Lo slogan del Brasile potrebbe essere tudo misturado: tutto mescolato. Mescolati sono i cibi, che ci si sceglie nei lunghi pasti a buffet componendo i più bizzarri e colorati piatti unici. Mescolati sono i geni e, bontà loro, sappiamo quali bellezze sappiano generare e come ti facciano saltare sulla sedia quando la tua bellissima amica color cioccolato ti presenta il suo bianchissimo figlio e il marito di origine italiana e tu cerchi di ripassare mentalmente quelle poche ore di biologia su caratteri recessivi e dominanti e poi semplicemente ti arrendi all’evidenza che da quelle parti tutto sia possibile. Tutte mescolate sono le religioni, il passato e il presente, la gioia infinita e, a volte, la rabbia più ferina. Per cogliere gli incroci, cercare di capirne le origini e magari il futuro ci vuole uno sguardo speciale, o forse no?
Abbiamo chiesto a Lisa Molinari, giornalista milanese, dal 2013 ufficialmente carioca. Per destino è arrivata a Rio con i più grandi eventi che il Paese avesse mai ospitato: dalla Giornata Mondiale della Gioventù, ai Campionati del Mondo di Calcio, alle Olimpiadi. Ecco quello che ci racconta Lisa che è, tra l’altro, la mia donna di riferimento e probabilmente uno degli esseri umani che ammiro di più. Così, per dire.
Fare la giornalista a Rio: cosa preferisci raccontare? Cosa pensi sia più utile per capire Rio de Janeiro oggi? “Cerco di andare al di là degli stereotipi. Che si tratti di “spiegare” l’Europa ai Brasiliani (come mi succede spesso per alcuni quotidiani locali) o raccontare Rio de Janeiro agli italiani e al resto del mondo (come ho fatto in occasione della Coppa del Mondo, per Tgcom, e durante le Olimpiadi, attraverso la tv/agenzia ufficiale del Comitato Olimpico), credo che ormai nessuno desideri più una generica cartolina da Oltreoceano ma fatti curiosi, interessanti, ben raccontati e approfonditi, che riescano a informare con un livello di pertinenza e affidabilità che quasi sempre viene a mancare quando la “cronaca” arriva da blog, pagine Facebook e Instagram di amici e conoscenti che si trovano solo di passaggio per un Paese straniero. Detto questo, ritengo fondamentale scoprire, indagare e raccontare storie che nascono da quel grande calderone di gente che è il Brasile, per capire come si fondano conoscenze, sensibilità e comportamenti d’origine indigena, africana ed europea a ogni livello della vita quotidiana. Senza ignorare le grandi discriminazioni che possono esistere tuttora tra etnie e classi sociali”.
Tre aggettivi che non avresti mai pensato di associare al Brasile e che hai scoperto invece essere giusti. “Innovativo, contemporaneo e iperconnesso. Essere un Paese in via di sviluppo nel bel mezzo di una profonda crisi economica e istituzionale non blocca, a mio parere, le potenzialità latenti del Brasile. Perché qui esiste l’insostituibile e prezioso talento di conciliare elementi di una sapienza ancestrale con gli stimoli del mondo contemporaneo: capita che anziani capi indigeni siano coinvolti dalle maggiori Università del Paese nello studio di speciali proprietà curative di piante locali, che famiglie di pescatori umili e semi-analfabeti creino nuovi modelli di economia del turismo, che designer affermati valorizzino fogge, colori e materiali d’uso comune nella comunità afro-brasiliana…Nonostante le ultime generazioni vivano in stato di iperconnessione al web persino negli angoli più remoti del sertão (la grande area arida del Nordest brasiliano), il modo migliore di differenziarsi a livello globale, per il Brasile, è questa capacità di mantenere viva e attuale una sapienza antica, intuitiva, nata dal contatto con gli elementi naturali e dall’equilibrio dell’uomo con se stesso e con il Pianeta Terra”.
