In occasione di MasterChef All Stars Italia, abbiamo incontrato Simone Finetti, ex elettricista di Lugo, vicino a Ferrara, e protagonista della quarta edizione di MasterChef, dove ottenne solo un ottavo posto. Oggi è uno chef affermato ed è tornato nelle cucine di Sky per dare dimostrare tutto il suo valore, puntando alla vittoria del reality.
L’abbiamo incontrato per parlare di questa nuova esperienza, MasterChef All Stars Italia, in onda su Sky ogni giovedì a partire dal 20 dicembre.
Come ti senti in relazione a questa esperienza di MasterChef? Motivato. Motivato sicuramente perchè l’obiettivo è arrivare fino in fondo. La prima volta sono uscito con un po’ di nodo alla gola consapevole di non aver dato il massimo. Questa volta il mio desiderio, a qualunque punto della gara io arrivi, è quello di uscire a testa alta e certo di aver fatto il possibile, il 110%.
Qual è il ricordo più bello che hai della passata esperienza a MasterChef? C’è un ricordo bellissimo che purtroppo non si è visto perchè era fuori onda. Si tratta di un momento durante l’esterna alla settimana della moda. Ho capitanato la squadra e abbiamo vinto la gara. Inizialmente Cracco mi valutava un pivello ma dopo quell’esperienza mi ha fatto i complimenti per il mio carattere. É stato davvero un bel momento.
Cosa ci puoi dire invece sugli altri giudici? Che rapporto hai con loro? Sicuramente è un rapporto speciale. Anche se sono giudici io cerco di carpire il massimo da loro. Mi sento come una spugna, pronto proprio ad assorbire ogni consiglio e ogni tecnica nuova. Si tratta di un rapporto di profonda ammirazione. Il mio obiettivo è assorbire e migliorare in ogni momento.
Facciamo un passo indietro: come è nata la tua passione per la cucina? Il primo ricordo in assoluto che ho di me in cucina risale a quando ero bambino. Avevo 5 o 6 anni ed ero piuttosto vivace: ricordo che passavo l’esate da mia nonna e lì ho iniziato a “pasticciare” in cucina. Lei mi diede uova, farina e mattarello, per farmi divertire con gli impasti, che naturalmente erano dei paciughi! Da lì è nato tutto.
Come è cambiata la tua vita da MasterChef a oggi? Il cambiamento più importante è avvenuto dentro di me, perché ho capito cosa voglio fare “da grande”. Si è aperto un mondo, perché una volta terminato MasterChef ho fatto il concorso Master of Pasta e ho vinto. Grazie a questa vittoria ho avuto accesso alla scuola di alta cucina di Gualtiero Marchesi. Ho iniziato uno straordinario percorso di studi e ho fatto tanta pratica con l’obiettivo di diventare un vero professionista. Ho avuto la fortuna di essere l’ultimo allievo di Giacinto Rossetti, con il quale collaboro, il primo ad aggiudicarsi 3 stelle Michelin. Ho capito che dietro ad un piatto non c’è solamente un grande cuoco, ma che il cuoco è l’ultimo anello di una catena. Dietro al piatto c’è il sacrificio di un artigiano, di un contadino, ma c’è anche passione e un mondo incredibile da raccontare. Credo che il vero obiettivo di un cuoco non debba essere l’esaltazione del proprio ego per la creazione di un piatto, perché il cuoco deve esaltare l’eno-gastronomia e i prodotti, soprattutto quelli italiani.
Cosa ci puoi dire della collaborazione con Rossetti a livello umano? Quali insegnamenti ti ha trasmesso? Umanamente mi ha insegnato che quando padroneggi una tecnica devi riuscire ad avere una mente così aperta da continuare a ricercare ed essere curioso, senza mai sentirti arrivato. Un cuoco deve continuare ad essere curioso e amare quello che fa, riscoprendo ogni giorno i prodotti. Il bello della natura è proprio che nulla è mai uguale.
Parliami invece degli altri concorrenti di MasterChef. Senti ancora qualcuno dei tuoi ex compagni di gara? Bene o male mi sento con tutti. A MasterChef c’è molto tempo per condividere lacrime, emozioni, gioie… Tutti mi sono rimasti nel cuore.
La TV ci insegna che il mondo della cucina è molto complicato. Come fai a farti rispettare in cucina? Io sono un po’ strano! I ragazzi che lavorano con me non mi trovano così simpatico! I primi mesi sono stati molto difficili, il segreto è trovare l’equilibrio. In cucina sono molto ligio, rigido e pretenzioso, poi quando il servizio finisce ci possiamo anche bere un bicchiere di vino, ridere e scherzare, ma l’importante è sapere quali sono i momenti in cui scherzare e quali invece quelli in cui essere concentrati al massimo. La cucina è un insieme di tanti piccoli elementi: non è lo chef che prende la stella Michelin, ma è la cucina con tutto lo staff; sono tutti piccoli tasselli di un puzzle che devono funzionare perfettamente. Per fare questo c’è bisogno di regole e disciplina, mantenendo rigore quando necessario. Rispetto disciplina e ordine sono indispensabili, così come la squadra.
Chi è in grado di cucinare il tuo piatto preferito? Chi è la persona che cucina meglio per te? Per quanto riguarda il piatto preferito c’è un mondo da scoprire. Non si tratta di un piatto a livello palatale ad essere il mio preferito, ma è quello che più mi lega a un ricordo, perché c’è dietro un racconto, dei profumi, l’amore e per me tutto questo è legato a mia nonna. Il profumo del brodo la domenica mattina faceva pensare che a pranzo avremmo mangiato i cappelletti. Sono quelle cose che mangeresti centinaia di volte senza mai stancarti. Penso che si tratti di una cosa condivisibile: spesso i nostri piatti preferiti sono quelli che ci legano a un ricordo, a un amico, a un familiare…
Tra i più famosi chef, chi è quello che pur rispettandolo, vedi più lontano da te e a cui non vorresti somigliare? Gianfranco Vissani.
I tuoi progetti per il 2019? Ci vorrebbe una settimana di tempo per elencarli tutti! A marzo uscirà il mio libro dal titolo Heroes e una trasmissione tv che stiamo già montando. Heroes perché penso che oggi sia importante raccontare alle nuove generazioni, che l’obiettivo è esaltare l’eroe moderno e le meraviglie del nostro paese. Vado alla scoperta degli eroi, eroi inconsapevoli che lavorano in cucina ore e ore. Ti faccio un esempio: pensa alla cozza. Vale poco, ma dietro una cozza c’è un pescatore che esce di notte e va a pescare per ore. Oggi voglio raccontare le storie di eroi come contadini e pescatori, persone che hanno realtà meravigliose da raccontare, persone che seguono un obiettivo. Purtroppo le persone oggi credono che lo spinacio sia un cubetto surgelato nel freezer, ma dietro ad uno spinacio c’è un mondo. Il mio compito è raccontare tutto questo e tutte queste storie splendide. Ho avuto la fortuna di conoscere molti contadini, gli eroi moderni, che fanno piatti divini. Quando facciamo la spesa dobbiamo spendere un po’ più di tempo a leggere le etichette, comprando cibi di stagione e della nostra terra, così salviamo la nostra eno-gastronomia. Io vorrei sensibilizzare e tentare di restituire un po’ di sano patriottismo a tutti.