Maniacale nei dettagli, con inquadrature geometricamente perfette e fisicamente impossibili, una trama diretta ma piena di sfaccettature e un cast eccelso in cui compaiono i nomi di Bryan Cranston, Edward Norton, Bill Murray, Jeff Goldblum, Ken Watanabe, Greta Gerwig, Frances McDormand, Harvey Keitel, Liev Schreiber, Bob Balaban, Scarlett Johansson, Tilda Swinton, F. Murray Abraham, Yoko Ono.
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Wes Anderson crea un film distopico pregno della sua maturità naif e col tocco d’autore ambientato in una città di un Giappone distopico del 2037. Le vicende iniziano quando il sindaco Kobayashi approfitta dell’”influenza canina” per bandire finalmente tutti i cani su un’isola di immondizia, ed è qui che viene presentato il gruppo di cinque cani, stanchi della vita da reietti e desiderosi di tornare alle vecchie vite agiate, che, grazie all’arrivo di Atari Kobayashi, un ragazzino alla ricerca del proprio cane, ritrovano un senso di vita.
La trama non è mai troppo complessa ma nasconde diversi messaggi, sia sociali, che universali o interni alla pellicola. L’utilizzo di animali permette infatti di straniare il tutto dai soliti racconti, ma senza perdere la qualità e la profondità di un film “in carne ed ossa” e maturo.
Altra nota di merito tecnica va al geniale utilizzo delle lingue parlate nel film in cui, spiega il regista, “solo le parti in inglese sono state doppiate, mentre il giapponese è giapponese in ogni versione”. Così, facendo parlare i cani in inglese, ci ritroviamo ad empatizzare maggiormente con le loro vicende non capendo il senso dei discorsi umani.
Da notare infine le musiche del premio Oscar (e probabilmente anche prossimo Premio Oscar) Alexandre Desplat, che collabora con Anderson da Fantastic Mr. Fox, e con cui è riuscito a vincere la statuetta proprio per la colonna sonora di Grand Budapest Hotel. Le sue musiche si uniscono perfettamente alle canzoni non originali unendo occidente e oriente, “il Giappone coi sassofoni”.