Sei in preda ad inquietudine e a rilassarti proprio non ci riesci. Allora infili le scarpe da corsa e cosi con le prime cose che peschi nell’armadio, esci a correre e i pensieri fluiscono e se ne vanno e incredibilmente, le soluzioni arrivano da sole.
Perché ormai la corsa non è più solo una questione di sport o di gare settimanali o di preparare una maratona o una 10 kilometri, la corsa è diventata parte del tuo essere, uno stile di vita.
Correre può cambiare davvero la vita delle persone.
Non importa la velocità o il numero di kilometri, importa solo la qualità che riesci a dedicare alla tua ora di corsa, come scrive Murakami nel suo libro L’arte di correre: “Correre un’ora al giorno, e garantirmi così un intervallo di silenzio tutto mio, è indispensabile alla mia salute mentale.”
La corsa non è solo sport, ma uno stile di vita e apre porte inaspettate che mai avresti immaginato, ti porta a conoscere persone che mai avresti pensato nella vita.
Ed è così che lo scorso weekend mi sono trovata seduta ad un tavolo in una sala riunioni nel quartier generale adidas a Herzogenauragh, Germania, insieme a Sylvie e Prudence dalla Repubblica indipendente del Congo, Ericka da New York, Tasneem da Bombay, Christina, Edith e Marlene dall’Austria, Mimoza dall’ Albania, Melissa da Kansas City, e Juliet dagli UK.
Letta così sembra la premessa di una barzelletta di altri tempi, in realtà, quel tavolo, quelle donne sono state il punto fondamentale di un weekend che ricorderò a lungo nella mia vita.
Un modo per conoscere persone e realtà completamente diverse dalla mia, capire che uscire dalla comfort zone e guardarsi intorno, ti arricchisce lo spirito, la testa e ti fa capire quanto sia stata fortunata immensamente nell’essere nata dalla parte giusta del mondo, quella parte di mondo felice in cui tutto è permesso, del non doversi preoccupare di rientrare la sera tardi dopo una corsa perché il papà o il fidanzato ti picchiano, dell’ essere ghettizzata dalla famiglia durante il ciclo mestruale, dell’abbassare lo sguardo se ti guardano, del non poter esprimere la tua opinione perché sei donna, correre forte al buio della notte col cuore in gola, senza scarpe per scappare dagli orrori della guerra.
Esperienze di cui, prima Sylvie e poi Prudence ci hanno raccontato con estrema calma e naturalezza perché questo rappresenta per loro la quotidianità, e non c’ è rassegnazione ma tanta voglia di lottare per cambiare questa situazione, così come Ericka racconta della sua collaborazione con Free tu Run, una organizzazione non governativa a sostegno della corsa per le donne in Afghanistan, perché per loro la corsa rappresenta la libertà, l’indipendenza, la gioia di poter fare qualcosa per se stesse, con se stesse, abbattere muri e pregiudizi, azioni ribelli che le potrebbero costare la vita, ma che non smettono di fare perché lo devono a loro stesse e a milioni di donne nella loro medesima condizione.
Correre alle donne in Afghanistan è proibito e se lo fanno, lo fanno a loro rischio e pericolo. E’ una scelta consapevole, una scelta forte che va non solo contro la propria famiglia ma contro i pregiudizi, le leggi, il mondo, contro qualcuno che ha deciso che deve essere così.
Correre alle donne nel 2018 è ancora proibito in certe zone del mondo, cosi come giocare a calcio, ridere, divertirsi, essere libere di decidere della propria vita, uscire di casa senza un velo che le copra, che nasconda la loro femminilità.
Ed è allora che mi sono resa conto che poter uscire a correre è per me un enorme privilegio, una cosa che non dovrei mai dare per scontata. Cosi come il fatto di poter correre una maratona.
Il fatto di essere seduta a questo tavolo mi ha dato la possibilità di avere un’apertura di 360 gradi verso il mondo femminile e la consapevolezza di far parte di un qualcosa di grandioso. Scoprire nuove culture, punti di vista, scambiarsi opinioni diverse, sentirsi immensamente piccola mentre guardo gli occhi di Sylvie mentre racconta di essere stata violentata dal bidello della sua scuola che si era offerto di accompagnarla a casa e lei ingenuamente lo avevo creduto in buona fede. Da quell’atto ha avuto un figlio che ama immensamente anche se famiglia, amici e marito l’hanno ripudiata per essere stata disonorata.
Il mio ruolo di Coach e presidente di 261Fearless Club Italia mi permette, non solo di fare qualcosa che mi rende immensamente felice, correre, e far correre, ma mi permette nel mio piccolo, di aiutare le donne a scoprire la consapevolezza che grazie all’ attività fisica, al training, alla camminata, alla corsa lenta e non competitiva, permetterà loro di affrontare tutte le situazioni della vita, dalle più gravi alle più stupide, fosse anche solo quella di uscire e correre da sole al parco.
