Il senso della libertà di indossare un concetto moda – da sempre pensato per genere (ovvero) femminile e maschile – senza restrizioni ma con più scioltezza, in maniera più fluida, più libera, più “rientrante” in ciò che si è davvero.
Il discorso genderless è un discorso molto lungo – per alcuni complesso – un linguaggio che guarda al futuro, alle generazioni future, sempre più rilassate riguardo ad orientamenti di genere, un discorso che guarda così allo smorzare con più naturalezza, le differenze anche nel look tra lui e lei.
I veneziani Gianluca Ferracin e Andrea Masato a questo concetto credono fermamente.
Così che Edithmarcel il loro brand nato nel 2015 – sono stati finalisti nel 2016 anche al concorso Who is on Next? il progetto di scouting dedicato ai giovani talenti della moda, ideato e realizzato da Altaroma in collaborazione con Vogue Italia – è una pura espressione della naturale visione (ed estetica) che si muove tra volumi, linee, tessuti lunghezza e accostamenti indossabili dal “senza genere” ovvero sia da uomini che da donne.
La libertà di vestirsi quindi attraverso una vera libertà di pensiero tradotta sulle loro collezioni. Per Focus On li ho incontrati questa settimana.
Come nasce Edithmarcel? Edithmarcel nasce dall’esigenza comune di concepire un universo che faccia collimare i mondi maschile e femminile, attraverso i capi che creiamo. Ci piace giocare con i caratteri di entrambi i generi, calibrandoli e mixandoli. Desideriamo che i nostri clienti siano liberi di vestirsi come preferiscono, oltre i preconcetti di genere. Tutto è basato su questa idea, a partire dal nome e dal logo del brand stesso, che costituiscono la somma dei due universi: il nome femminile, EDITH deriva dalla figura di Edith Piaf, mentre quello maschile, MARCEL, trae ispirazione da Marcel Cerdan, pugile e amante della cantante.
Cosa significa oggi in un momento delicato nella moda come quello che stiamo attraversando, soprattutto dal punto di vista economico, essere sé stessi e creare le belle collezioni concettuali e a-gender che vi caratterizzano? Che rapporto avete tra la vostra spiccata creatività – così originale – e il mercato che spesso a volte va in un’altra direzione? Dipende dall’obiettivo che ci si pone. Il nostro interesse infatti è sicuramente quello di mantenere e portare avanti la filosofia e il DNA del brand, ma contemporaneamente vogliamo produrre abiti indossabili nella vita di tutti i giorni, di conseguenza parte del nostro lavoro consiste nel tentativo di bilanciare queste due componenti fondamentali. Da una parte gusto e creatività e dall’altra le esigenze del mercato. Tutto ciò si rivela molto stimolante, in quanto ci spinge ad inquadrare adeguatamente il prodotto e a trovare le soluzioni più adatte per il raggiungimento del risultato prefissato. Per fare un paragone, è come costruire un edificio in un lotto libero in mezzo al nulla, e ristrutturare uno spazio in città: nel secondo caso ci sono diversi limiti e fattori da considerare, tuttavia essi stessi conducono al concepimento di spazi molto più interessanti e ragionati, stimolando il confronto con la realtà circostante.
Com’è nata la collezione per la Primavera-Estate 2019 e qual è stato il filo conduttore che avete seguito? La collezione Primavera-Estate 2019 è nata dal nostro interesse nei confronti dell’universo activewear. Ci siamo resi conto che oggi l’abbigliamento active non appartiene più al puro ambiente sportivo, al contrario si rivela estremamente poliedrico e versatile perché è stato contaminato dallo stile urban, con risultati davvero interessanti. Alla luce di questo, l’elemento sul quale abbiamo voluto porre il focus è il tentativo di fare il contrario, ovvero prendere il nostro stile e contaminarlo con i caratteri dominanti dell’activewear. Abbiamo riconsiderato i volti, ormai il nostro leitmotiv, che sono stati riproposti in chiave active, i tessuti prettamente tecnici sono stati rivisitati con un’allure più elegante ad esempio applicandovi il processo della plissettatura e sono stati impiegati su capi come abiti e giacche. Inoltre abbiamo predisposto diversi accessori per bilanciare il tutto e creare la commistione che perseguivamo.
