Il timido sole di questi giorni fa finalmente presagire un arrivo più convinto della primaVERA, dopo tanta “primaFALSA” subita, con la colonnina del termometro che non ne voleva sapere di salire. Adesso nelle uscite il dilemma incomincia a farsi sentire: metto la calzamaglia o sfodero i muscoli?
Già… i muscoli. Perché é da qualche giorno che c’è una parolina magica che mi frulla in testa. E il termine “frulla” è quanto mai appropriato perché è di “agilità” che voglio parlare, ovvero un’idea di velocità leggera sui pedali che promette risultati in crescita d’estate. Insomma più si è agili e più si vola leggeri verso le rarefatte vette delle montagne. Così, io che ho già in agenda l’obiettivo vacanze+bici+nuovi-passi-da-esplorare, sto seriamente prendendo in considerazione di allenarmi in modo un pochino più specifico. Del resto ormai sono quasi due anni che torello sui pedali e quindi non è più il caso di giocare all’ingenua o all’apprendista stregone. Adesso è ora di fare sul serio.
I primi germi di questa nuova consapevolezza naturalmente sono partiti dalla fonte di ogni saggezza: il Velodromo Parco Nord. È lì che più di una volta qualcuno, soprattutto il volontario di turno all’ingresso, mi ha consigliato paternamente la pedalata agile, da praticare soprattutto d’inverno. Perché? Chiedevo ingenuamente. Perché altrimenti il muscolo si blocca. Oddìo, brutta storia. O peggio, come dice Romanino – oltre 80 anni portati con agilità, appunto – e che tiene molto alla mia linea, il rischio è che vengano le gambe grosse. Non sia mai! Va bene una gamba scattante e ben disegnata, ma non il muscolone alla Hulk!
Quindi eccomi alle prese con l’agilità, perseguita alla vecchia maniera e cioè senza il computerino da bici perché, a onta del mio proverbiale shopping ciclistico compulsivo, mi sono ridotta ad ordinarlo soltanto ieri e quindi, se il corriere non farà scherzi, sarà oggi nel pomeriggio che mi ritroverò a praticare l’esaltante rito dell’unboxing.
Nel frattempo mi sono fatta un’idea dell’agilità da autodidatta (come sempre) ed ecco cosa ho scoperto, sui forum e sulle mie gambe.
L’agilità consiste nel frullare come un criceto, o meglio, come Froome (nomen omen) a 100/110 rpm, cioé a più di cento rivoluzioni del pedale al minuto. Ma la domanda è: con quale rapporto è meglio? Intanto la guarnitura compact, con dischi davanti a 50 e 34 denti pare sia la migliore. Quanto al pignone sembra che la soluzione ideale sia scegliere in abbinamento la rotellina che ti permette di frullare agile. Perché l’agilità non è una formula matematica, ma è la possibilità, che varia da persona a persona, di effettuare una pedalata facile, rotonda ed efficace, per tanto-tanto tempo.
C’é un tempo per l’agilità e un tempo per la potenza. Sui forum per ciclisti si leggono certezze a volte inquietanti. Pare ad esempio che chi durante l’inverno ha pedalato per almeno 2000 km in agilità, adesso possa permettersi di scalare passi degni dell’Everesting (pratica un po’ pazza che consiste nel fare tutti di fila 8.000 mt di scalata). C’é anche chi ammonisce che andare in agilità in primavera sia troppo tardi. E qui scattano naturalmente i sensi di colpa, come lo scolaro che non ha fatto i compiti… ce la farò a recuperare frullando tenacemente anche se ormai siamo nella maledetta primavera?
Agilità è cuore. Con il nuovo computerino non vedo l’ora di leggere tutti i numeri dell’agilità. Non solo la cadenza in rpm, che già di per sé sarà esaltante scoprire, ma anche il battito cardiaco. Farò così: non guardo i dati fino a che penserò di aver raggiunto i 100 rpm e poi incrocerò il dato del battito. Mi aspetto già un 100 (rpm) x 180 battiti… Lo so, sembra tanto, ma il mio cuore è piccolo e pulsa più veloce. Vediamo se indovino… e se avrò sbagliato tanto meglio, un po’ di lentezza (del cuore) alla Coppi non guasta.
Agilità è fiato. Qualcuno dovrebbe dirmi come si fa a pedalare in agilità d’inverno quando i polmoni sembrano ghiacciarsi ad ogni colpo di pedale. L’idea è quindi che ci sia molta agilità praticata sui rulli. E in questo devo dire che ho fatto il mio dovere. Ciò che però mi fregherà sempre è il fiato, perché i polmoni non sono proprio una specialità della casa e quindi la sensazione è quella di non respirare mai al 100%, freddo o caldo che sia. Del resto, una vita a Milano a fare suffumigi tra i gas di scarico…
Il rapportone è out. Ma c’è sempre qualcuno che o non sa o ama calarsi nei panni di un Bartali che, curvo sui pedali, affrontava le salite con il 53. Esilarante incrociare, magari su una tranquillissima pista ciclabile, il ciclista con il rapportone vintage, con la testa che accompagna il pedale su e giù come se fosse sul muro di Sormano. C’è da dirlo, l’estetica dell’agilità è tutt’altra cosa!
Agilità è eterna giovinezza. Non solo perché da ragazzini è importante trovare l’allenatore giusto che ti mette in sella con rapporti leggeri che ti aiutano a gestire la rotondità della pedalata, ma anche perché a una “certa”, ovvero dopo i 40 anni, l’agilità è consigliata perché allunga i muscoli e aiuta a far fiato nonché allena il cuore.
Naturalmente sull’agilità ci saranno ancora milioni di cose che spero di poter scoprire presto, nel frattempo, visto che non è proprio facile tenere una cadenza alta e, come in tutte le cose, c’è bisogno dell’incentivo mentale, l’immagine che proietto nella mia testa quando frullo qual è? Non poteva che essere lui: lo scattante, nervoso, acrobatico… colibrì!
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