È l’anima creativa di Genny, Sara Cavazza Facchini. E’ la donna che stagione dopo stagione racconta visivamente la femminilità Genny, la seduzione Genny, la ricerca Genny, la portabilità di ogni singolo capo Genny.
Ma lei, è anche quella forza, volontà, tenacia ed impegno, rivolto allo sviluppo di una moda “sana”, eco-sostenibile e più responsabile, che senza paura, prende posizione per valorizzare al meglio tutte le realtà che si nascondono dietro alla realizzazione dei capi secondo una filiera rispettosa dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori.
E tutto per garantire a questa (la moda), un futuro etico amplificando la consapevolezza e un nuovo modello economico e di consumo, decisamente – ripeto- più responsabile.
Un impegno importante per la designer e Direttore Artistico del marchio, portato avanti tra meeting, sfilate, tavole rotonde. Non ultima la sua partecipazione di qualche giorno fa alla sesta edizione della Montecarlo Fashion Week 2018, organizzata dalla Chambre Monégasque de la Mode, in partenariato con il Governo Monegasco, la Maire di Monaco e l’Ufficio del Turismo del Principato di Monaco.
Qui la stilista, non solo è stata la special guest in passerella con la collezione Genny che ha sfilato Sabato 19 Maggio, ma ha animato anche gli altri appuntamenti della settimana sempre legati al tema della sostenibilità, punto di arrivo virtuoso della moda futura.
Consapevolezza e sostenibilità etica, sono stati oggetto qualche giorno prima dello show, anche dell’intervento che il direttore artistico ha tenuto sempre a Montecarlo durante una tavola rotonda e prendendo come case history proprio la maison da lei diretta, raccontando perciò del processo produttivo “sano” da cui prendono forma capi dal valore autentico, che rispettano il contesto – umano e ambientale – nel quale
sono inseriti e conducono a un lusso realmente sostenibile. Per capire meglio l’evoluzione del marchio – tra progetti, premi, sfilate e molto altro – ho incontrato Sara Cavazza Facchini questa settimana per Focus On.
Sara, lei ha appena ritirato un premio come donna imprenditrice e designer (Il Chi e Chi Spring Awards). Oggi i due ruoli sono sempre più strettamente legati tra loro. E proprio a questo proposito, in un periodo economico delicato come questo, come si mantiene il giusto “balance” tra il realizzare delle collezioni dal tocco creativo estremamente riconoscibile mantenendo però alte le vendite? Sono stata davvero orgogliosa di avere ricevuto un tale riconoscimento che, nelle sue motivazioni, premia la filosofia e i valori del più autentico Made in Italy di cui una parte importante ce l’ha, da sempre, il giusto mix tra creatività e legge del mercato. Infatti se, da una parte, è fondamentale avere una signature di stile caratterizzante, diversa dalle altre e capace di imporsi con il suo carattere, dall’altra è necessario non dimenticare mai i bisogni primari dei compratori e dei clienti per arrivare a una creatività che dialoga con il reale. Il risultato sono collezioni che si vendono realmente e che non rimangono solo bei vestiti sulle passerelle o sulle pagine patinate: la moda, la moda di Genny, è vera e reale e, come altre firme, riveste un ruolo importante nell’economia italiana. Viceversa, un prodotto dall’alto contenuto creativo che però non tenga conto delle richieste del mercato e delle esigenze dei consumatori diventa arte fine a sè stessa e completamente avulso da un contesto commerciale oggi, più che mai, prioritario.
Che cosa le chiedono oggi le clienti di Genny, soprattutto le giovanissime millennials? Le Millennials sono molto attente allo stile e alla storia che ogni marchio riveste: significa che cercano, nel vestire come in ogni aspetto della loro vita, una qualità che abbia contenuti e che valorizzi non solo il carattere estetico del prodotto ma la sua completezza. I codici stilistici di Genny in cui femminilità, eleganza e qualità dialogano senza soluzione di continuità, con le loro radici nel passato che sono, però, rivolte al futuro, sono perfetti per rispondere alle esigenze delle giovani donne che, come le loro madri prima di loro, vogliono abiti che le accompagnino nel tempo, in sintonia con le trasformazioni della società. Quindi via libera, anche per loro, a capi contemporanei e dall’estetica essenziale, fatta di linee pulite e capaci di valorizzare la fattura dei tagli e la cura dei particolari, con il plus di texture pregiate e di stampe inconsuete. Per le Millennials e anche per le ragazzine più giovani, come dimostra il progetto Princess di Genny, una linea che risponde al desiderio delle più piccole di indossare abiti uguali a quelli delle loro madri, che ha debuttato con successo in questa stagione.
Quali sono invece i prossimi progetti del marchio e in che direzione state andando (nuovi mercati di riferimento; licenze, nuove aperture)? Che cosa può anticiparmi? Genny si sta concentrando su un piano di investimenti e di sviluppo che passa, necessariamente, per una strategia retail precisa e in crescita, focalizzata sia su boutique monomarca che sulla presenza delle collezioni sia in punti vendita plurimarca e che in selezionati department store, in Italia e all’estero. Consolidare ed esportare il concetto di italian style all’estero, infatti, è per noi, da sempre, fondamentale soprattutto per quei mercati, come quello orientale, che ricercano proprio questa caratteristica qualificante, che ne ha assicurato, nel tempo, la crescita.