Cosa significa essere dei designer concettuali? Qual è il vostro modo di raccontare la moda? Mi raccontate meglio il vostro linguaggio? Raccontiamo la nostra moda attraverso molteplici suggestioni che arrivano dai mondi più svariati. Questi universi confluiscono nel concetto di abbigliamento del brand determinandolo, specificandolo e connotando i caratteri specifici del nostro uomo e della nostra donna. In tutto questo, il linguaggio comune è sempre la ricerca volta al genderless, attraverso forme, stile e design.
Si va sempre d’accordo creativamente? Come procedete nel vostro lavoro? Assolutamente no. Infatti nonostante la visione generale sia comune, entrambi abbiamo gusti diversi, quindi il percorso che conduce al risultato finale è caratterizzato da molte occasioni di confronto e revisioni. Questo ci porta ad ottenere un risultato più sicuro e mirato. Spesso il fatto di dover mettere in continua discussione le proprie personali idee e confrontarle con quelle dell’altro assicura un risultato molto più ponderato e ricco.
Che ricordi avete di Who is on Next? Oggi secondo voi questi progetti quali porte aprono? Il ricordo di Who is on Next è quello di una delle più belle esperienze affrontate durante il nostro percorso con Edithmarcel. Il clima che si respira in tale contesto è estremamente piacevole e stimolante e nonostante la competizione, tra noi partecipanti e anche con i giudici, si sono creati legami professionali che sopravvivono ancora oggi a distanza di anni.
Milano secondo voi è sempre la capitale della moda? Che cosa ne pensate? Qual è la strada per dei talenti come voi? Quali sono le opportunità rispetto per esempio a Parigi, Londra o New York? Milano è indubbiamente una città ricca di opportunità per i talents e da ciò che abbiamo potuto osservare anche Parigi lo è. Tuttavia crediamo che da qualche anno Londra e New York non siano più a tale livello. Non ci sentiamo di definire l’una o l’altra capitale assoluta, in quanto pensiamo che rappresentino realtà differenti, con mercati anche molto distinti. La nostra intenzione iniziale è stata quella di concentrarci sull’Italia, date le nostre origini, ma di certo siamo attratti dal mercato internazionale e alla nostra crescita corrisponde un interesse verso situazioni alternative a quella milanese.
Chi sono gli uomini e le donne Edithmarcel? Chi sono i vostri clienti? Edithmarcel rappresenta il crocevia tra numerosi universi: l’arte, lo sport, l’architettura, l’illustrazione. Ci piace pensare che le persone che acquistano i nostri capi siano coloro in grado di cogliere nel nostro prodotto tutto questo.
Chi vi piacerebbe vestire? La lista di chi ci piacerebbe vestire risulterebbe estremamente lunga, inoltre sarebbe costantemente mutevole perché ci innamoriamo di continuo di personalità diverse. In questo momento siamo particolarmente attratti da Troye Sivan.
Quali sono i vostri prossimi progetti? I progetti in cantiere sono sempre molti e si susseguono con tempistiche così rapide che nel momento in cui rispondiamo a questa intervista rispetto a quando verrà pubblicata, potrebbero essere già mutati. Sicuramente fino ad ora abbiamo lavorato sul perfezionamento del nostro prodotto e sulla nostra struttura di brand. Siamo dovuti crescere molto e il percorso che conduciamo ultimamente ci ha condotti a ragionare su distribuzione e attuali metodi di vendita nell’abbigliamento. I nostri prossimi progetti si concentreranno proprio su questo.