Ci sono storie che non si possono non raccontare. La storia di com’è nato Giannetto Portofino è una di queste.
Incontri Vincenzo Sansonne e lui ti trascina con irrefrenabile passione all’interno dei suoi pensieri filosofici alla base della sua nuova collezione. Lo ascolti, ti incuriosisci e parti con una domanda. Poi un’altra ancora… fino a renderti conto che quella che hai appena registrato, più che un’intervista, è una testimonianza.
Il made in Italy è più vivo che mai. Vincenzo Sansonne, fondatore di Giannetto Portofino, azienda di Andria, non sarà forse il portabandiera di questa industria, ma sicuramente uno dei più appassionati protagonisti.
Come nasce Giannetto Portofino? Il nome nasce da una mia passione per Portofino, perché Portofino è come vorrei che gli altri vedessero il mio brand, un posto piccolo in cui si respira lusso, ma non un lusso ostentato o pacchiano, bensì un lusso sussurrato, raffinato. Portofino è un luogo che ti fa sentire come in un film, grazie alla sua positività. Portofino, inoltre, nonostante sia una località piccola e difficile da raggiungere, è meta ambita da molti e vorrei che il mio brand fosse così per le persone. Il nome Giannetto, invece, nasce da una leggenda metropolitana che racconta di Gianni Agnelli bambino, che proprio a Portofino veniva chiamato Giannetto. Da qui è nato Giannetto Portofino, brand che coniuga Portofino con la storia raccontata su Gianni Agnelli, icona di stile.
Facciamo un passo indietro. Cosa facevi prima di Giannetto Portofino? Io sono nato in azienda. Questa azienda è stata costituita dalla mia famiglia nel 1979: mia mamma ha lavorato fino all’ultimo giorno di gravidanza. Sin da piccolo ho sempre respirato aria di azienda, sentendola come la mia casa, in ogni momento.
Qual è la filosofia del brand? Cosa volete trasmettere? Ciò che vogliamo trasmettere è senza dubbio il messaggio di riscoprire la tradizione del gentleman. La nostra collezione abbraccia l’uomo a 360° in tutte le sfaccettature, dal casual allo sportswear, ma anche nello stile più classico. L’idea è quella di sdoganare il concetto di gentleman: il messaggio che vogliamo veicolare è che il gentleman è colui che si comporta da gentleman in tutte le occasioni. Si tratta di un uomo di gusto, che vuole talvolta anche uscire da canoni schemetici, senza dimenticare il legame che lo unisce alla tradizione.
A livello stilistico come trasmettete questo messaggio? Con la scelta di stile trasmettiamo il concetto attraverso collezioni che si basano molto sulla ricerca dei tessuti, dal denim alle flanelle, ma poi giochiamo anche con le stampe e con la morbidezza del capo, perché il capo veste l’uomo, ma contemporaneamente lo abbraccia e per questo secondo noi, deve anche trasmettere il concetto del soft e del piacevole da indossare.
Dove vengono prodotte le collezioni? Le collezioni vengono interamente prodotte in Italia all’interno della nostra azienda. Noi siamo proprietari della nostra azienda a conduzione familiare. Abbiamo 19 dipendenti ed è il nostro laboratorio a produrre interamente e al 100% le collezioni firmate Giannetto Portofino.
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Dove possiamo travere le collezioni di Giannetto Portofino? Giannetto Portofino si trova nei mercati principali come l’Italia, il Giappone, la Corea, gli Stati Uniti e la Scandinavia. Attualmente il mercato in cui abbiamo una maggiore presenza è quello giapponese.
Vendete anche online? No, online al momento no. La mia scelta, per ora, è quella di temporeggiare sulle vendite online, preferisco ancora utilizzare i negozi come canali di distribuzione. In un certo modo il mondo online potrebbe creare concorrenza al mondo del retail in cui io oggi credo ancora molto.
Avete mai pensato di creare qualche collezione anche per l’universo femminile? Giannetto Portofino ha anche una mini-collezione donna, che abbiamo sviluppato per il mercato giapponese: si tratta di una collezione composta da soli 10 pezzi, che non possiamo neanche definire come una vera e propria collezione, ma per il futuro abbiamo alcuni progetti in mente in relazione al mondo donna.
Ci racconti un aneddoto simpatico o particolare che vuoi condividere con noi? Potrei raccontarti la storia della prima camicia, anche perché sono stato io a realizzarla. I miei genitori, nel 2008, non erano molto d’accordo con le mie idee, ma io ho lavorato a questa camicia in denim (che ancora oggi conservo) ed era realizzata in questo tessuto denim – una mia grande passione – molto pesante. Volevo farla con i bottoni a pressione, ma non me la sentivo di far spendere ai miei genitori una gran somma per acquistare la macchina che attacca i bottoni a pressione sui capi, così da solo ho deciso di andare in una merceria chiedendo una macchina alternativa per applicare i bottoni a pressione; lì, ho conosciuto il torchio. Il torchio permetteva di mettere a mano tutti i bottoni: per metterne 15 ne ho utilizzati più del doppio, perché continuavo a sbagliare! Quella è stata la prima camicia con cui mi sono presentato da un cliente. Ne è valsa la pena, perché oggi vendiamo circa 40.000 capi all’anno.
Fonte foto: Valentina Ottone