running

Quando diventi un runner fai cose che mai avresti pensato di fare e ti stupisci da solo di averle fatte.

Mettere la sveglia alle 6 di mattina per fare colazione e uscire a correre una mezza maratona nella tua città o, peggio, prendere treni o passaggi in auto da amici, trovarsi in parcheggi al buio, quando i ragazzi rientrano dalla discoteca, per andare in un’altra città a correre 21 kilometri e rientrare a casa quando il resto della famiglia ha appena aperto gli occhi.

Poi ci sono quelle gare che fai perché l’hai promesso ad una amica, le hai detto che l’avresti accompagnata al traguardo della sua prima mezza maratona e allora non vedi l’ora che la sveglia suoni per entrare nella divisa da corsa, col tricolore che spicca sulla spalla sinistra proprio sopra il cuore, perché sai che sarà una giornata indimenticabile, perché per noi runner non c’è nulla di più bello che coinvolgere altre persone nella corsa e portarle a fare cose meravigliose come tagliare la linea del traguardo di una mezza maratona di 21 kilometri nella tua città del cuore.

Questa è la mia mezza maratona più bella, la mezza maratona di Milano da Urban Runners e l’ho corsa tutta fianco a fianco di Stefania, alla sua prima volta sui 21 kilometri….

Una gara che non avevo in programma di fare, troppo in là, fuori calendario, fuori dalle mia tabelle, quelle gare che… “ma si tanto la corro il prossimo anno.”

Ma sentire l’abbraccio e l’emozione di Stefania una volta tagliato il traguardo….  così come quello tra me e Irene alla fine della maratona di Valencia… Ecco gesti così non hanno prezzo e ti ripagano di ogni sforzo e di ogni cambio di programma, perché lo fai per amicizia e non per il Garmin, lo fai perché la corsa ti regala emozioni e amici sinceri.

Perché la corsa è una disciplina che abbracci a 360 gradi, non ci sono confini o barriere, se non quelle che ci si auto impone, la corsa è dentro e fuori il campo o i percorsi di gara, gli amici che trovi durante una corsa o un allenamento te li porti nella vita di tutti i giorni, sono le persone a cui scrivi quando hai bisogno di un supporto, a cui ti confidi, quelli con cui condividi una gioia, perché sai che ci sarà sempre qualcuno di loro disposto ad ascoltarti… magari durante una bella corsetta, anche se spesso quelle persone non sanno assolutamente nulla di te, di cosa fai per vivere o della tua vita.  Non giudicano. Ci sono.  E se lo fanno con un paio di braghini e una t-shirt addosso, senza trucco e parrucco, sudati e ansimando dalla fatica, beh allora sono proprio persone speciali.

Del mio 2017 ricorderò sicuramente con entusiasmo ed emozione la mezza di Milano conclusa mano nella mano con Stefania, e Andrea (che sul traguardo ci ha lanciato le nostre sacche per non farci morire di freddo una volta smesso di correre, un attimo dopo il traguardo), tutte le gare in trasferta condivise con gli amici e le amiche del gruppo, gente che già conoscevo e nuovi compagni di avventura, la Monza Resegone finita malissimo, gara della quale solo oggi riesco a parlare, forse ma non troppo, le mie compagne di squadra e il groppo in gola per non essere arrivata alla capanna degli alpini, la Maratona Nizza>Cannes finita miseramente al 21mo kilometro, su un treno locale con il biglietto pagato da uno sconosciuto perché alle macchinette francesi accettano solo tessere di abbonamento e non soldi di carta o spicci, no, troppo semplice, e poi la Maratona di Londra, tanto voluta, tanto sognata, cercata e goduta in ogni singolo metro. 3 ore e 54 minuti di sofferenza dal primo kilometro all’ultimo, male ai piedi, lacrime di gioia, correre in quella che considero essere la mia seconda casa, alla quale sono più legata forse che alla mia patria di origine, le emozioni provate quel giorno ad ogni angolo, ad ogni stretta di mano, ad ogni sorriso e grido di incoraggiamento, sono ancora così vive nel mio cuore e nei miei pensiero, che non vedo l’ora di replicare.

