La pausa pranzo sul Naviglio Grande ormai è decisamente trendy. Come me ne sono accorta? Ma dalla presenza dei runners, naturalmente!
Lo dico con sarcasmo? Ebbene sì. E non me ne voglia Greta, PR gemella (siamo nate lo stesso giorno) che, specularmente a me, scrive della sua passione su Fashion Times. Il running sta a Greta come il ciclismo sta a me, questa la semplice equazione che lascia però mille dubbi sul risultato: tra runners e ciclisti può essere amore?
Diciamo che il ciclista ha dalla sua molti motivi per innervosirsi quando incrocia un pedone, magari nel bel mezzo di una pista ciclabile. Che sia più o meno statico la sostanza non cambia: il podista è un ostacolo, spesso imprevedibile e, mentre è difficile trovare un ciclista che va a zig zag, a meno che non sia un moccioso che ha appena tolto le rotelline, il runner spesso si molleggia di qua e di là e talvolta, molto pericolosamente, allarga le braccia per il classico respirone profondo da palestra. Giusto-giusto per disarcionare il ciclista di passaggio.
Non si pensi che ho il dente avvelenato! Tuttavia ieri, circondata da nugoli di runners che saturavano la ciclabile del Naviglio Grande, qualche santo, passando a pelo, l’ho invitato a scendere tra noi…
Così, per non perdere il buon umore, mi sono divertita ad annotare qualche differenza, tra “noi e loro”, tra ciclisti e runners.
Lo stile
Il giallo fluo va fortissimo. Sul Naviglio almeno il 40% dei runners è color evidenziatore, anche senza nebbia. Seconda preferenza il rosso, anche perché circolano ancora molte maglie della maratona di radio DeeJay. Ecco… ai runner piace la maglia celebrativa, che dice “io c’ero”.
E ai ciclisti cosa piace? Di tutto e di più in fatto di colori, ma mai la tinta unita. Il ciclista vero ama le maglie brandizzate, con la qualsiasi. Dal caseificio alle pompe funebri tutto va bene, l’essenziale è sentirsi parte di un team e pazienza se sei più marchiato della maglia rosa, senza che nessuno ti sponsorizzi.
Il gesto atletico
Di runner ce ne sono di ogni tipo. Dall’irrigidito che sembra uscito cinque minuti fa da una tomba (umida), all’asimmetrico che non fa un passo uguale, passando per il muscoloso, spesso a torso nudo, fino a quello che, paonazzo, sembra sul punto di scoppiare. Ci sono quelli che adottano una specie di moonwalk alla rovescia, cioè vanno sì avanti, ma sembra che abbiano studiato un modo per correre a loro insaputa, così non soffrono. E poi ci sono i fighi, di cui si coglie, con piacere, ogni singolo muscolo.
Passiamo ai ciclisti. C’é chi ha la pedalata fluida e rotonda e c’é chi tende a zappare. C’é quello che pedala come un imbianchino, premendo con il tallone e la punta in fuori (terribile) e chi, anche tra i ciclisti seri, dotati di tacchette, tiene larghe le ginocchia, a intercettare quanto più vento può. Un trionfo aerodinamico.
L’accessoriamento elettronico
Se il runner spesso predilige il Garmin da polso o aggancia al braccio voluminosi involucri di plastica per proteggere lo smartphone, e al diavolo la traspirazione, il ciclista adora l’elettronica e, fin dagli albori della neo-tecnologia, colleziona mini-computer che analizzano ogni giro di pedale memorizzando geografie e ogni ardita altimetria. A volte qualcuno guarda il mio manubrio scevro da ogni aggeggio e mi chiede: ma non hai il computerino? Ed io: ce l’ho al polso! Lo sguardo spaesato che arriva di rimando esprime un solo pensiero: …al polso? ma non sei mica un runner!
L’udito
Il runner spesso è sordo. Se corre da solo ha le cuffiette, se corre in compagnia chiacchiera almeno quanto un bersagliere soffia nella sua tromba. Il risultato è che non ci sono fischi, urla, campanelli o campanacci di mucca che riescano a comunicare con efficacia l’arrivo del ciclista alle spalle, che ha zero voglia di frenare lo slancio guadagnato con fatica.
Il ciclista invece ha un udito finissimo, affinato dalla sopravvivenza e dalla sfida. Sente il minimo ticchettio di catena alle spalle, quando l’antagonista è alla ruota, e il sibilo dell’auto ibrida che pericolosamente lo sfiora. Ciclisti con le cuffiette? Mai… è così bello il suono del vento e la melodia della ruota libera.
La pelle
Se il tattoo imperversa sui polpacci torniti dei runner, la pelle del ciclista, se non è un hipster con la scatto fisso, molto spesso è intonsa, ma in compenso è abbronzata a pezzi, un po’ come quei frutti a cui si creano buffe faccine nascondendo al sole alcune parti. Così tra mezzi guanti, cosciali a mezza gamba, magliette a manica corta, occhiali da sole, calzini e caschetti, il ciclista, finalmente denudato in spiaggia, darà un vero spettacolo.
E i peli? Il ciclista con le gambe pelose è raro come lo yeti. Il runner invece… non ha problemi a lasciare che le fluenti “chiome” sfidino il vento.
Il genere
Eh sì… le mie simili sono una rarità, anche se con la primavera le cicliste sportive tendano a rifiorire. Il running invece miete eccellenti vittime soprattutto tra le ragazze. Di ogni età. Vero è che come sport è più immediato e necessita di meno impegno nell’attrezzatura, tuttavia sento che il ciclismo tende a connotarsi al maschile e ad avere un pubblico decisamente sbilanciato. Sarà per il suo intrinseco tecnicismo meccanico che alle signore può incutere soggezione. Oppure per l’idea della velocità e del pericolo, meno congeniale alla prudenza femminile. Ma tant’è, con le sole gambe non si va abbastanza veloce per i miei gusti e una bici è un bellissimo giocattolo da avere e da guardare, molto più di un paio di scarpe da running.
Potrei andare avanti all’infinito, ma per ora mi fermo qui. Curiosa. Greta, cosa ne pensi? Diritto alla replica, naturalmente.
E comunque, cari runners, anche se siamo molto diversi… vi voglio bene!
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