È tutta colpa loro. Di inLombardia e del loro mentore, Alfredo Zini, ristoratore/ciclista/consigliere CRL-FCI, se il giorno dopo i 107,8 km di granfondo DeeJay 100 ne ho percorsi altri 77 e rotti da Panperduto lungo il Canale Industriale, il Villoresi e il Naviglio Grande, alla scoperta delle vie d’acqua del Nord Ovest di Milano.
È tutta colpa loro se ho finalmente visto con il miei occhi una delle mete ciclistiche che avevo più sognato negli ultimi tempi: Panperduto.
Panperduto infatti non ha solo un nome misterioso ed evocativo, ma è proprio intrinsecamente un posto straordinario.
Così, armata di tutina bianca stellata, con i loghi di inLombardia, il brand creato dalla nostra regione per promuovere il turismo soprattutto sostenibile, sono pronta a questa nuova avventura di reportage, per raccontare poi, a chi avrà voglia di leggerle, le storie e la bellezza di questi luoghi sconosciuti ai più, a un passo da Milano.
L’appuntamento doveva essere quasi all’alba, ma per fortuna Valentina, l’accompagnatrice a cui sono stata affidata, sarebbe arrivata a Milano da un paesino nei pressi di Pavia. Sveglia quindi solo alle 7 grazie a dio. Sarà Alfredo che ci accompagnerà in macchina fino alla partenza, a Panperduto appunto, e la mattina post-granfondo DeeJay si presta quindi a qualche riflessione davanti a un caffè nel suo ristorante ciclista-friendly, Al Tronco di via Thaon di Revel. È andata bene. Alfredo si è classificato ben 21° nella generale. wow. Io la stessa posizione ma solo tra le donne… Comunque l’adrenalina è ancora in parte alle stelle per ciò che sono riuscita a fare. Non solo a percorrere alla media di quasi 32 km/h tutta quella strada, ma festeggiare la sera stessa il mio compleanno fino a circa… l’una…? Quasi le due? Boh… fatto sta che adesso sono bella riposata e pronta per affrontare nuove avventure.
Ed è proprio un’avventura Panperduto. È qualcosa che non ti aspetti. Parti da un insospettabile parcheggio ai margini di un bosco a Somma Lombardo e, discesa una strada sterrata sopportabilissima con copertoncini da corsa, si apre improvvisamente davanti a te una distesa d’acqua. Già, non un lago. Una distesa. Per fare un paragone stradale è come un largo che differisce da una piazza. L’acqua scorre in un’unica direzione e viene canalizzata per alimentare il famoso Villoresi, che ha cambiato la storia agricola di queste zone (in meglio naturalmente) e il canale industriale, che placidamente scorre per alimentare le attività della nostra operosa provincia. Panperduto è quindi agli antipodi del significato del suo nome: nessuno spreco, anzi. L’acqua diventa oro e se ne sfrutta persino la potenza della pressione, per ricavarne energia.
Ma allora perché questo nome? C’è chi dice che nel 1.100, quando Milano aveva il suo bel da fare a combattere il Barbarossa e dai suoi scomodi alleati, minacciosamente vicini come i novaresi, si pensò di scavare un canale-fossato difensivo. I calcoli inesatti sulla pendenza del terreno però non avevano portato l’acqua necessaria per rendere efficace l’immane opera e quindi la storia finì lì. Almeno fino alla seconda metà dell’800 quando l’ingegner Eugenio Villoresi pensò di rimettere mano al progetto con obiettivi chiaramente diversi rispetto a quelli Medioevali. E andò decisamente meglio: “Panrecuperato”. Ma c’è anche un’altra storia, di origine più popolare. Le acque dei canali in quella zona ticinese erano così agitate che i barcaioli che le affrontavano rischiavano di rovesciarsi e di perdere il carico. Niente carico, niente pagnotta.
Sarà forse per questo motivo che la diga di Panperduto oggi è un simbolo virtuoso del non spreco? Può darsi. Se infatti la vecchia casa che un tempo ospitava i tanti lavoratori che regolavano manualmente le meccaniche di governo delle acque, oggi è trasformata in una bellissima struttura ricettiva dedicata soprattutto ai ciclisti che dalla Svizzera scendono sul lago Maggiore e raggiungono Sesto Calende e poi il Ticino, non bisogna dimenticare che c’è la scala di risalita dei pesci, opera di ingegneria idraulica studiata per fare in modo che cavedani, scardole, trote e persino anguille, possano liberamente circolare tra canali e fiume popolando armoniosamente ogni zona. Ogni anno passano circa 20.000 esponenti del patrimonio ittico. Funziona meglio di Schengen. Ma per vivere appieno l’esperienza Panperduto c’è il Giardino dei giochi d’acqua, dove scopri che la famosa vite di Archimede, ideata per portare l’acqua da giù a su, era forse in realtà un’invenzione babilonese. E il bello è che nel mentre la nostra bravissima guida naturalistica Claudia ci spiegava tutto ciò, con precisione e trasporto impressionanti, era possibile girare il vitone di metallo con le proprie mani, giocando al “piccolo guardiano delle acque”. Sarà che da piccola a Madesimo non c’era torrente in cui non avessi provato a costruire una diga, ma insomma… Panperduto mi ha proprio colpita al cuore. Chissà che atmosfera la sera e la notte…
Ma ritorniamo alla realtà del reportage. Nuovi amici ci raggiungono. Sono Carola Bonalli, assessore allo sport e al turismo del comune di Castano Primo, un passato di running e maratone ed oggi innamorata della bici, e Flavio Viero, ciclista e runner… le sue gambe asciuttissime dicono già tutto.
