No, non mi è ancora capitato di strillare a una spilla ‘perché non parli?!?’ solo perché sopra c’è disegnato il viso di una ragazza con il cappello sugli occhi che ti sembra di sentire sbuffare, magari mentre aspetta un doubledecker bus in qualche boroughs londinese, a giudicare dal cappello e dalla treccia.
Non mi è ancora capitato perché tutto sommato custodisco dignitosamente la mia salute mentale e non vado oltre il secondo bicchiere di vino per sopraggiunti limiti di età, ma – come si è già capito – senza troppa vergogna, quando ho bisogno di staccare la testa dal pc mi diverto a immaginare (anche) cosa c’è intorno ai racconti illustrati formato bijoux di Buh Lab.
Ognuno ha una storia, ognuno è una somma di tratti scelti con istintiva efficacia da Francesca Giordano, una ragazza che porta a spasso un talento sorprendente con una nonchalance ancora più sorprendente e che siamo stati assai felici di stanare. C’è la bellezza evidente dei suoi disegni, una tecnica insolita, un’attenzione meticolosa ai dettagli nei dettagli e una misura particolare, che è una questione di forma ma anche di sostanza. Il perché e il per come li abbiamo chiesti a lei.
Raccontaci la tecnica che usi per fare i tuoi bijoux e il materiale che hai scelto. “Sicuramente la prima cosa che faccio è osservare gesti, posture, ascoltare le conversazioni di chi mi sta intorno e poi disegno, un soggetto che possa raccontare e raccontarmi in poco spazio. Poi mi distraggo e quando capisco di essermi persa per troppo tempo torno al lavoro, porto il disegno sulla plastica termoretraibile e con la pistola termica avviene la magia, il mio disegno prende le dimensioni desiderate ed è pronto per l’ultimo passaggio: lo strato di resina. Quest’ultima mi permette di proteggere l’illustrazione ma anche di ottenere un effetto ceramica che impreziosisce il gioiello, è un momento che richiede un po’ di pazienza e attenzione per evitare la formazione di bolle o il depositarsi di impurità: se succede infatti il pezzo va cestinato o meglio regalato alle amiche, che nel frattempo ne hanno collezionati un bel po’!”
Il disegno ti ha portato ai bijoux o i bijoux ti hanno portato al disegno? “Direi piuttosto che i bijoux e il disegno si sono incontrati a metà strada, nessuno voleva prevalere sull’altro e si sono lasciati il giusto spazio. Perché non dare all’illustrazione un posto nuovo in cui poter essere fruita in maniera non ordinaria? Così ad esempio “La fila per il bagno”, un momento di attesa banale, diventa una collana che racconta quell’episodio in chiave ironica”.
Size matters. hai scelto di fare piccoli oggetti c’è un fascino speciale nelle cose piccole, secondo te? “La verità è che nelle grandi superfici mi perdo, da bambina scrivevo piccolo piccolo e parlavo a voce bassa. Praticamente non sono cambiata! Gli oggetti che creo mi rispecchiano molto, parlano di come non mi piaccia farmi notare con effetti speciali, di come preferisca comunicare in maniera discreta anche quando i soggetti sono un po’ fuori le righe”.
Il corpo è un tuo soggetto ricorrente, spesso nudo, a volte sintetizzato da parti anatomiche poco frequenti, tipo tube e ovaie…cosa ti diverte del corpo umano? “Mi divertono le imperfezioni. Nel periodo adolescenziale le vivevo male e mi sentivo molto insicura, oggi ho la consapevolezza che 24h/24 saranno con me e non posso sbarazzarmene quindi se proprio dobbiamo stare insieme tanto vale riderci su. Un giorno seguirò uno di quei corsi per dimagrire su youtube e avrò la pancia piatta ma nel frattempo aspetto che sia la cellulite a stancarsi di me e a andare altrove!”
Sei nata a palermo, ora vivi a reggio emilia. trasloco scioccante? cosa c’è dell’una e dell’altra terra dentro a Buh Lab? “Il primo impatto non è stato facile, sono arrivata in inverno e faceva freddissimo, ho aspettato di tornare in primavera per capire di più e così eccomi qui a gironzolare per le vie della città in bicicletta. Il trasferimento ha sicuramente influenzato tantissimo la mia produzione, qui ho conosciuto molte persone che credono in me e non solo mi stimolano ma mi aiutano anche nelle cose che mi riescono meno bene. E poi da quando sono qui riesco a raggiungere senza problemi tutti i market e festival bellissimi che vengono organizzati! Palermo…mi manca? Sì, la cosa che più mi manca è la luce, che è molto diversa, e mi manca l’imprevisto e il senso di avventura del non sapere mai cosa succederà (nel bene e nel male). Io oggi mi sento il frutto di tutte le esperienze, dei viaggi e dei luoghi che ho abitato. Di Palermo mi porto sicuramente la tenacia, è una città grande e i riconoscimenti si sudano di più, mentre di Reggio Emilia la fiducia, quella che è cresciuta in me in questi tre anni grazie a chi mi è stato vicino”.
Una donna del passato e una donna del presente che incarnano bene lo spirito di Buh Lab. “Ho pensato molto a come rispondere e la verità è che non saprei proprio chi potrebbe incarnare lo spirito di Buh Lab ma posso dirti che i personaggi femminili che più mi piacciono sono quelli forti, quelli che senza annullarsi in quanto donne sono riusciti a ottenere risultati significativi pari a quelli degli uomini. Non riesco invece a sentirmi vicina ai personaggi femminili fragili e arrendevoli, cerco sempre di essere indipendente e di far valere quello in cui credo tanto che a volte mi capita di essere anche forse troppo diretta. Se parliamo di personaggi che mi piacciono però ti direi Amelie Nothomb. Mi piacerebbe conoscerla, entrare nella sua testa, amo il modo in cui scrive e devo ringraziare l’amica che mi ha regalato uno dei suoi libri prima di partire per uno dei miei trasferimenti”.