a cui spero di dare tanto aiuto. Sarà questo il mio lavoro su strada. Imparare ed aiutare!
Ottima filosofia. Quanti anni hai Rachele?
Ne compio 20 il 21 febbraio.
Perbacco… la vigilia della Fashion Week! Però noi di Fashion Times in questa rubrica non ci occupiamo di tacchi 12 ma di tacchette… sui pedali!
In bocca al lupo, Rachele, e complimenti per la tua determinazione e maturità. Qualità che portano spesso sul podio della vita.
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