Mariachiara Pozzi è un’artista perché la cosa che la rende felice è vivere nel punto di contatto fra azione e pensiero, dove il gesto cattura un’impressione e la trasforma in oggetto, per sempre. Dimenticate il luogo comune dell’artista etereo lontano dalla realtà: Mariachiara vive di contatto, il suo contatto con ciò che la circonda e il contatto con gli strumenti con cui interviene sulle fotografie che scatta e da cui parte.
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Nel suo laboratorio c’è un torchio, ci sono delle matrici in legno o metallo, ci sono acidi, ci sono elementi che chiamano azioni e azioni decise.
Da quei movimenti e da quella forza arriva, sulla carta o sul tessuto, qualcosa di inafferrabile per definizione: un’idea, una visione. Mariachiara ha scelto di vivere nel continuo stupore di questa apparente contraddizione capace di generare bellezza, accompagnata nel suo percorso da Silvia Agliotti, gallerista de ‘Gli Eroici Furori – Arte Contemporanea’.
Le abbiamo chiesto di spiegarci come e perché e come si chiamino le tecniche che le permettono di creare questa magia.
Acqueforti e xilografie: siamo all’incrocio fra stampa e arte, di cosa si tratta? Sono due tecniche antiche, particolari e di valore, con una grande possibilità di sperimentazione. La xilografia viene praticata in Oriente fin dall’antichità e arriva in Europa nel 1300, forse per opera dei mercanti veneziani che imparano e trasmettono questo procedimento per la stampa su stoffe anche per riprodurre carte geografiche. Dal 1400 si sviluppa su carta forma artistica con maestri come Duerer, Munch, Kirkner. Possiamo dire che l’incisione, nelle sue diverse applicazioni e modi come acquaforte, puntasecca o ceramolle, sia addirittura la prima forma artistica e di comunicazione dell’uomo, utilizzata fin dalla preistoria, e ha perso di valore e consuetudine solo per la facilità che la stampa consente. Io amo l’incisione e la uso in tanti modi espressivi diversi per creare i miei pezzi unici a tirature basse.
Come sei arrivata a scegliere queste tecniche? All’incisione sono arrivata seguendo il mio percorso di formazione artistica, non saprei dire se l’ho scelta o se lei ha scelto me! Un po’ per caso, ho trovato delle vecchie sgorbie (strumenti da intaglio, ndr) di mio padre nella casa di montagna negli anni in cui frequentavo l’accademia di Brera a Milano. Ho così iniziato a scavare il legno, le aule di incisione dell’Accademia di Brera affacciavano sul giardino e mi sembrava un posto magnifico dove stare…L’acquaforte ho iniziato a praticarla più tardi perché ai tempi le aule di Brera non erano a norma per l’utilizzo degli acidi. Frequentando e lavorando poi nella stamperia del centro dell’incisione sull’alzaia del naviglio grande di Milano ho imparato tante altre tecniche e il mestiere di stampatore.
Il tuo punto di partenza è una fotografia. Come cambia l’immagine del mondo da questo primo passaggio al risultato finale del lavoro? Quanto c’è di casuale e quanto di cercato in questo percorso? Il mio lavoro parte dal mio sguardo sul mondo circostante e per fermare l’attimo scatto, a volte è proprio un riflesso, un automatismo ormai. Scatto già con un’inquadratura già pensata per lo sviluppo del lavoro in grafica e scatto già sapendo se da quell’immagine realizzerò una xilo o un’acquaforte perché alcuni soggetti sono naturalmente più ” giusti” per l’una o l’altra tecnica.L’immagine sulla matrice cambia inevitabilmente perché ogni matrice ha una sua resa e il legno a sua volta interviene: sono i diversi passaggi fino alla carta che rendono quello che ho colto bello e poetico. Quando si trasforma l’immagine è un po’ come disegnare: il passaggio sulla lastra è istinto e gestualità pura. Possono entrare in gioco tante cose: gli acidi, i tempi di morsura, il mio segno, la pressione del torchio, la carta, l’inchiostro. Mi piace utilizzare matrici vecchie, segnate, ossidate, vedere come l’immagine reagisce nei diversi casi, mi piace vedere come cambia l’immagine da una foto, alla realizzazione a mano sulla matrice, al passaggio alla carta sotto il torchio. Il caso è assolutamente dentro il mio lavoro e io gli lascio la sua parte. A volte è commovente. Sempre è una sorpresa, quasi una magia.
