Dania Zanotto I Pilastri della Creazione veste scultura realizzata con rete lana polvere di vetro metallo - foto su plexiglass

Alzi la mano chi non si considera seguace del Carpe Diem, dell’idea che bisogna cogliere e godere l’attimo, che venga direttamente da Orazio o da ‘L’attimo fuggente’. Suggerisce che ogni momento va vissuto senza perdersi in inutili pensieri, suggerisce che – e qui arriviamo addirittura a Baglioni – la vita è adesso. Eppure da che esiste l’uomo la mente si affanna a scavare nella confusione della vita stessa, con la convinzione che serva snebbiarsi un po’ per godersela veramente.

Di veli da far cadere, segni di inafferrabili presenze e assenze, e di pensieri al retrogusto di eterno parla, a modo suo, Dania Zanotto, artista trevigiana classe 1975, che ha scelto di evocare con le sue opere la ricerca di spiritualità che l’antropologia rileva a ogni latitudine e che tante volte nasce da un senso di mancanza. Dania Zanotto lascia intuire visi, abiti, storie accennando loro con materiali leggeri, a volte abiti, che sottintendono domande ed esprimono una bellezza dove forza e delicatezza si mescolano. Sarà fra gli artisti esposti a Flow arte contemporanea italiana e cinese in dialogo da sabato 25 marzo alla Basilica palladiana di Vicenza e non mancheremo di cercarla, intanto le abbiamo chiesto di raccontarci il suo linguaggio, partendo dalle sei parole che subito ci sono venute in mente.

Dania Zanotto Doge 2014 Installazione site specific Chiesa dei Cappuccini a Chiavenna (Sondrio)
Dania Zanotto Doge 2014 Installazione site specific Chiesa dei Cappuccini a Chiavenna (Sondrio)

Leggerezza

Il senso dello stupore, la suggestione, l’immaginazione sono gli ingredienti che alimentano in qualche modo la tensione verso l’invisibile, verso l’eccezione, verso la magia delle cose segrete. Ciò che mi interessa indagare è l’evocazione intima, storica e mistica, la fusione tra il divino e l’umano, perché ritengo che l’Arte sia un’occupazione spirituale. L’Arte ha la capacità di mettere in connessione saperi e realtà che altrimenti sarebbero separati. L’Arte ha la valenza di costruire e ricostruire scenari, contesti, intrecci. Vorrei che chi si approccia alle mie installazioni percepisse un’idea di spiritualità universale, oserei dire cosmologica. Le mie vesti e gli elementi che compongono le installazioni alludono a presenze non tangibili, ma in modo leggero. Sono trasmigrazioni suggerite dalla luce che passa attraverso la trama, alludono alla possibilità di passare attraverso, e hanno in se stesse la soave ma forte capacità di ricondurre il terreno al celeste, il contingente allo spirituale. Affronto il tema della sacralità dell’esistenza senza pregiudizi di appartenenza, senza porre confini o limiti. Penso che i miei lavori si “impongano nello spazio” per la loro leggerezza, perché raccontano, senza fare rumore, una parte segreta dell’anima di ciascuno.

Materia/Corpo/Psyché

Nasciamo con un carattere; ci viene dato, è un dono dei guardiani della nostra nascita, come dicono le vecchie storie… ognuno entra nel mondo con una vocazione. James Hillman L’arte può approssimarsi all’orlo, visualizzare un’esperienza non codificabile a priori. L’arte deve “esibire” per non cadere nell’interpretazione contenutistica. L’arte non ha paura di nulla. La scelta dei materiali, come è facile intuire, è determinante per la realizzazione dei miei progetti, ma, ancora di più, è fondamentale la sperimentazione, la manipolazione, la trasformazione della materia, l’assemblaggio di materiali poveri come la garza, la rete, il ferro, i metalli, la sabbia, il cemento. Il lattice e le resine, scheletri delle installazioni, sono l’affermazione di una modernità da cui non posso prescindere. Non linguaggio, ma pratica. Le mie vesti dalle forme arcaiche e fatte di materiali del presente segnano una potenzialità di rielaborazione e attraversamento. Attraversamento che io nel contempo compio a ritroso, come se le vesti fossero reperti del passato, rinvenimenti casuali fragili e capaci di suscitare meraviglia. Cerco di ricreare un rapporto con l’abito che richiami la ritualità antica dell’indossare. Cerco le coincidenze tra la dimensione sacra, magica e spirituale. Queste tre dimensioni sono azioni intenzionali sul corso degli eventi, ma anche estensione personale verso gli altri. Lo spazio magico è spazio di emozioni, amore, desiderio, è una pratica che mostra intrecci di intenzionalità intersecante e intersoggettiva. Non esistono entità isolate ma corrispondenze. La spazialità stessa trascende i limiti corporali: scalfisce e trasforma la coscienza corporale altrui. Le mie vesti avvolgono e si lasciano avvolgere, si lasciano accedere. Il sacro, come scriveva Carlo Levi, “è il senso del terrore, della trascendenza e dell’indistinto, lo spavento dell’indeterminato di chi è nello sforzo di autocrearsi o di separarsi”.