E se il 2017 è stato l’anno delle rinunce, delle sconfitte del mio capire che non si può vivere di rendita perché la corsa è sacrificio e allenamento e se la testa ti dice vai, ma il fisico non ne ha e non è allenato a dovere, come dovrebbe essere, come DEVE essere, perché maratoneti non ci si improvvisa,  anche la testa alla fine cede e dice “ma dove vai? Fermati. Beviti una bella birra fresca che è meglio…”.

Non è facile decidere di mollare una maratona a metà, costringere la tua squadra a ritirarsi perché lassù in vetta non riesci ad arrivare,  mandare giù il rospo e dire al tuo Coach, avevi ragione (BTW il mio Coach Towe77, HA SEMPRE RAGIONE…), non portare a termine un obiettivo.

Non è da me, le sconfitte ancora mi bruciano, io abituata a non mollare mai. Io che ho la testa dura da sempre e che in Africa a tre anni sono sbarcata con il pellicciotto perché, perché per me che ero partita sotto la neve di Ginevra, era giusto così. Non ci si presenta in un posto nuovo a gente sconosciuta in maniche di canotta, anche se il termometro segna 40 gradi. Io che la prima gara podistica l’ho corsa con stivaletti di cuoio perché la tuta e quelle orrende scarpacce da ginnastica non erano abbastanza fashion per me che all’epoca avevo solo 10 anni. Ora in tuta ci vivrei, vero che c’è stata una bella evoluzione di stile e di materiali, ma anche una bella classica vecchia tuta grigia di cotonaccio in certe giornate per me sarebbe la vera svolta.

Ho sempre portato a termine quello che mi ero prefissata. Questo è quanto mi hanno insegnato, a non mollare mai. Fino a quest’anno, quando ho imparato che c’è più dignità e intelligenza nel mollare che non stramazzare al suolo, svenuta, stile bacarozzo, perché il tuo fisico è KO oppure nel correre nonostante tutto, finire una gara e poi andare in riabilitazione perché il tendine che non ti ha dato tregua per mesi, quel giorno ha dato tutto in quei 42 kilometri e tu totalmente assuefatta da antidolorifici non te ne sei resa conto e ora che l’effetto è passato, non riesci più nemmeno a camminare. Fa male, brucia, ti mordi la lingua quando ti chiedono PERCHE’? Ma forse, sono cose che aiutano a crescere e a rendere più forte il carattere e la determinazione per la prossima volta.

Per un momento ho pensato tristemente, ecco è finita la passione, la corsa non mi piace più. Ho perso il fuoco che mi spinge ad alzarmi all’alba e mettere gli scarpini per correre anche solo 7, 8 kilometri in compagnia di amici vecchi e nuovi, kilometri senza tempo, senza obiettivo, correre solo per il gusto di farlo, senza un motivo, correre perché correre è bello e ti fa stare bene.

Perso la voglia di fare sacrifici, di fare ripetute e allunghi, di fare spinning e nuoto perché la corsa da sola non basta e logora alla lunga le gambe, le ginocchia, i muscoli.

Il 2018, sarà l’anno delle rivalse, dei riscatti, dei nuovi obiettivi, delle nuove sfide.

Il 2018 sarà l’anno del finire le cose irrisolte e lasciare a metà, ho messo nel carrello una Monza >Resegone da portare a termine con le stesse compagne, una Nizza>Cannes da correre fino ad arrivare sulla Croisette e bere champagne, una Maratona di EDIMBURGO che avrei corso da sola, ma che invece farò in compagnia dei miei compagni di squadra, o meglio di parte dei compagni di squadra degli Urban Runners, una 50 kilometri, si ho scritto 50 kilometri, piana e su asfalto, non si parla di TRIAL ma di ultra-maratone, perché se riesco a correrne 42, cosa potrà mai essere farne 8 in più?….. Almeno sulla carta, ma il Coach mi ha detto SI PUO’ FARE…. e poi una Maratona autunnale, chissà, forse che forse proprio la Maratona di BERLINO.