Arturetto Landi si definisce un cuoco, più che un poeta, e questo dice tanto di cosa significhi fare il profumiere, imparare a maneggiare la sottile arte alchemica che trasforma un odore in idea e un’idea in odore.
Come un cuoco, il profumiere è un professionista che conosce la base chimica dei composti e intuisce la direzione che prenderanno nella combinazione con gli altri elementi. Il suo lavoro è un gioco molto serio che prevede grande preparazione, uno sguardo alto sui bisogni e i desideri, l’istinto per scegliere quando e come abbandonare la riva della scienza e lasciarsi andare al mare aperto dell’imprevedibile e delle emozioni.
Arturetto Landi oggi è un ‘naso’ famoso in tutto il mondo che ha scelto di cimentarsi nella profumeria artistica, la più coraggiosa e audace, quella che accompagna chi indossa il profumo in un viaggio nel tempo e nelle emozioni. Non a caso la chiacchierata che leggerete di seguito è nata scoprendo insieme Caterina, il primo profumo del nuovo brand Allegro Parfum. Giuseppe Allegro, fondatore del brand, ha dedicato Caterina a sua madre, con l’idea che questo profumo potrà accompagnare ciascuno in un percorso di scoperta profonda e senza parole del più puro degli amori. Noi abbiamo scelto di seguirlo, venite con noi?
Come ha scoperto la passione per i profumi? Penso sia stato il destino. Avevo 16 anni, quando trovai in campagna un quadrifoglio, per caso lo misi un libro di Chimica e mi portò fortuna, segnando in qualche modo la mia rotta. Dopo un anno di Elettronica, infatti, fui bocciato e andai all’Istituto Tecnico Chimico, dove conseguii il Diploma in chimica nel 1968 anche se di chimica proprio non ne volevo sapere. In quel momento la mia passione era il mare: sono nativo di Lerici (La Spezia), vengo da una famiglia di naviganti e fu solo per rispetto di mio padre, che era contrario, che non andai all’istituto Nautico. Molti dei miei amici però avevano seguito quella strada, mi raccontavano delle loro avventure e dei bei luoghi che visitavano e io ne avevo invidia. Seppi che con la conoscenza dell’inglese e con un diploma si poteva diventare purser, l’ufficiale che si occupa del benessere dei passeggeri sulle navi da crociera: con questo obiettivo nel 1969 andai in Inghilterra a imparare l’inglese. Rientrai in Italia per adempiere il servizio militare e, dopo il congedo, tornai in Inghilterra. Quando, il 1° gennaio 1973, l’Inghilterra entrò a far parte del Mercato Comune Europeo, mi presentai all’Ufficio del Lavoro in cerca di un’occupazione; mi chiesero cosa avevo studiato: “Chimica”, risposi. Proprio quella parola spalancò le porte del mio futuro: a Tumbridge Wells, dove abitavo – forse fu il destino, forse fu il quadrifoglio tra le pagine del libro – c’era una Fabbrica di Profumi e fui assunto come miscelatore. Il fascino di mescolare sostanze cosi diverse fra loro, con il risultato di odori gradevoli e interessanti, divenne la mia passione e il mio solo e unico desiderio. Dall’Inghilterra andai quindi in Australia, dove lavorai come assistente profumiere, e dall’Australia alla Germania. In un’azienda tedesca, dopo un corso triennale, divenni Profumiere.
Come ha affinato il suo talento? Con determinazione, passione e tanto, tanto lavoro. Ho passato la mia infanzia a contatto con la natura, fra il mare del Golfo dei Poeti e la campagna di proprietà dei miei genitori sulle colline del Monte Caprione, dove nascono molte piante aromatiche e profumatissime che sono tutt’oggi parte del mio lavoro. E il mio bagaglio segreto.
Che tipo di percorso ha compiuto per trasformare questa sua speciale sensibilità in una vera e propria professione? Ho lavorato molto e fatto tanta esperienza in ogni parte del modo. Quella del profumiere è una professione faticosa e bellissima. Oggi il rischio è che chiunque abbia la passione per i profumi prenda due o tre boccette, ne misceli il contenuto e s’inventi d’un tratto profumiere, il che è come credersi un grande chef perché si fa una carbonara che piace agli amici. Senza solide conoscenze tecniche, bravi maestri e migliaia di essenze a disposizione (impossibili da reperire per un seppur bravo appassionato), non si può diventare profumieri. Con l’azienda tedesca ho lavorato in vari studi creativi a New York, Parigi, Vienna, Tokyo. Nel 2002 mi sono messo in proprio e ho creato uno studio in Germania. Dal 2003 ho concentrato il mio lavoro creativo sul Mercato Medio-Orientale. Dal 2005 trascorro circa la metà dell’anno a Dubai, dove lavoro come profumiere per una grande azienda francese, una delle più importanti al mondo nel settore della profumeria e degli aromi.
Cosa caratterizza e contraddistingue la profumeria artistica o di ricerca? Fondamentalmente la profumeria artistica è nata per creare Profumi basati su note di materie prime che ci circondano, senza seguire il mercato e i trend. I profumi artistici devono esprimere un qualcosa di diverso e originale, per il piacere dei fini conoscitori e intenditori che sono alla ricerca di odori particolari, stravaganti e unici.
Che ruolo hanno la poetica e il racconto nella creazione di una fragranza? Non mi sento un poeta degli odori bensì un trasformatore di sensazioni e idee in note olfattive, un cuoco degli odori.
Di recente ha partecipato alla creazione di ‘Caterina’, la prima fragranza di un nuovo brand, Allegro Parfum. Un profumo che è un racconto profondo ed emozionante dell’amore materno. Fare e vivere un profumo che ricordi la propria mamma penso sia un piacere e una gioia infinita per tutti. Il racconto di Giuseppe Allegro e di sua mamma Caterina, magliaia di professione, mi ha molto commosso e toccato. L’odore dei maglioni di cachemire è diventato il baricentro del progetto.
Cosa l’ha spinta a partecipare a questo nuovo progetto? Di certo la grande stima e amicizia con Paolo Fadelli, un grande professionista di questo settore che dopo aver contribuito a lanciare brand di successo nel mondo della Profumeria d’Arte ora si dedica, con il figlio Leone e la sua Joy Perfume Project, a realizzare linee di alto livello in questo settore. Paolo Fadelli mi ha fatto conoscere questo progetto e mi ha presentato Giuseppe Allegro.
Quali sono le sensazioni che l’hanno ispirata nel creare Caterina? Lana, cachemire, calore, ricordo materno: una sensazione unica e immensa.
Quale è stata la fragranza, l’olio essenziale, il profumo la cui scoperta l’ha emozionata di più? Certamente il Patchouly! Questo profumo, però, non ha niente a che vedere con Caterina. Il Patchouly mi ricorda la mia giovinezza, i figli dei fiori e gli anni ‘60, è un odore unico e complesso: non esiste niente di simile in natura e nella sintesi chimica.