Stranamente non ho mai avuto neppure un istante l’ansia della prestazione anche perché, non avendo alcun termine di paragone, era difficile pensarsi in un’ottica competitiva. Allenamento fai da te, alimentazione abbastanza casuale, birretta sì grazie… e quindi che dire?

La sera prima sono crollata come un sasso sul divano, aiutata dai noiosi dialoghi dei pirati di Black Sails, serie che sulla carta mi potrebbe anche piacere se i rudi (ma solo d’aspetto) protagonisti non ciarlassero poi come casalinghe disperate. Provvidenzialmente soporiferi.

Il giorno prima preparo il “kit” per la Granfondo Milano e, al posto di calze e scarpe, metto un fenicottero… (in tinta con la maglia, però)

Così, accolta rapidamente tra le braccia di Morfeo, mi risveglio qualche minuto prima dei graziosi campanellini predisposti sull’iPhone. Buon segno. Rilassata, ma presente a me stessa e con i tempi giusti.
Raggiungo rapidamente il Parco Nord (altro segno di buon auspicio la partenza della Granfondo Milano a Bresso, proprio dietro al velodromo) e, bardata con maglia della salute Wind Stopper e manicotti felpati grazie agli ottimi suggerimenti di Sarah, mi trovo con lei e Alessandro al ponte sul Legend. Si va insieme. Che bello.

Avremo freddo? …caldo? Ultimi perplessi preparativi di Sarah e Alessandro prima di entrare in griglia di partenza

All’arrivo alle 7.30 c’é già il pieno. La risposta dei milanesi – e non solo – alla Granfondo Milano è infatti stata entusiastica. Si dice che siano stati superati i 2.000 iscritti. Ed è da crederlo data la folla. Insomma, un successone. Mi ritrovo così catapultata nell’imbuto delle griglie di partenza. C’é solo qualche secondo per salutare i volontari di dateciPista, schierati a smistare con competenza i ciclisti: ciascuno alla sua griglia. Alle donne e agli ospiti vip spetta la prima fila. Ma sará un bene? O verrò arrotata dall’orda che al via rimonterà da dietro? Vabbé, mi metterò a destra, son ciclisti mica panzer!

Nel frattempo, a conferma dei buoni auspici, c’é una sorpresa alla partenza. Ivana “La Ivy” è proprio accanto a me. Mai viste dal vivo ci “riconosciamo” da Facebook. Del resto anche con Sarah l’incontro live, dopo esserci spiate su Strava e FB, era arrivato la mattina prima, al ritiro del pacco gara, ed era solo appena un poco più pilotato. Con La Ivy invece mai si poteva immaginare che il “ci vediamo domani in griglia” potesse trasformarsi in realtà.

In attesa del via i selfie sono d’obbligo. Tutte grigliate! Da sinistra, dopo di me, ci sono, carichissime, Sarah, Ivana “La Ivy” e Paola

Il momento dello start si avvicina e la musica pompa di brutto. Unz… unz… unz… Ma non si può cambiare soundtrack? Che so, qualcosa di più rilassante e cerebrale… magari l’aria sulla quarta corda di Bach (ndr: la sigla di Quark) così invece di scatenare la furia cieca e ottusa si incentiverebbe il QI degli astanti a vantaggio di una visione più strategica della gara.

Ok, ok, scherzavo. Me la suonerò nella mia testa la musica che desidero. E sì, ammetto che un po’ di adrenalina ci vuole, meglio un Wagner.

Inizia così la mia cavalcata al via sulle note dell’incontro tra Waltraute e Brunilde. Gesto ampio e rotondo, nessuna voglia di accelerare i tempi del mio naturale riscaldamento. Tanto di chilometri ce n’é a disposizione.
Sarah la perdo di vista da subito. La sua del resto è tutt’altra dimensione di gara: farà il percorso lungo. Quello che con soli 30 km in più aggiunge quasi 1.000 di dislivello. Io e la maggior parte delle esponenti del genere femminile (in tutto 52… merce rara) faremo invece il medio, con l’auspicio non dichiarato ma forse pensato da alcune (me compresa) di riuscire a finirlo con dignità.

Consapevole di essere un diesel cerco la mia andatura senza forzare. Ormai ho imparato a riconoscerla e considero che forse avere un gregario non è così utile. Sì perché Sarah mi informa: “come… non sai che ci sono i gregari pronti a tutto pur di spingere la propria ‘bella’ sul podio? E che gomitate volano… anche se lei non ne ha più, fanno l’impossibile per lanciarla“. Cosa??? Mi si apre un mondo! In realtà non posso dire di aver visto scene di questo tipo alla mia prima granfondo, ma forse è solo perché non ero in testa. Fatto sta che declino prontamente l’invito di un ciclista che mi si offre. Tutto da pensare poi il fatto che sia tollerato un gregario maschio abbinato ad una ciclista femmina. Penso che sarebbe più giusto una divisione fra generi anche nell’amatoriale. Del resto i riconoscimenti sono divisi tra sessi e quindi chi guadagna il podio con la spintarella maschile dovrebbe ricevere un premio “ibrido”, per amor di coerenza.

Ma io ballo orgogliosamente da sola e ne sono felice, indipendentemente dal risultato. La prova è soprattutto con me stessa e la verifica verte sulla capacità di gestire la gara con cervello e gambe. Figuriamoci se poi mi piace l’idea di avere qualcuno che mi dice cosa fare e a che velocità andare! Così in solitaria invece mi posso divertire anche ad avere frequentazioni diverse. Facciamo un tratto di strada insieme e poi ci molliamo con Federico, che è venuto apposta da Torino ed è attento a non esagerare dopo una convalescenza, mi affianco ad un paio di ragazze della Cassinis, squadrone composto da una settantina di elementi di cui fa parte anche La Ivy, che a un certo punto riaggancio in salita.