Salutata quindi Claudia, che rivedremo a Robecco sul Naviglio, s’inforca la bicicletta e insieme all’assessora più sportiva che c’è, senza nulla togliere alla nostra Roberta Guaineri di Milano, riuscita a concludere la sua prima granfondo, ci lanciamo lungo la direttrice d’asfalto targata Enel che affianca il canale industriale. E chi sapeva dell’esistenza di questa bellissima via d’acqua? Una sorpresa. Ma la mia curiosità è tutta rivolta al Canale Villoresi, descritto e praticato, per intero, dai ciclisti più arditi. Come Max Bigandrews, ad esempio, che l’ha reso protagonista di un itinerario tostissimo, denominato “H2O 200” e lo percorre fino in fondo, quando, arrivato a Cassano d’Adda, si asciuga trascurabile come una roggia. Ormai ha dato tutto.
Il Villoresi incute timore. Sì perché si dice che ogni anno richiami a sé numerose vittime affogate. Non ricordo quante ne vuole, sono comunque sempre troppe. Questo perché ha l’invaso a trapezio e le pareti sono belle scoscese. In più, fino a qualche tempo fa e ancora oggi in certi punti, non ha parapetto. Saggiamente la nostra assessora Carola ci porta però in luoghi sicuri. E lo sterrato perfettamente battuto è piacevole anche con la bici da corsa. Dal Canale Industriale c’è una breve salita che porta al Villoresi. I due canali nascono insieme, da Panperduto, ma poi scorrono su due diversi livelli. E in mezzo c’è un luogo strategico, purtroppo chiuso nel nostro lunedì di viaggio: il Binda Bici Bar. Segnato in agenda, ci tornerò alla prima occasione, magari dopo una notte passata nell’ostello di Panperduto, why not?
La pedalata ci avvicina al comune di Castano Primo e Carola finalmente può mostrarmi il centro sportivo, oggetto delle sue massime attenzioni. La struttura, risalente agli anni ’70, ha bisogno di cure per ritornare attuale. Ma è certo che funziona tutto ancora bene e la squadra di calcio locale è forte. In più c’è una bellissima tensostruttura che ospita le numerose sagre estive. Ne fanno tantissime a Castano Primo e, conosciuto anche il sindaco, Giuseppe Pignatiello, giovane e vulcanico, si capisce che i circa 10.000 abitanti di questo grosso paese dotato di servizi come una città in miniatura, se la passano assai bene. Tra le bellezze locali da visitare, la Via Crucis opera giovanile di uno scherzoso Gaetano Previati che, per ricordare alle autorità del tempo i pagamenti in scadenza, dipingeva appositamente finti “errori”… un piede sinistro sulla gamba destra, uno strano orso che sul Golgotha non poteva che chiedersi: ed io che ci faccio qui? Insomma: pagate e correggo. A quanto pare non è stato pagato del tutto. Ma l’opera è bella, forse anche per questo. E oggi, strappata alle intemperie del cimitero, vivrà ancora a lungo nella bella struttura museale che accoglie anche le curiosità ingegneristiche delle vie d’acqua presenti in zona, con la memoria dei suoi esponenti di maggiore spicco. Per Claudia c’è n’è uno che conta più di tutti: è l’ingegner Cesare Cipolletti. Ci sono luoghi che vantano poeti, uomini d’arme, artisti? A Castano Primo e dintorni gli eroi sono ingegneri.
Ma è nuovamente ora di separarsi da Carola e Flavio, meravigliosi ospiti, e di risalire in sella con Valentina che, dopo 30 km, incomincia a preoccuparsi della sua resistenza. È chiaro che è più un fatto psicologico, ma un po’ di zuccheri vanno senz’altro assimilati. Tappa quindi all’Osteria del Ponte a Castelletto di Cuggiono che ci accoglie con salumi nostrani, un carpaccio per me e un buon piatto di tagliatelle e secondo di pesce per Valentina. Personale simpatico. Tutto ottimo, tranne un particolare: manca la rastrelliera per le bici… eppure il passaggio di ciclisti è notevole. Condivido l’osservazione con il proprietario che sembra tuttavia non comprendere la differenza tra un posto comodo e sicuro dove lasciare la bici e una situazione arrangiata come quella suggerita: legare le bici alla recinzione della terrazza. Eh… c’è ancora un po’ da imparare in materia di turismo sostenibile…
Il tempo passa in fretta e così, a malincuore, se voglio tornare a casa ancora con la luce, dopo quelli che da Panperduto si riveleranno essere ben 77 Km, devo rinunciare alla visita al Museo della Battaglia di Magenta. Tornerò. Nel frattempo ne vivo in parte l’atmosfera grazie alle foto di Valentina che lo visiterà insieme ad Andrea Noè, ciclista e… fondatore del mitico team Brontolo Bike!
Io proseguo invece lungo il Naviglio Grande alla volta di Robecco sul Naviglio dove mi attende Claudia, la guida della pro loco che da Panperduto ci ha ripresi ad ogni appuntamento tematico. Robecco è casa sua ed è un piacere scoprire finalmente la vera storia di quel grande castello merlato che si affaccia sul Naviglio e domina la scena. Sorpresa! Villa Archinto si può definire un “temporary-castle”, ovvero la scenografia ottimista della grandeur di una famiglia locale che, dopo la caduta del dominio spagnolo a cui erano legati, scelse un tono più low profile lasciando incompiuta la piccola Versailles che avevano progettato. Mai nessuno quindi visse queste mura. Oggi invece c’è la biblioteca, ricchissima. E gli spazi sono finalmente vivi e vissuti. A partire dai matrimoni che qui si celebrano copiosi.