Oggi Wimbledon mi regala una giornata di sole primaverile e io che mi ero portata giacca antivento e giubbino impermeabile aspettandomi il peggio, ed invece…. Eccomi qua in maglia maniche corte e shorts.
Di Windsor ne sono innamorata fin da piccola quando lo zio ci portava in gita la domenica per il pranzo al pub e il giro al Castello. La prima volta avevo 5 anni e ancora oggi ricordo come fosse ieri ogni singolo istante, ogni singola emozione di quelle gite fuori porta.
Imponente, storico, il Castello domina il villaggio dall’alto e lo si vede da ogni angolo, ed io ne faccio il punto di riferimento per tutta la durata della gara. Se il Castello è alla mia sinistra è bene, manca poco al traguardo, se invece lo perdo di vista allora la gara è ancora lunga e in salita. In tutti i sensi.
La mezza di Windsor l’ho scovata per caso lo scorso anno navigando in internet e quest’anno che casca giusto, giusto, il giorno del mio compleanno, ho deciso di replicare.
Con nuova energia, nuova motivazione, con i miei dolori al tendine che mi preoccupano non poco. Se non supero la mezza di oggi, adios alla maratona di novembre. Sospendiamo tutto e se ne riparla l’anno prossimo. Inutile amplificare danni fisici che potrebbero impiegare mesi e mesi a guarire. Qui nessuno è un martire, si corre per divertimento, giusto per scommessa contro se stessi. Gli eroi che zoppicano non piacciono a nessuno.
21 kilometri non sono tanti almeno per chi sta preparando una maratona, ma nemmeno pochi e possono diventare infiniti se hai un dolore alle gambe così acuto che ti impedisce anche solo di appoggiar il piede e allora trovi tutte le posizioni per non sentire male, ma cosi facendo crei danni alla schiena, alla cervicale e perfino alla mandibola. Giuro. Il corpo è una macchina perfetta e se il tuo buon senso non ti fa fermare, allora ci pensa lui a mandare segnali univoci e ben definiti. Ti blocca. E tu non ci puoi niente.
La notte prima della gara dormo poco e male. Mi sveglio in continuazione e muovo le caviglie per capire se sento dolore e in che entità o se è tutto sotto controllo. Per fortuna, nulla, tutto tace e cosi riprendo il sonno. Alle 7.30 suona finalmente la sveglia, meno male che qui in UK siamo indietro di 1 ora ed è come se fossero le 8.30, capirai è pur sempre domenica e di dormire non se ne parla. Ma oggi è il mio compleanno, il sole già splende fuori e il Castello è lì che mi guarda con aria di sfida. Lo scorso anno andò male, un percorso del tutto inaspettato e difficile e forse ero anche poco preparata io sia fisicamente che mentalmente a questa gara, di solito tendo a sottovalutare le mezze maratone, soprattutto a non guardare prima il percorso. Ma quest’anno andrà bene. Prendo questa gara con uno spirito diverso, con calma, relax, positività e tanto zen. Parola d’ordine divertimento e soprattutto se sento dolore, inutile fare gli eroi, esco dal percorso e raggiungo le amiche capitanate da Francesca che mi aspettano al traguardo per festeggiare.
Calma va bene, ma fin troppo. Alle 9.35 sono ancora in giro per il villaggio commerciale alla ricerca dello stand in cui ritirare il mio pettorale. Attimi di ansia, il gazebo non si trova, i volontari non sanno nulla e… Vuoi vedere che la visita al Castello me la faccio subito in mattinata? Ed invece, alla fine trovo il tanto sospirato cartello Overseas ovvero il posto dove noi stranieri possiamo recuperare il pettorale senza il quale non si può correre la gara e nemmeno lasciare le borse al deposito, per un attimo ci ho pensato ad infilarmi in gara senza pettorale, si. Ma il mio senso civico mi impedisce poi di metterle in pratica certe follie. In fretta mi spillo il pettorale, consegno la borsa e mi infilo nella mia gabbia colorata di verde. Quella che prevede di finire la gara al di sotto, delle 2 ore. Sono fiduciosa, il sole mi riscalda, io sono tranquilla, sorrido e parlo con tutti. E’ il mio compleanno e devo essere felice e godermela. Faccio stretching. In mezzo alla folla che via via si ammassa nel mio steso cancello, sento una voce da dietro che mi dice: “Scusa sai per caso se le magliette le danno dopo la gara o se bisognava ritirarle prima?”. Mi volto e guardo il mio interlocutore con uno sguardo tra il sorpreso e il diffidente. Diffidente sempre, soprattutto perché, qui a Windsor in una mezza maratona locale, ma che ci fa un altro italiano come me? E soprattutto come ha fatto a sapere che sono italiana? Presto spiegato, sulla schiena impera la scritta “URBAN RUNNERS Milano” e davanti spicca la bandiera tricolore. Facciamo due chiacchiere, un inboccallupo e poi ognuno per la propria gara…
La partenza è dolce, conto alla rovescia e GO! Il tifo ci accompagna fin su alla statua equestre di Re Giorgio III che via via si fa più grande mentre percorriamo la Long Walk in salita.
