Io che pedalo in scia a Francesco Moser? Sì, proprio vero. Al Velodromo Parco Nord dateciPista anche i desideri più onirici trovano sostanza. Come se una stampante 3D potesse plasmare i sogni rendendoli finalmente reali. Senza scarti ed eccedenze. Taaac. Si va a 40 km/h e sembra di essere leggeri come piume. In scia a Moser.
“Che pedalata elegante…” esclama Omar esaltato dalla visione di un Moser che proprio lì, a un paio di metri, pedala come uno di noi.
L’occasione di ieri è stata magica. Nata non si sa bene come, ma si può stare certi che c’è lo zampino del nostro presidente Mario Bodei, nel giro di poche ore le voci si rincorrevano sui social di dateciPista. Sì sì, Moser passa a trovarci.
Così ecco che in un martedì qualsiasi di febbraio improvvisamente molti uffici, tra le 11 e le 12, si sono svuotati per improvvisi e inderogabili impegni. Tutti a convergere al Velodromo Parco Nord, ombelico del mondo. E a conferma dell’internazionalità del luogo ormai topico per i tanti milanesi – anche d’adozione – appassionati di ciclismo, c’è Kapila che ha portato in dono al campione la maglia della nazionale di ciclismo del suo Paese d’origine, lo Sri Lanka.
Tutti in trepidante attesa, tutti ad aspettare ad aspettare il campione dalle ghiacciate 9.00 del mattino con la classica sgambatina di riscaldamento in attesa di provare lo scatto con lui.
Nel mio caso invece il riscaldamento si è compiuto tra casa, ufficio e velodromo… Lo sapevo che lasciare le scarpette da ciclismo in studio non sarebbe stata una buona idea… e così eccomi a sfrecciare nel traffico per cambiarmi al volo e ripartire alla volta del parco. Quasi 20 km d’un fiato per arrivare puntuale e filmare l’ingresso in pista del campione.
Con il muscolo già caldo sono quindi scalpitante in attesa di provare a stare in gruppo. Perché sì, l’idea di girare con un campione è proprio esaltante. Ad ogni pedalata immagini quanti giri hanno fatto le sue gambe, quante tappe, quante vittorie, quante biciclette si sono conformate alla sua potenza. E pedalare in questa scia è come ricevere qualche spora di quella gloria che fa di Moser uno dei campioni più amati di sempre.
Del resto quando ero piccola e il ciclismo lo filavo poco, non perché preferivo pettinare le bambole, ma perché l’immagine dei ciclisti non era proprio corrispondente, per abbigliamento e fisico, ai miei canoni estetici, ecco che invece Moser, con quel suo nome rapido come una volata e la sua statuaria bellezza, era già icona assoluta. E quindi tra le biglie nella sabbia non si poteva non averlo. Era l’unico possibile. L’unico riconoscibile. L’unico davvero forte con cui potevi anche battere i maschi.
Allora eccomi alla ricerca del ritmo giusto, d’inverno quando gli alveoli tardano a schiudersi, nel gruppetto che, sfrondata la folla iniziale, corre con Moser dentro alla linea azzurra. Quella che delimita l’élite della velocità. Andiamo a 40/43… oddìo anche 46 km/h. Concreti e precisi. Perché il fluido magico del campione tutto contamina e tutto rende facile. L’aria è scintillante e vertiginosa. Siamo tutti nella coda della sua cometa e pedaliamo all’unisono. OP! OP! si esclama alle curve per avvisare che sta passando il treno di Moser. E i ciclisti fanno ala come i mari al passaggio di Mosè. Del resto un po’ di assonanza al nome c’è…
Giri su giri sembra non fermarsi più. Tuttavia dopo le stelle si ritorna all’umanità del ciclismo. Ovvero quello che ti fa innamorare veramente di questo sport. Perché il divino è assoluto ed eroico, ma l’umano è irresistibile. Proprio come il salame che generosamente viene tagliato dai volontari tra bicchieri di rosso e di pregiato spumante Moser, quello che il campione produce nelle sue valli.
Barbera e champagne, il ciclismo è così. Cin cin campione! Torna presto a pedalare con noi!