Dania Zanotto I Pilastri della Creazione veste scultura realizzata con rete lana polvere di vetro metallo - foto su plexiglass
Dania Zanotto I Pilastri della Creazione veste scultura realizzata con rete lana polvere di vetro metallo – foto su plexiglass

Ricordo

Come insegna Elémire Zolla, interrogare la Tradizione significa esplorare quella sapienza cui l’uomo non può sottrarsi, nel tentativo di essere degnamente se stesso. Il Ricordo, la Tradizione, la Memoria, sono altri punti focali sui quali ragiono da tempo. Tuttavia la la messa a fuoco è avvenuta solo negli ultimi concept. Ritengo che recuperare il passato, rivivere eventi ed emozioni, nella costruzione morale degli individui così come delle collettività, sia un compito necessario, anche se doloroso. Perché ci sono cose che abbiamo il dovere di ricordare. Perché la memoria condivisa ha il valore di rafforzare il sentimento identitario della società.

Abito

Le mie vesti nascono da un percorso di rivisitazione, in termini artistici, dell’idea di sacro e del concetto di astrazione temporale delle forme arcaiche. Più precisamente, l’incipit del progetto delle vesti è nato in seguito ad una lettura antropologica sull’analisi storico-geografica dello sciamanesimo. Tema pervaso di un fascino irresistibile: basti pensare ai costumi consunti che i tungusi abbandonano appesi agli alberi della foresta, vesti abbandonate dagli spiriti che diventano presenza tangibile di un’assenza: l’assenza del divino. Vesti che sono simulacri di una mitica età dell’oro, in cui l’uomo comprendeva il verso degli uccelli e i segni della natura. La veste diventa, in questo modo, una ierofania religiosa, non rivela solo la presenza del sacro, ma anche simboli cosmici e itinerari psichici. Lo spazio astrale si compenetra con lo spazio profano dell’ambiente. Entra in gioco un sistema simbolico che si impregna di forze spirituali: la veste trascende il fenomenico per entrare nel trascendente. Le mie vesti nelle installazioni non nascono per essere indossate; sono segni di un passaggio divino, di un dio che la secolarizzazione ha liberato dalla relegazione nelle religioni. Come totem, altari o mediatori spirituali, diventano traccia del sacro nello spazio contemporaneo, abiti di nudità, vesti che svestono.

Donna

L’essere donna non facilita in nessun campo lavorativo, a meno che, per raggiungere la notorietà a tutti i costi. Lo svilente panorama, con cui siamo costretti quotidianamente a fare i conti, non ci presenta di certo un’immagine femminile gratificante. Penso, tuttavia, che le donne che decidono di intraprendere la carriera artistica abbiano, dalla loro, carattere, temperamento, tenacia, professionalità e una grande convinzione e stima del proprio lavoro. Tutti ingredienti fondamentali per aspirare ad una seria e soddisfacente esistenza (o sopravvivenza?) nel mondo dell’arte.

Dania Zanotto I Pilastri della Creazione veste scultura realizzata con rete lana polvere di vetro metallo - foto su plexiglass
Dania Zanotto I Pilastri della Creazione veste scultura realizzata con rete lana polvere di vetro metallo – foto su plexiglass

Desiderio

Desidero indagare l’essenza del tempo, raccontarlo attraverso paesaggi iconografici costellati di simboli e utopie, di memorie, di germogli e di costellazioni. Desidero esplorare l’esistenza, ricomponendola in forma di stupore, inseguendo la sua bellezza, le sue tragedie ed il suo mistero. Desidero raccontare di questa società civile sempre più consapevole della propria laicità e della molteplicità di culture e religioni che si incontrano e intrecciano nel quotidiano, e dell’inadeguata capacità di dialogo e di ascolto reciproco. Condizioni che sono indispensabili per la stessa sopravvivenza e per una convivenza civile degna di tale nome. Da un paio d’anni mi occupo di affrontare tematiche contemporanee che mi stanno particolarmente a cuore, che sono universali, che si ripetono durante i corsi e ricorsi della storia dell’uomo. Per me è una necessità, un continuum spontaneo, l’evoluzione del tragitto finora percorso.