Mi ricordo, salitella, poi a sinistra salita, discesa, salita e discesa e poi un pochino di piano fino ad arrivare a quella salita che ti spacca le gamba in mezzo al bosco.
Ho ripassato più e più volte il percorso, ricordo perfettamente la fatica e lo sforzo dello scorso anno. Quest’anno sarà diverso. Se il dolore al tendine mi da tregua, conquistiamo Windsor.
Non penso al tempo, non guardo il Garmin, mi godo il momento e la brezza che per fortuna di tanto in tanto soffia e ci da tregua dal caldo, un caldo esagerato per essere la fine di settembre o forse sono talmente abituata al freddo che ho preso in Scozia che a confronto qui sembra di stare a casa. E’ un caldo noioso ma non fastidioso, almeno non per noi italiani abituati alle nostre estati torride, e al nostro bel sole caldo. Altro che. Gli inglesi invece, eccoli lì ad ansimare e sbuffare nei loro corpi diafani e mollicci. Sono quasi fastidiosi quando arrancano per superarti, perché non sia mai che una donna italiana per giunta possa correre più veloce di loro.
Ed io mi diverto a stuzzicarli, salvo poi mollarmeli ai punti di ristoro che trovo ogni 3 miglia circa e godermi la pace del parco e il rumore delle scarpe da corsa che battono all’unisono sul tracciato di gara. Tutto serve pur di ingannare la testa e non pensare al tempo e ai kilometri che mancano a fine gara. Anzi miglia, oggi seguo le miglia, sembrano meno, a proposito, ma 21 kilometri quante miglia sono?
E via che parto di calcoli, io però in matematica sono sempre stata una capra e i conti non tornano mai. Ma in fondo chissenefrega, ci sono i cartelli che indicano le distanze.
Ai rifornimenti mi fermo a bere, ne approfitto per fare un po’ di stretching, non ho dolori ma, meglio prevenire, tutto procede bene, ma devo fare pipì. Non sono riuscita a farla prima della partenza, troppa coda ed io ero già follemente in ritardo. Se mi beccano farla dietro un albero o un cespuglio, mi arrestano, e sicuro mi squalificano pure dalla gara, del resto siamo pur sempre nel parco reale e non ho nessuno che mi faccia da palo. In lontananza vedo dei bagni chimici, mai fatta nei bagni chimici, potrei morire, ma c’è sempre una prima volta ed eccomi qua… in coda… pure qua la coda? Veloce, sono incredibilmente puliti… Io amo questo paese!
E via che continuo la mia gara, in discesa mi sembra di volare, ne approfitto per sciogliere le braccia ed evitare noiosi rigonfiamenti alle mani, e sgambetto di qua e di là tra runners che nel frattempo hanno mollato il ritmo e iniziano ad accusare i primi segnali della fatica, mi ripeto mentalmente il percorso. Ci siamo quasi, ora ancora un paio di salite, poi si gira a destra, dietro a quel cespuglio dovrebbe esserci la statura di Re Giorgio, dovrebbe, e da li poi giù dritta in discesa fino al traguardo. Ci siamo ci siamo, è fatta. I kilometri sono 18, butto un occhi al Garmin non resisto. Sento già le urla della gente che incita e fa il tifo. Dove è la statua, non la vedo, c’è una strada in salita che ci porta a destra, e qui un piccolo gruppo distaccato di folla che ci aspetta per incitarci, grazie ragazzi siete tutti fantastici, ma la statua dov’è? E soprattutto perché non vedo ancora il Castello? Avremo mica sbagliato strada… tutti? Impossibile!
Saranno più di 21 kilometri allora? Rifacciamo i calcoli… di nuovo… se il Long Walk è lungo 1 miglio e 1 miglio corrisponde a 1 kilometro e 600 metri… siamo al 18 kilometri… ECCOLA! la statua, ecco il Castello ecco la curva che ci porta al traguardo. Dall’alto lo guardo nella sua maestosità ricca di storia e di leggende, e mi commuovo. Ripenso allo zio Peter, quando ci portava in gita qui da bambine, penso a quanto sarebbe orgoglioso di me se solo fosse qua oggi, ma forse, forse, chissà, durante la gara, anche solo per pochissimi metri ha corso al mio fianco, perché quando taglio il traguardo in lacrime, le vedo tutte lì al traguardo sorridenti e felici forse più di me le mie fantastiche amiche ed è allora che mi rendo conto che le gambe non mi hanno fatto male nemmeno per un secondo. Sono guarita? Non lo so. Subconscio? Caso? Ora crollo.
So solo che secondo i patti fatti tra me e me e con il mio Coach, nessun dolore significa Maratona Nizza > Cannes il 5 di Novembre sicura. Sono pronta.
Windsor conquistata, avanti con la prossima sfida.