Come vengono vissuti la stampa e i media, anche in confronto all’Italia? “Esiste un pubblico passivo e un altro attivo. Mi spiego. Esattamente come in Italia, gran parte dei media ufficiali (tv, giornali, radio) tende ad anestetizzare l’audience con programmi d’intrattenimento e d’informazione superficiali, sensazionalisti o escapisti. Sul fronte opposto, guadagnano sempre più spazio alcune riviste critiche (penso a Piauí), tv pubbliche (come Tv Brasil e Cultura) e private (come Curta! e Canal Futura) che offrono una visione più sfaccettata e profonda della realtà, dando spazio anche a minoranze, punti di vista alternativi e alla valorizzazione del patrimonio culturale brasiliano con un linguaggio semplice e accessibile anche alle classi “C” e “D” della società. Non solo: si tratta di media partecipativi. Infatti la crescita di piccoli produttori indipendenti e la concorrenza nell’offerta d’informazione di qualità sono fomentate dall’obbligo per legge di trasmettere una determinata quantità di produzioni audiovisive nazionali. Un discorso a parte meritano poi le radio indipendenti locali, che nelle aree più remote o emarginate hanno ancora un ruolo protagonista nella vita popolare di ogni giorno: le radio di favela o le stazioni di molte zone rurali restano accese nella maggior parte delle case per quasi 24 ore al giorno e danno voce ai loro abitanti, funzionando come un tam tam locale, indipendentemente dalla connessione al web. Un fenomeno, questo, molto diverso dal panorama radiofonico italiano”.
Quanto la natura ha plasmato e plasma il profilo della città? Che rapporto hanno i carioca con la natura? “La natura da sempre ricopre un ruolo fondamentale nel paesaggio curvilineo della città di Rio de Janeiro: i rilievi coperti di vegetazione del Pão de Açucar e del Corcovado; le cime dei Dois Irmãos che si ammirano dalla spiaggia di Ipanema; il perimetro tondo della Baia di Guanabara; l’immensa foresta urbana di Tijuca, che si interseca prepotentemente nel tessuto urbano di Rio… La Cidade Maravilhosa è fatta di questo insieme improbabile di mata atlantica (la foresta tropicale diffusa lungo la costa brasiliana) e cemento in riva all’Oceano. Ovviamente i carioca sono felici e orgogliosi di abitarci, amano stare all’aria aperta e frequentare spiagge e foreste sia per fare sport, sia per godersi semplicemente il relax del verde e blu all’orizzonte. In termini di coscienza ambientale, però, si verificano contraddizioni come lo sviluppo incontrollato della città satellite di Barra da Tijuca, costruita in un’ex area umida di enorme biodiversità senza un piano fognario centralizzato né un trattamento integrato delle acque inquinate. Con il risultato scandaloso di scaricare i rifiuti direttamente in mare. E non si tratta di favela, ma di una enorme estensione di grattacieli con uno dei maggiori prezzi al mq del Brasile”.
Cosa significa ‘favela’ per un carioca? “Favela è un tipo contemporaneo di schiavitù, con cui il carioca convive ogni giorno. È la sfida per un Brasile futuro di vero Ordine e Progresso, come promette la bandiera nazionale. E, per chi non si ferma ai luoghi comuni, rappresenta anche un luogo di enorme umanità e di creatività, nata dall’arte di arrangiarsi: è la forza di rialzarsi dopo le peggiori esperienze, la capacità di fare molto con poco, la volontà di denunciare che crimine e violenza sono fenomeni complessi, ramificati nell’intera società e non necessariamente originati, anche se spesso concentrati, nella favela. Il documentario di João Salles “Noticias de uma guerra particular” è stato tra i primi, nel 1999, a mostrare lo stato delle cose con una lucidità tuttora valida, consiglio di vederlo”.
Tre posti segreti che sei disposta a svelare a chi sceglie Rio per le vacanze. “Appena arrivati a Rio, consiglio di evitare lunghe file al Corcovado o al Pão de Açucar per ammirare la città dall’alto e, invece, dirigersi al Mirante Dona Marta – a lato del Cristo Redentore e appena sopra la favela di Santa Marta – che offre gratuitamente uno dei migliori panorami sulla Baia di Guanabara. Poi una tappa al baretto Tacacà do Norte per provare il vero açaí amazzonico, super-alimento antiossidante e leggero, ottimo per adattarsi al clima tropicale senza scompensi… E infine una fuga alle spiagge di Grumari e Prainha, a una trentina di km dal centro di Rio: oasi protette dove il sole e il vento creano le condizioni ideali per allenarsi sulla tavola da surf e riequilibrare le proprie energie con la forza della natura incontaminata”.