Si autodefinisce una combinaguai e magari ha ragione. Di certo sa come farci vedere la forma delle emozioni, anche di quelle che non sapevamo di provare. Avete mai detto a qualcuno ‘Incastramicamoci?’ Siete brave e bravi a momentarvi, quando serve? Martina Lorusso in arte Momusso è la mano che disegna le sfumature speciali delle relazioni e lo fa con tratti romantici e decisi, che le assomigliano.
Le illustrazioni di Momusso vivono di cose da dire e trasformano tutto in disegno, dalla musica alle parole, diventando una sorta di micro-linguaggio universale che ha già un suo vocabolario: il Vocabolario Sentimentale destinato a diventare libro per Giunti Editore.
Martina ha portato il suo mondo a Vicenza giovedì 6 giugno in occasione di Professione/Passione Illustratore, incontro organizzato da Unione Collector nell’ambito di Illustri Off. Per chi non c’era, ecco alcune pillole di Momusso-pensiero.
Un’immagine essenziale e l’accostamento, a volte letterale, a volte sognante, con le parole. Un po’ Magritte, un po’ manga. Da dove nasce l’accostamento fra parole e immagini? E’ un’esigenza di chiarezza o, al contrario, un modo per moltiplicare i piani e i messaggi? Da piccola disegnavo molto. In adolescenza ho iniziato a scrivere. La parola porta con sé infiniti significati, il segno cerca di dare forma a immagini mentali. La mia esigenza è di portare il dialogo su un piano diverso, elevarlo, usarlo come indagine personale, navigare tra le parole cercando quelle giuste. Usare il tratto del disegno per poter tracciare un percorso. Toccare le corde sensibili che ci riportano a quando eravamo bambini, quando, con lo stesso stupore, iniziavamo a parlare e a conoscere il mondo, a farlo nostro con un foglio bianco e una scatola di pennarelli. Credo ci sia un’esigenza comunicativa importante determinata anche da alcuni aspetti sociali che stiamo vivendo. La mancanza non deve essere sopruso, deve essere motivo di rivolta. Ecco penso che la parola e il disegno siano la mia forma di rivoluzione personale. Questa magia mi permette di esprimermi ed entrare in contatto con le persone. A volte è così potente da abbattere ogni tipo di barriera. Persino la paura.
Il tuo lavoro è spesso un ponte fra tante forme di espressione, lo dimostra quanto lavori con la musica. Quanto conta la musica per te? Come completa e si completa nell’illustrazione? La musica, come le parole e il disegno, nasce dal ritmo, dalle pause. Paragono sempre il foglio bianco alla musica: il bianco non è vuoto ma pausa. Il tratto diventa nota musicale e la musica stessa diventa emozione da toccare e vedere. Cerco sempre di assecondare il mio umore ascoltando canzoni che lo possano accompagnare. Non mi piace scacciare via quello che provo, preferisco viverlo intensamente. Penso che la musica, il disegno e la parola siano la mia forza. E se dovessi mai sentirmi in crisi so che posso sempre cercarle e ritrovarmi.
Il tuo vocabolario sentimentale diventerà un libro entro l’anno, edito da Giunti. Libri, fogli, pareti, cover…quale è l’habitat naturale dell’illustrazione? Ti potrei dire nella testa. Succede così, immagini e, mano a mano che ci pensi, aggiungi un dettaglio, scegli i colori, le sfumature, la frase. Il disegno è solo il passaggio finale, è mostrare agli altri ciò che provi e lasciare che gli altri decidano cosa farne. Non è mio. È di chi vuole. Il libro è il finale migliore che potessi dare a un mio percorso lungo cinque anni, a un progetto di tre anni, alle parole e ai disegni che finalmente hanno trovato un posto nel mondo. Sai la cosa bella qual è? Non vedo l’ora di vederlo tra le mani, sentirne il profumo e stringerlo forte. Non vedo l’ora che venga regalato a qualcuno di speciale per dirgli ci sono, ti capisco, possiamo ancora cambiare il mondo. Insieme. Credo che l’habitat naturale dell’illustrazione sia dentro a chi guarda e con la mente va da qualche parte, raggiunge qualcuno di lontano. Riempie una mancanza.
Crei neologismi e accosti segni formando nuove immagini, hai creato un tuo vocabolario alternativo per raccontare emozioni (ancora) senza nome. Ci sono nuove cose da dire e raccontare o le parole che abbiamo sono troppo logorate? Credi sia l’espressione della tua sensibilità o un tema generazionale? Credo che sia arrivato il momento del “gioco” per capire il vero significato delle parole. Tornare bambini per poter ricordare il valore delle cose. Che ogni suono ci riporta ad un determinato bagaglio emotivo, ad una determinata emozione, che ogni parola scelta può determinare un rapporto, può darci la possibilità di creare ponti con l’altra persona. Attraverso il gioco abbiamo imparato a condividere, abbiamo imparato cosa significa il rispetto, abbiamo alimentato la creatività, abbiamo ampliato gli orizzonti con l’immaginazione. Sentivo l’esigenza di giocare con le parole per crearne di nuove, per potermi capire, per poter capire l’altro. Ci sono così tante emozioni e così poche parole a disposizione. Mi rendo conto che non tutto deve essere etichettato a parole, non è questo il senso del libro. Per me rimane essenziale il silenzio. È un elemento indispensabile per le parole stesse e per chi le pronuncia o le ascolta. Questi neologismi, insieme ai disegni, sono nati dall’esigenza di colmare un vuoto subito. Della mancanza causata da parole che non mi sono state dette o mi sono state dette senza peso. Questa esigenza la percepisco ovunque. Un senso di paura e vuoto, di dolore che non ci permette di fidarci dell’altro. Se facessimo caso alle nostre emozioni forse potremo accorgerci di cosa siamo, di cosa abbiamo bisogno. Cosa non vorresti che fosse fatto a te. Di conseguenza forse potremmo innescare empatia.
Essere donna quanto incide nel tuo modo di illustrare e lavorare? Quando disegno non mi sento donna, non mi sento uomo. Mi sento io nella mia totalità come essere umano. Sono semplicemente io, non sento l’esigenza di dovermi distinguere da qualcun altro. Credo si tratti di rimanere legati alla sfera emotiva e riuscire a trovarle posto nel presente, nel concreto. Mentre disegno dirigo la mia orchestra emozionale.
Sei un’illustratrice di professione: a chi consigli di seguire la tua strada? A chi sente questa forte esigenza di comunicare, di voler provare a cambiare qualcosa intorno a sé. Non è arroganza ma forte desiderio di armonia con il mondo e le proprie emozioni. Mi piace sapere che sono composta da due entità distinte: una grafica e una illustratrice. Non potrei mai scegliere una delle due. Cerco di fonderle costantemente. La grafica è rigore, geometria, equilibrio. L’illustrazione è colore, curve, spazi pieni e vuoti. Come si fa a non amare tutto questo?
Fonte foto: @momusso