L’arte del cambiamento, del mutamento – repentino e non – e l’evoluzione dell’oggi, mettendo in discussione ogni concreta e tradizionale certezza e accogliendo l’arrivo di ciò che sembra al momento un caos ma che in realtà è solo il moderno futuro che si materializza, è un aspetto spesso difficile da accogliere, da accettare, da digerire e metabolizzare.
Il cambiamento, per alcuni, è un boccone amaro da mandar giù: crea paura, scompiglio, disagio e a volte polemica e lamentela. Polemica nei settori più tradizionali ma polemica, anche in quelli più ricchi di fronzoli, ricami, profumi e balocchi ma dove dietro c’è un serio business – purtroppo a volte “tritacarne” – dai ritmi da caserma oltre ad un giro di poltrone ultimamente decisamente frenetico: parlo della moda.
E collaborando io stesso con una testata di moda (oltretutto una delle prime a credere nel cambiamento “on line” e che quando nacque nell’anno 2006, contribuì a rompere la routine della carta stampata, la routine dei grandi editori, la routine dell’età anagrafica perché dal nulla fu creata da due ragazzi poco più che ventenni – ed oggi ha un giro di click che supera i due milioni e mezzo al mese)… posso dire che in questo settore così attento ai trend… così attento all’immagine, così attento a termini come “cutting edge”; giusto ; trend; glamour e “schifato” da ciò considerato ormai vecchio, una fetta di persone tira invece l’acqua al mulino dello status quo.
E per questo status quo, che in un circolo vizioso, la lamentela-polemica senza l’azione di rottura o il far qualcosa, va avanti …. Tanti riflettono, meditano, chiacchierano ma l’azione concreta per cambiare il sistema manca.
E quando “cigola” una parte del castello di fronzoli, sfilate, presentazioni, opening e business, perché i creativi (e chi li finanzia), vogliono giustamente sperimentare il nuovo – anche temporaneamente – tutto entra in una assurda e polemica agitazione.
E allora tutti giù a parlare di amore per il Made in Italy, di senso di appartenenza del vero stile e del non rispetto per la propria terrà natìa che ha dato i natali al marchio, di lotte per capire qual è la più importante città della moda ecc ecc ecc ….. di tragedie per Calendari di 3, 4, 5 giorni e così via, di stampa e buyer che non arrivano (o arrivano a malapena in città)… con tutto il ritorno economico (mancato oppure no) per una capitale europea.
Ultima dimostrazione di polemiche e di ciò che dico? E stato un Gucci che ora vola in Francia (oltretutto solo per 2 show la Cruise 2019 in programma ora il 30 di Maggio ad Arles, e lo show di Settembre per tornare invece a Milano nel Febbraio del 2019 ….. non dimentichiamo che Gucci è già del Gruppo Kering).
E polemiche – ma forse un po’ meno – anche per la decisione ormai non recente ma ancora attuale di alcuni marchi che – sottolineo giustamente e saggiamente – mettono in pedana uomini e donne allo stesso tempo come faranno ora insieme ad altri Ermanno Scervino e Furla con la sua presentazione a Settembre 2018 … E con la conseguenza che la settimana uomo a Giugno si accorcia e si rimaneggia il tutto.
Ecco in tutto questo non caos ma futuro, io dico solo una cosa. Ovvero che la frase noiosa e sentita fin da piccoli che chi si ferma è perduto … trova la sua ragione d’essere sempre e comunque anche ora. Perché Alessandro Michele con l’appoggio del CEO Marco Bizzarri fa benissimo ad andare dai francesi, a fare avanti e indietro… perché l’intelligenza è quella non solo di seguire la propria vena creativa ( in questo caso la sfilata fa parte comunque del discorso di un omaggio alla Francia ) ma consiste anche nel aver capito che lo stantìo è uguale a voler morire e che oggi non ha più senso parlare di capitali europee in lotta tra loro, proprio oggi dove tutto è condiviso in un click e dove il mondo è un paese globale e unitario.
Perché lasciando da parte la lamentela, l’Italia non invita non so Dior, Celine, Carolina Herrera o chi per loro e ne cito solo alcuni a sfilare in Italia, in un perfetto scambio internazionale di designer aprendo così gli orizzonti al mondo nuovo? Perché? Tutto assumerebbe un’aria più fresca. La moda che è l’esempio per eccellenza di trasformazione è innanzitutto testa, cervello, azione dell’osare ( come sosteneva Gianni Versace ) e non solo indossare un abito della stagione in corso ed essere vecchi dentro.