La tua formazione è legata alla cura di eventi e mostre d’arte e alla didattica, fra organizzare, raccontare e creare cosa preferisci e perché? Cosa consiglieresti e a quali tipi di carattere? Evidentemente ho dentro di me l’anima dell’artista, quindi creare, pensare e guardare in un certo modo ciò che mi circonda mi viene istintivo, naturale. E’ un’esigenza, una deformazione, un modo di stare al mondo. A un certo punto della mia vita ho scelto questa strada perché mi rendeva felice. Curare mostre e eventi e fare didattica mi piace: ho studiato per questo ed è una conseguenza di quello che sono, è come se fosse un ragionamento continuo sull’arte, una continua ricerca. Poi c’è l’aspetto del bello e basta: penso sia piacevole per l’anima entrare in uno spazio piacevole e rimanere colpiti, senza fiato, sorpresi come dei bambini di fronte alle opere o sentirsi semplicemente bene in un ambiente creato apposta. Credo, tra l’altro, che la didattica attraverso l’arte sia un modo privilegiato e magnifico per crescere per i più piccoli. Detto ciò, consiglio di fare quello che si è: seguire e capire quale sia la propria indole sapendo che quello dell’arte non è un ambiente facile in nessun caso. I caratteri devono essere visionari, curiosi, liberi, tosti!
Anche Wallpaper ha scelto di celebrare Milano come città da vedere nel 2019. Tu che sei nata e cresciuta a Milano, come vivi il fare arte in questa città? “anche se noi non sappiamo che cosa sia lo spirito, è lui che rende eterne le città.” Questa citazione di Josè Saramago mi sembra giusta per raccontare (anche) la mia città. Milano è cresciuta tanto negli ultimi 10 anni, anche grazie a Expo, è una città fatta di moltitudini, che si muove in continuazione su tanti fronti, non più solo moda. È ricca di eventi, mostre, connessioni, nuovi spazi, nuovi concept, esperienze culturali da fare e vivere. Milano è una città di relazioni, conoscenze, capacità. Da artista l’ho sempre amata, perché la puoi vivere come vuoi, in mille modi diversi, non la devi subire. Io ho sempre girato tanto a piedi tra gallerie, spazi, palazzi, tra le vie e il cielo, guardando in su! Parte del mio lavoro è ispirato proprio a Milano, di cui ho ritratto i tralicci delle stazioni ferroviarie, da Lambrate a Porta Genova, o gli interni di Milano, dalla Stazione Centrale alla ex Richard Ginori. Un luogo speciale per me è lo studio dove lavoro e realizzo le mie opere, che condivido con altri artisti, e casa mia: faccio fatica a uscirne per fare ‘pubbliche relazioni’, attività molto milanese, ma sono fatta così.
Lavori anche su tessuto, come vedi la relazione fra moda e arte? Che specificità ha la stampa su tessuto? Amo la moda, i bei capi e gli ottimi tessuti, credo nell’eccellenza italiana che ha segnato la storia del costume e continua a ribadirsi. Considero la moda una forma di arte e di artigianato: quando arte e moda si incontrano nasce un oggetto unico e prezioso. Ho sempre pensato che i miei ” Ramage” realizzati in xilografia (scavi su matrici di legno) potessero stare molto bene sui tessuti, sia come elemento decorativo per la casa, sia per l’abbigliamento. Per questo ho iniziato a realizzare cuscini, runner, paraventi, arazzi, lampade, borse. Sono tutti pezzi unici realizzati a mano con matrici artistiche: la fusione di inchiostro e di un particolare tipo di tessuto (seta, cotone, velluto…) insieme alla pressione del torchio rendono l’effetto finale prezioso, raffinato, incisivo!
Fonte Foto: Maria Chiara Pozzi