Ancora prima di iniziarla, il fallimento era nell’aria. Quella gara non l’avrei finita e se la testa ti molla, nulla può l’inerzia fisica delle gambe, che peraltro ancora non erano in ottima forma.
Oltre al male ai tendini, sono pure riuscita ad ammalarmi di influenza giusto il giovedì precedente la partenza della gara. E per cosa? Aria condizionata in albergo, che voglio dire, ok siamo sulla Cote d’Azur, ma la temperatura di 12 gradi in camera, non modificabile dal telecomando ma solo dalla reception, mi sembra un tantino eccessivo.
E cosi la domenica di gara mi presento sulla linea di partenza imbacuccata da capo a piedi sotto un diluvio di proporzioni esagerate e vento freddo, che raramente ho avuto il “piacere” di affrontare a Nizza.
Appena uscita dall’albergo avrei fatto subito dietro-front, se solo non avessi incontrato i compagni del piano di sotto pronti e belli galvanizzati a partire. E così, eccoci qua sotto l’acqua a cantare tutti insieme la Marsigliese.
Inutile dire che per i successivi 21 chilometri è stato un continuo “chi me lo fa fare, che fatica, che male, non ho più voglia di correre..” un tormento, fino a quando al cambio della staffetta esattamente a metà maratona, ho girato a destra anziché proseguire sul lungomare e ho preso il trenino per Cannes.
Nel viaggio, il pensiero è andato verso gli amici e i conoscenti che avrebbero corso di lì a poche ore la Maratona di New York. La mia prima chiusa in 4 ore e diciotto minuti di gioia, emozioni, e metri macinati dal primo all’ultimo.
La maratona di New York l’ha corsa anche Kathrine Switzer con il suo gruppo di 13 donne in rappresentanza del gruppo 261 Fearless, una global community tutta al femminile che prende il nome dal numero di pettorale assegnato in maniera del tutto casuale a Kathrine in occasione della Maratona di Boston del 1967 che Kathrine ha corso grazie ad un escamotage giocando sulla sigla del nome, che le ha permesso di essere sulla linea di partenza perché i commissari di gara e gli organizzatori, credevano fosse un uomo.
All’epoca le maratone e la corsa in generale erano prerogativa degli uomini, alle donne non era permessa la pratica figurarsi l’iscrizione ad una qualsiasi gara.
Quello che fece Kathrine Switzer quel giorno e poco prima di lei, Bobbie Gibb nel 1966, ha un che di straordinario e di importanza storica, grazie a queste due donne meravigliose che ci hanno aperto la strada, noi tutte oggi siamo libere di correre non solo maratone, ma fare triathlon e perfino cimentarci nel temutissimo IRON MAN.
Più ci penso più sono convinta ripenso che Kathrine abbia compiuto una vera impresa, non solo nel 1967 ma lo ha fatto ancora la scorsa domenica 5 novembre, finendo la Maratona di New York in un tempo stratosferico di 4 ore e quarantotto minuti a 70 anni compiuti (vinta nel 1974 ndr), e dopo aver corso ad aprile a Boston per celebrare il 50° anniversario di quel lontano 1967 che cambiò radicalmente la storia del running.
La 261 Fearless è una web community è aperta a tutte le donne, di qualsiasi età, nazionalità, condizione sociale, credo religioso. Ha una missione. Per essere una 261 basta avere voglia e gioia nel muoversi, condividere i propri progressi, sostenersi l’una con l’altra e soprattutto non ritenersi mai inferiori a niente e nessuno.
Kathrine proprio in occasione della nostra intervista del 2016, alla mia domanda: “C’è una persona che ammiri più di altri? Chi è il tuo idolo, se ne hai uno?”. Lei ha risposto: “Billie Jean King. Ma per la verità, ho centinaia di persone che ammiro, chiamo eroine, donne sconosciute, donne povere, donne nate dalla parte sbagliata del mondo che decidono di darsi una possibilità e anche attraverso lo sport decidono di dare una svolta alla propria vita e di cambiare il corso del proprio destino. Sia che ce la facciamo sia che ci abbiano anche solo provato, loro per me sono le vere eroine.“
Esiste una piattaforma, “my261“, in cui ogni donna può raccontare liberamente la propria personale storia ed esperienza di cambiamento in un blog e condividere su un forum progressi, problemi, emozioni, insuccessi, l’esperienza acquisita e le conquiste in termini di qualità di salute e di livello di autostima quasi maggiore di una prestazione atletica.
Ma è possibile anche incontrarsi di persona e conoscersi nei running clubs locali dove si organizzano allenamenti mirati con coach accreditate e partecipazione alle gare coordinate da ambasciatori della “261 fearless”.
I punti di forza rispetto le altre community motivazionali sono fondamentalmente due:
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una leader mitica, unica, impareggiabile, coerente e sempre fonte di assoluta ispirazione
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assenza di uomini.
Per capire la forza di questo gruppo di donne che appartengono a tutti gli angoli del globo e trovare ispirazione date un’occhiata al sito e alla app. Il sostegno economico proviene da donazioni private e da importanti sponsor, tra cui anche il brand di abbigliamento sportivo dal noto payoff “impossible is nothing“, che fanno ben sperare sulla solidità del progetto.
Essermi ritirata al 21mo kilometro mi ha fatto male, soprattutto all’orgoglio, ma in fondo posso fare altre maratone proprio nel nome dello spirito “Impossible is nothing”….