Una cosa che riesco a fare grazie al mio 261 Fearless Club Italia, da poco nato a Milano, il primo in Italia. Una opportunità che Kathrine, Edith e Judit mi hanno regalato e di cui vado immensamente fiera. Di cosa si tratta?
Allenamenti focalizzati su attività fisica ed esercizi soft che accompagnano e avvicinano le persone verso la corsa, in maniera del tutto naturale e tranquilla.
Il focus è tutto al femminile, attraverso la corsa non competitiva e l’aggregazione tra chi condivide la stessa passione, le donne possono affrontare qualunque cosa. Paure, barriere, limiti. Così come Kathrine Switzer è riuscita a correre la maratona di Boston nel 1967 quando la corsa era proibita alle donne. Seguendo il suo esempio, tutto è davvero possibile.
Su 261Fearless Club Italia e su di me
E’ una cosa nata quasi per caso, una scommessa con me stessa. Una sera alla radio ho sentito la storia di Kathrine Switzer, prima donna a correre e a finire ufficialmente una maratona a Boston nel 1967, anno in cui le maratone erano proibite alle donne (perché gli uomini, sostenevano che la corsa facesse cadere l’utero impedendo loro di avere figli, facesse crescere i baffi e altre stupide amenità del genere).
Kathrine si è iscritta con le iniziali del nome e del cognome K.V. S. e si è presentata alla partenza della gara. Allo sparo dello START è partita insieme a tutti gli uomini. Quando i commissari hanno capito che era una donna, hanno cercato di trascinarla fuori dal percorso di gara strattonandola e insultandola (ecco perché il nostro logo 261 è il suo pettorale strappato in un angolo), in tutto questo caos, i ragazzi intorno a lei, le hanno fatto capannello intorno, l’hanno protetta e scortata fino al traguardo.
Da quel giorno le cose sono cambiate, tempo 5 anni le donne sono state ammesse alle maratone e alle olimpiadi, e io come tutte le altre rappresentanti dei 261fearless club, e le donne in generale, ogni volta che sono sulla linea di partenza di una maratona, dico GRAZIE Kathrine e al tuo gesto coraggioso.
Così tra me e me, mi sono detta quasi, quasi, le scrivo per capire se posso intervistarla e fare un pezzo su di lei per la mia rubrica di running su fashiontimes.it.
Le ho scritto, tempo pochissimi giorni, mi ha risposto, abbiamo fatto l’ intervista on line e ho scoperto di questa sua fondazione 261 fearless che ha estensione a livello globale.
Una Fondazione No-profit internazionale che ha Club in tutto il mondo.
Considerato, che in Italia non ne avevano, mi sono proposta, ho fatto il corso di Coach in UK a Manchester ed oggi eccomi qua! Felice di poter far qualcosa di utile agli altri.
Ufficiosamente abbiamo inaugurato ad aprile, prima Training di lancio ufficiale il 5 maggio. Per noi interisti è una data importante e l’ho presa come di buon auspicio. Abbiamo uscite programmate ogni sabato mattina alle 10.30 partenza da PACER in Via Pacini 28 dove è possibile lasciare borse, cambiarsi, avere un servizio di babysitter su richiesta.
Un brief iniziale su chi è Kathrine Switzer, la filosofia 261fearless si parte per 45 minuti di attività fisica che comprende corsa lenta, alternata alla camminata, giochi con elastici, palloni, palloncini ad acqua, interazioni a coppie o di gruppo, che permettono di fare attività fisica e movimento senza rendersene conto, di conoscere nuove persone e per un’ora alla settimana di non pensare a nulla se non a se stesse e condividere con altre persone una passione comune.
Il mio obiettivo è quello di organizzare altre uscite settimanali in altre zone di Milano e creare un network che permetta un tam tam mediatico attraverso i social e il passaparola.
Principi fondamentali: 261fearless si fonda su principi di aggregazione, divertimento, condivisione, affrontare/combattere le proprie paure e i pregiudizi attraverso la corsa non competitiva e l’attività di aggregazione tra donne.
Quante donne non escono a correre perché sono sole, o perché si vergognano di farsi vedere in tuta da ginnastica, oppure perché si sentono troppo grasse, troppo magre, sono reduci da malattie, sono sole perché vivono in una città diversa dove si sono trasferite per lavoro, o anche semplicemente pigre.
I social: abbiamo pagine social su FB (261fearless club italia), twitter (@261fearlessclubitalia), e Instagram (261fearlessclubitalia).
A chi è rivolto? A chi vive in una città non sua in cui si è trasferita per lavoro o per studio in maniera definitiva o anche solo per un breve periodo.
A chi si vergogna di uscire di casa senza trucco, in tuta da ginnastica oppure ha timore di andare a correre o fare attività fisica al parco da sola a chi è timido o semplicemente pigro. A te che stai leggendo.
Maggiori info le trovate sul sito: www.261fearless.org sezione ITALIA.
Informazioni a: [email protected] Mob 335 54 717 39
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