Dal punto di vista della filosofia di Genny, ci stiamo muovendo in una dimensione che privilegia la creazione di un lifestyle completo di cui, ultimo tassello, è la nuova fragranza Platinum, che traduce l’universo femminile della maison in uno stile olfattivo definito e avvolgente.
Tornando al prodotto, lei è molto sensibile al discorso sostenibilità, partecipando anche a delle tavole rotonde sull’argomento. Pensa che questo sarà il futuro? E Genny come si sta muovendo in merito? Vorrei che Genny proseguisse lungo quel percorso di sostenibilità a 360 gradi che sono così fiera di portare avanti e che, dal 2016, dà vita ad abiti eticamente corretti, che non solo sono totalmente Made in Italy per manifattura e materiali utilizzati, ma che seguono i parametri UE in materia di rispetto dell’ambiente e dei lavoratori. Perché lo stile è sempre più una questione di etica, oltre che di estetica, e questo carattere del nostro nuovo corso produttivo prosegue e io ne sono orgogliosa. Voglio che il cliente che si avvicina al mondo Genny e acquista uno dei suoi prodotti sia a conoscenza di tutto questo, riconoscendo il valore di tutto ciò che sta dietro alla sua realizzazione.
Lei ha avuto modo di vivere la moda veramente in toto. Mi riferisco al fatto che nel suo percorso ha attraversato tutti i settori del sistema: dal modelling; ad una formazione di ufficio stampa, fino al design. Come pensa sia cambiato questo “mondo” in questi anni e in quale direzione (soprattutto con l’arrivo della tecnologia) stiamo andando? Ha ragione, il mio è stato davvero un approccio a 360 gradi nel mondo della moda nato, in primis, dalla passione per il bello che da sempre mi caratterizza e che ha guidato la mia formazione, dagli studi di design fino ad oggi. Penso che, inevitabilmente, l’universo fashion sia cambiato profondamente e che l’uso della tecnologia l’abbia reso più accessibile e, in qualche modo, più democratico: la passerella non è più una realtà per pochi, è diventata più accessibile e più fruibile. Questo per quanto riguarda la comunicazione, che è diventata diffusa e interattiva in ogni suo aspetto. Dal punto di vista commerciale, buona parte dei ricavi delle vendite della moda deriva ormai dal web e gli investimenti per lo sviluppo delle tecnologie digitali sono diventati essenziali, anche e soprattutto per seguire le relazioni con i clienti e per conoscere meglio i consumatori, con immediati riflessi sulle collezioni e feedback in tempo reale. Come può immagine, il discorso è articolato e complesso e le tecnologie impattano davvero su ogni aspetto del mondo moda in maniera sempre più importante.
Mi racconta la collezione Genny per la Primavera-Estate 2018? La collezione Genny PE 2018 vede un coté sportivo, mutuato dal mondo automobilistico, unirsi alle influenze delle culture tribali dell’Africa Sahariana: il risultato è una femminilità sofisticata e dinamica, esaltata da tagli asimmetrici, tessuti scintillanti, plissè e fronzoli. Così la jumpsuit, must have della maison, si ispira alle tute dei piloti ma in chiave extraglam grazie a dettagli inediti; l’attitudine sportiva vive di richiami grafici e di forme amplificate, come nei mini dress con gonne a palloncino. L’eleganza è energetica e contemporanea; gli influssi tribali si esprimono nelle stampe ispirate ai tattoo, nelle lavorazioni jacquard e nei preziosi ricami di micro perline degli abiti da sera.
Per Genny hanno disegnato – tra gli altri – anche Gianni Versace, Claude Montana, Christian Lacroix. Quali sono i must-have d’archivio del marchio che lei deciso di riprendere nelle sue collezioni e come ha tradotto l’heritage del brand ad oggi? Per me è stato un grande onore essere scelta come direttore artistico di una maison che ha fatto della femminilità contemporanea la sua signature nel corso degli anni, grazie all’apporto di designer di eccellenza che ne hanno amplificato l’eleganza senza tempo e una visione al passo con il mondo, il cuore dell’essenza di Genny. Mi sono sentita incredibilmente fortunata a ricoprire un ruolo in cui, senza che mi allontanassi dal solco tracciato da Genny negli anni, era necessario dare un apporto nuovo, garantendo, però, la stessa femminilità autentica e una contemporaneità fatta di dettagli. A questo heritage ho dato la mia visione della donna Genny del XXI secolo, la donna vera, che vuole esprimere il proprio io senza essere omologata in nome di una tendenza. E’ un’eredità importante e molto stimolante, perché mi spinge a guardare sempre avanti senza perdere di vista la filosofia della maison ma aggiungendogli sempre linfa vitale e creatività.
Un’ultima domanda. Una mia curiosità. Lei è una grande amante dell’arte. Che ricordi ha della sua partecipazione come protagonista all’installazione dell’artista Vanessa Beecroft “VB 28” alla biennale di Venezia nel 1997? Ho il ricordo di una grande emozione, quello di essere stata parte “viva” di un’opera di un’artista unica come Vanessa Beecroft che stimo da sempre e che, scegliendomi per questo progetto, mi ha fatto uno dei regali più belli della mia vita.