Dopo anni in cui Red Hook, la competizione per le bici a scatto fisso che si tiene a Londra, Brooklyn-NY, Barcellona e, da 8 anni, anche a Milano, mi era sempre per qualche oscura ragione sfuggita, finalmente questa volta può a buon diritto annoverarsi tra le mie nuove esperienze di ciclismo.
Non perché l’abbia corsa, figuriamoci… per ambire a sopravvivere tra le strette curve del circuito urbano in Bovisa, scena post industriale perfetta per esaltare le qualità dei messengers e dei fixed-addicted che si sfidano, bisogna essere dei quasi-veri pistard. Dico quasi perché a detta di quelli veri, che la pista l’hanno fatta sul serio, i ragazzi di Red Hook qualche difficoltà a inerpicarsi sulle alte sponde a 45° del Vigorelli ce l’hanno.
L’ho visto con i miei occhi nella giornata precedente alla gara, quando, grazie al Comitato Velodromo Vigorelli, il tempio del ciclismo italiano si è temporaneamente svegliato dal suo profondo coma per accogliere i bravi figli di quel dio minore che non è più la pista, ma la strada.
Così il vecchio Vigo si è rianimato con il variopinto popolo della Red Hook. Tanti ragazzi dall’estero, tanti nostri, tutti insieme a spingere su telai dalle geometrie brutali e scarne, dove l’unico fronzolo può essere l’adesivo irriverente. E insieme si sono ritrovati di fronte ad una strana dimostrazione: l’entrata in pista di alcune vecchie moto da stayer, la disciplina che prevede che al pistard venga tagliato il vento dal mezzo motorizzato.
Come l’hanno vissuta i ragazzi della Red Hook questa bizzarrìa del passato? Chiedo a Marco Cannone, ex pro che incontro mentre carica le moto-mito sul furgone insieme a Christian Dagnoni, figlio del celeberrimo stayer che ha fatto vincere almeno tre generazioni di campioni. “Mah… hanno destato parecchio stupore. Qualcuno sicuramente non le aveva mai viste né sapeva della loro esistenza…”
Certo che stare dietro a quei mezzi lì bisogna saperlo fare. Non è tecnica che si improvvisa. Anche le vecchie bici di questa disciplina sono diverse. Sembrano innocui giocattoli per bambini.
E la forcella è montata alla rovescia, così, mi spiega Alberto Masi, meccanico e telaista al Vigorelli da generazioni, è pronta a flettersi indietro in caso si arrivi con troppa forza al rullo che, posizionato sul retro della moto, impedisce al ciclista di toccarne il copertone posteriore.
Vengono i brividi a pensare che il duo moto + ciclista poteva tranquillamente superare gli 80 km all’ora. In pista. Su strada poteva essere ancora più incredibile. Da una vecchia Domenica del Corriere trovo il record del 1955 di Josè Meiffret che ha raggiunto ben 163 km/h. Pazzesco.
Ma tornando alle possibili velocità dei pistard urbani e contemporanei, eccomi in esplorazione in Bovisa. Il circuito è stato allestito nella vasta area dietro alla stazione della ferrovia. Un quartiere che ultimamente sta diventando, grazie ai distaccamenti universitari, quasi carino. Oggi poi, baciato dal sole e animato da tanta festosa folla, sembra proprio un amena località di charme. La fortuna del mio arrivo improvvisato al pomeriggio è di imbattersi proprio un attimo prima della partenza della 5a e ultima batteria, dove sono in lizza due amici: Giacomo Giako Scottini di Army of Two Street Legendary e Edoardo Minerva aka Edo Belt dei Balander’s Crew.
Sara, la compagna di Edo è a bordo pista con un amico dalla folta barba nera, perfetto per il ruolo di sostenitore, e così tutti e tre ci mettiamo subito a fare il tifo, battendo, com’è costume locale, sui tabelloni pubblicitari appesi alle transenne. Peccato, ci mancano i campanacci di mucca gialli, che per ora sono in distribuzione parsimoniosa da parte degli organizzatori. Vanno preservati per le fasi finali della sera, quando il rumore prodotto sarà bucolico come in una strana transumanza di città.
L’ultima sessione eliminatoria consiste in 10 giri di pura adrenalina. Sia Giako che Edo si batteranno bene ed il secondo riuscirà subito a strappare un biglietto per la finale, mentre Giako, rallentato dalla caduta di un paio di concorrenti davanti a lui, dovrà ancora lottare in un’ultima prova per entrare a buon diritto nel gotha dei migliori, ma ce la farà.
Certo quest’anno si registra un fenomeno interessante: l’iscrizione di Ivan Cortina, “gregario” di Nibali del team Bahrein-Merida, un pro di 21 anni, giovane promessa del ciclismo internazionale.
E così rifletto… se da una parte è positivo che i grandi team UCI riguardino alla pista come ad una prova efficace per la crescita dei giovani, dall’altra è chiaro che il Red Hook costituisce ormai un’appetitosa vetrina mediatica per promuovere “prodotti”, dalla bici al corridore. Lo sa bene Cinelli che ha fatto del Red Hook la sua casa da anni, alla conquista dei cuori di migliaia di giovani appassionati. Così bravi ad alimentare la loro leggenda che, prima che il collega esperto Andrea Guerra della Gazzetta mi correggesse su Facebook, ero stra-convinta che l’ex pro Davide Viganò avesse vinto l’anno scorso. Invece no… ha vinto ai punti quest’anno e l’anno scorso non c’era. Potere del mito Cinelli!
Quest’anno comunque incassa la vittoria ai punti su tutti e quattro gli eventi. Ma che possibilità potranno mai avere i ragazzi che ci credono e si allenano tutto l’anno se in pista scende anche un Ivan Cortina, levriero da Tour de France, in grado di vincere, così com’è proverbialmente successo, a mani molto basse?
Un po’ come avere Kwiatkowski che si allena sotto casa tua… addio per sempre al KOM su Strava che tanto sognavi. No chance.
Ma la festa per fortuna è grande lo stesso. Ci sono birre, adesivi e hamburger da costringere sicuramente ad una rigida dieta. Le strade sono invase dai rulli Tacx, su cui frullano tutti allegramente, come se lasciar ferme le gambe equivalesse a precipitare nel rigor mortis.
Non resisto e mi compro la maglia nera della Red Hook di Brooklyn strappando ad un buon prezzo anche il calzino coordinato con l’uncino rosso. Alla prova-specchio sembrerò un’insolita Bettie Page ciclista… e aggiungendo il classico tattoo dell’áncora sarei stata persino più credibile dell’originale. Pronta per il criterium o… per il burlesque? C’è chi sostiene, dopo sondaggio su Facebook, che le mie cosce risultavano decisamente più “toniche”. Wow, l’abito fa proprio il monaco! E il calzino fa il pistard? In giro per le vie del Red Hook mi sono divertita a farne un bella collezione. Signore e signori, ecco a voi, nella gallery fotografica, la “sfilata di moda” della collezione Red Hook Fall 2017 “Socks and Shock”.
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