Siamo a Napoli, una città presa troppo spesso come capro espiatorio dell’emergenza rifiuti che, in realtà, riguarda quasi tutta l’Italia, Nord compreso. Siamo stati invitati nel capoluogo campano dal CIAL, Consorzio Imballaggi Alluminio, per un progetto che ha coinvolto proprio la città di Napoli, grazie all’artista Annalaura di Luggo che ha creato 4 opere d’arte – 2 diventeranno permanenti – installate in piazze importanti della città, realizzate con scarti di alluminio e dato vita ad una sfilata (il 18 gennaio), in collaborazione con il Laboratorio di Fashion Design dell’Accademia di Belle Arti di Roma coordinato da Graziella Pera con uno special guest d’eccezione in passerella: E. Marinella Napoli.
Abbiamo incontrato l’artista napoletana, Annalaura di Luggo, che ci ha raccontato com’è nato il progetto e svelato alcune curiosità sulle iniziative di Napoli Eden, un format artistico che ben presto verrà ripetuto, a grande richiesta, in altre grandi città italiane.
Come è nato questo progetto? Questo progetto nasce con il CIAL, un po’ come una provocazione del tipo: “faresti qualcosa con l’alluminio?”. Questa domanda mi ha stimolato molto perché credo che l’alluminio sia veramente un elemento di rottura e io l’ho utilizzato per raccontare questo progetto di rinascita. Napoli Eden è una vera e propria rinascita, una trasfigurazione etica, sociale e culturale della città di Napoli. Il materiale di scarto, in questo caso, diventa opera d’arte. La provocazione è stata quella di continuare a raccontare l’alluminio in varie forme; il giorno dell’opening abbiamo aperto 4 piazze della città con quattro intallazioni molto complicate da realizzare: l’idea era quella di avere opere d’arte che fossero imponenti, rispettando lo scarto e dal carattere luminoso. La prima delle quattro opere è Triumphus (piazza Municipio), un arco che permette di vedere la città da un punto di vista diverso. Quest’opera è una grande provocazione, perché ho deciso di farla come se avessi programmato anche l’intervento del fruitore.
Le installazioni sono temporanee? Sì, sono temporanee, ma due sono diventate permanenti. La mia installazione che si trova in Largo Baracche è diventata permanente, perché non contiene soltanto scarti di alluminio, ma contiene anche gli elementi della mia ricerca artistica che porto in giro da anni, anche nelle Nazioni Uniti. Ho brevettato un sistema fotografico per ritrarre l’iride e quest’opera contiene quattro iridi di quattro personaggi dei quartieri spagnoli. Si chiama Geminus ed è diventata permanente: abbiamo raccolto oltre 1.500 firme in una settimana di persone che non volevano che togliessi questa installazione, accolta meravigliosamente dalla città. Tutti hanno rispettato le opere, con grande affetto. Oggi, Napoli che è descritta come la città degli scarti e dell’immondizia, diventa la città della rinascita proprio da questi scarti. Io voglio regalare alla città l’arte.
Cosa si prova ad avere un’installazione permanente nella propria città? Penso che sia un momento capace di raccontare l’evoluzione di una città. Io cerco sempre di raccontare gli altri attraverso le mie opere. Cerco sempre di esprimere qualcosa, facendo raccontare gli altri. Osservando la mia opera, il fruitore, attraverso un gioco di specchi, diventa parte dell’opera e si osserva. Punto a mettere al centro di una piazza così importante un’opera che si imponga come segno di una nuova visione.
Parli spesso di provocazione: cos’è per te la provocazione? Per me è la sfida di poter fare qualcosa che gli altri non hanno fatto. Io penso che nella vita, se ognuno riuscisse a dare un segno tangibile di un cambiamento, soprattutto rispetto all’alluminio, materiale che torna a vivere, sarebbe importante. Questo alluminio ritorna scintillante con questi meravigliosi abiti creati da Graziella Pera. Lei è riuscita a mettere in atto questa bellissima rappresentazione con abiti stupendi. Curatore è Francesco Gallo Mazzeo, e CIAL è partner.
Una curiosità: ci sono quattro nomi di persone, ma sono svelati? Sì, sono svelati.
Ancora una curiosità: come hai fatto a coinvolgere i ragazzi dei quartieri spagnoli in questa tua arte? Questa è una domanda interessante, perché io mi sono presentata a mani nude, girando ogni vicolo, cercando le persone. Stiamo anche girando un film, di cui queste persone sono diventate protagoniste. Il film è di Bruno Colella con la regia di Blasco Giurato e verrà distribuito da Andrea Iervolino.
Pensi che la società sia pronta? Io penso che non si debba aspettare, ma agire. Qualcuno deve iniziare e penso che sia giusto che qualcuno abbia il coraggio di dare il via. Nessuno ha mai utilizzato l’alluminio in questo modo. Io mi prefiggo di arrivare dove gli altri non arrivano. La mia è un’arte pubblica, che oggi mi ha portato a scegliere quattro piazze simbolo della città.
Pensi di continuare con la missione di riciclaggio dei materiali? Penso che potranno nascere nuovi progetti. Con Francesco Gallo Mazzeo si sta pensando anche di fare un Roma Eden o un Milano Eden. L’idea è comunque quella di rifare tutto da capo, niente viene spostato, saranno tutte opere nuove. Il discorso di rinascita può essere delegata anche ad altri ambiti. Per quanto riguarda invece i miei prossimi progetti, al momento sto girando un film negli USA con Stanley Isaacs sulla Sindrome di Down, dal nome “White Spots”: dalla mia ricerca ho scoperto che negli occhi delle persone con sindrome di Down, ci sono macchie bianche. Questo per me è il modo di raccontare una determinata categoria, attraverso gli occhi.
Di tutti questi temi che affronti ce n’è uno che ti tocca in maniera particolare? In realtà la mia operazione artistica è sempre rivolta a scoprire qualcosa degli altri. In tutte le mie opere io non ci sono mai.
Ma quindi qual è il tuo ruolo? Io voglio raccontare il mondo attraverso gli occhi, attraverso le opere che faccio. Dietro ad ogni mio lavoro non c’è mai il mio pensiero.
FONTE FOTO: MARA TERENZI COMMUNICATIONS