Il concetto è semplice: sei sulla mia lunghezza di gamba qui e ora? Facciamo un pezzo insieme. Non mi piace scendere alla tua velocità in discesa? Ti mollo. Sento di averne di più e non posso frenarmi pena la perdita del ritmo? Arrivederci e grazie. Tutto chiaro. Così è il ciclismo: uno sport di gruppo composto da tanti solisti che si prendono e si lasciano senza rancore. Bellissimo. Molto British.

Arrivo al 44° km, punto di primo ristoro, e ho l’idea di fermarmi solo pochi attimi. Crostatina no grazie, prendo la mia barretta Enervit al fondente. E faccio benissimo a non raffreddare il muscolo perché subito dopo la strada s’impenna. Vedo così le prime vittime cadere… nel senso di bici a zig zag. Ma che rapporti hanno? Forse qualcuno li ha effettivamente duri, ma c’é anche chi, come predetto da alcuni ottimi consiglieri pre-gara su Facebook, hanno sparato troppe cartucce nella velocità in pianura e adesso boccheggiano come una carpa tra le mucillaggini adriatiche.

La miglior conferma che va tutto bene? Avere la faccia di chi si è appena alzato dal letto dopo 44 Km alla media di 30 Km all’ora

Forte dei miei allenamenti in alta montagna salgo leggera e tranquilla. Vedrò poi che neppure il cuore si è troppo agitato nella performance della temuta Lissolo. Il percorso studiato dagli autori è a tratti scenograficamente magnifico. Una Brianza segreta e naturale si allarga ai nostri occhi. Completa l’effetto il cielo, inizialmente nuvoloso, che sembra schiudersi al nostro passaggio. Belle anche le lunghe salite a Garbagnate Monastero, di quelle infinite e inesorabili che piacciono a me. Ho la soddisfazione di staccare un po’ di uomini da quelle parti. Mi sento sempre più leggera… anche di testa. Che sia un principio di “crisi di fame”? Inizio a considerare, al 70° km, che forse è giunta l’ora del gel a lento rilascio, comprato la sera prima pensando alle sagge parole di Gianluca di Equilibrio Urbano, che in montagna mi consigliava di evitare i fuochi di paglia a vantaggio di cibi a lunga durata, come ad esempio la frutta secca. Penso quindi che in 30 km il gel dovrebbe fare il suo mestiere senza lasciarmi a secco proprio sul più bello, magari a 3 km dal traguardo. Inesperta nel gesto, trangugio il tutto in corsa, sbrodolandomi non poco la mano. Poco male, il freno così appiccicoso non sfugge…!

C’è chi si ferma e si sgranchisce le gambe ai punti ristoro, ma io preferisco non raffreddarmi i muscoli e andare avanti

Intanto procedo allegramente e, finché trovo gli alpini a presidiare rotonde e incroci, li ringrazio pubblicamente. “W gli alpini!”. Peccato che all’ora fatidica del bianchino fossero poi tutti scomparsi. Più di un ciclista giura di averli visti a crocchio per mini-raduni non proprio opportuni, data la situazione traffico. Ed così che a una segnaletica eccellente e ben visibile (impossibile perdersi) fa da contraltare una gestione del traffico non proprio eccelsa. Tra Monza e Cinisello, nell’ultimo tratto, è sfida con le auto. Sembra di essere in uno di quei folli video di Lucas Brunelle che, al seguito dei messengers, si butta tra semafori rossi e fa gimkane in mezzo a camion e taxi. Ma non sono certo una ciclista di campagna e quindi l’urlo a clacson e l’occhio per infilarmi nel “tube” delle macchine in coda al semaforo ce l’ho. Pista docet. Addirittura c’é qualcuno che mi segue fiducioso.

Siamo in dirittura d’arrivo e i cartelli del “conto alla rovescia” si alternano, mi pare, sempre più veloci: – 10 km all’arrivo… – 5… -3… Improvvisamente vengo colta dalla paura. Di non farcela proprio sul più bello? Macché… di finire prima di aver raggiunto i 100 km della sfida su Strava! Già mi immagino a come potrebbe essere la scena: pedalare ancora dopo il traguardo per raggiungere il quorum senza fare la figura della deficiente.

Super-Sarah Cinquini terza tra le marziane che hanno affrontato il percorso lungo di 130 Km con 2.000 mt di dislivello

Ma per fortuna la distanza era giusta, giustissima! E all’arrivo ho anche la fortuna di essere superata da un gruppo di ciclisti forti, reduci dal lungo e quindi scortati dalla moto ufficiale. Che… me li lascio scappare? No di certo! Eccomi a ruota dell’ultimo, che ogni tanto si gira incredulo. Vi piglio tutti ragazzi! Ecco la volata che cercavo!
Mi staccano negli ultimi metri, sì, ma non troppo e così mi ritrovo di colpo tra gli applausi degli amici di dateciPista, di cui porto idealmente i colori. Vai Lauraaaa!
Taglio il traguardo con tale grinta che una signora dello staff mi chiede: sei la prima donna della lunga? Ah… che sogno se lo fossi davvero stata! In realtà mentre andavo, visto che stavo così bene, ci ho fatto più di un pensierino… ma provvidenzialmente non mi sono accorta del bivio e così mi sono infilata nel medio senza rimpianti.
E senza rimpianti è anche questa prima granfondo della mia vita: 11a di categoria e 19a generale donne medio fondo. Una favola!

L’incontenibile gioia di avercela fatta! (ph Angelo Tartaglia)

 

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