Si dirà così? “In gravel”? O meglio dire pedalare “con la gravel”? Come tutte le cose nuove c’è ancora da inventargli un linguaggio. E nuova la bici gravel per me lo è senz’altro. Mai provata prima. E provarla è stato proprio bello, anche troppo…
Già sento le vocine tentatrici di Gianluca e Federico di Equilibrio Urbano. Prova, prova la gravel… vedrai che non ne potrai più fare a meno!
Effettivamente il senso di libertà, o meglio, di essere inarrestabili di fronte a qualsiasi terreno è davvero unico. E infine, nonostante la preoccupazione iniziale (“ma come faccio… io non ho la gravel“) e grazie al tempestivo intervento di Cinelli che ha munito me e il mio cliente di una bella Zydeco da testare, non posso che approvare la scelta di PH Apparel, il cliente appunto, di chiedere ad Upcycle un percorso davvero alternativo, che si sarebbe allungato anche nei famosi tratturi. I terreni più amati, ad esempio, da un tipo estremo come Max Bigandrews, il creatore del temibile “Giro del Demonio“, scorribanda brianzola con muri di Sormano ed altre amenità, nonché ideatore di un altro storico giro campestre, denominato appunto “Tratturi Brianzalandia“.
Così mi ritrovo alle 8.00 in punto all’Upcycle a smanettare sulla mia bici per travasare sulla Zydeco sella e pedali. La bici gravel della Cinelli ha proprio i colorini giusti per intonarsi al “rainbow” stampato sulla maglia di PH. Un abbinamento perfetto. Ammesso che si riesca a togliere la mantellina…
Già perché, come si sa, sabato mattina è coinciso a Milano e dintorni con l’inizio estate più tempestoso della storia. Tra fulmini, bombe d’acqua e grandinate con chicchi grossi come uova era proprio un po’ da matti partire per un giro in bici e per di più avere in programma di affrontare sterrati magari invasi dal fango.
Ma Roberto Peia di Upcycle, l’ideatore del percorso, ci aveva convinti tutti che sì, sarebbe stato sicuro e fattibile, con la possibilità di deviare sull’asfalto in un amen, nel caso in cui ci fossimo trovati in difficoltà.
Così, alle prime gocce di pioggia, mentre Roberto traffica con i miei pedali da tempo cementati alla mia Bianchi, non posso credere di conoscere i primi due eroici partecipanti: Andrea e Vittorio. Sono loro che ci avevano scritto se potevano partecipare anche con la mtb. Ma certo! E poi si aggiunge Riccardo, con il suo sorriso contagioso; e poi Giulio, che ha appena comprato la sua gravel ed è a caccia di percorsi. Forse sta già piovendo da matti lì fuori quando arriva Paolo, che riconosco, siamo in contatto su FB. Sicuramente il diluvio è iniziato quando arrivano Daniele, Andrea e Claudia… insomma, siamo, nonostante tutto, un bellissimo gruppo di partenti.
Ben 14 pazzi, ne manca giusto uno per non essere i 15 uomini della canzone dei pirati, ma siamo senz’altro pronti a sentire ogni singola goccia di pioggia sulla schiena.
“La pioggia però in certi casi è bella, ti fa stare bene” mi dice Riccardo. Vero. È della temperatura giusta e chissenefrega se le scarpe sono già uno stagno. Giulio vorrebbe fermarsi e svuotarle ma poi prevale l’idea che neppure le idrovore potrebbero aiutare in questo caso.
Si torna quindi un po’ tutti bambini e con la sicurezza delle ruote grasse è un piacere fare sci d’acqua nelle enormi pozze a bordo strada.
Arriviamo così a Metanopoli, ben sciacquati e con un principio di schiarita. Roberto fa da cicerone. Queste sono proprio le “sue” zone. Ed è un piacere ascoltarlo mentre, a Rocca Brivio, dopo un primo emozionante tratturo, ci racconta che qui, durante il servizio civile, aveva preso in affitto insieme a un gruppo di “commilitoni” un’ala di questa grande cascina-palazzo fatta di mattoni rossi.
Mi accorgo quindi che, ohibò, non piove proprio più da un pezzo e sono già completamente asciutta. Che bello allora togliere la mantellina e sfoggiare la maglia PH blu con il “rainbow” intonato alla livrea del telaio della Zydeco.
E mi chiedo cosa provo nel pedalarci sopra. Per la prima volta mi sono trovata a muovermi su fondi sconnessi… sassi, fieno schiacciato, brecciolino, buche e sentierini strettissimi dove passa appena la ruota. Eppure mai una volta mi è parso di perdere il controllo. Penso che sia questione di un buon bilanciamento. E l’idea di essenzializzare la guarnitura con una sola corona è ottima. Il cambio SRAM APEX1 a 11 marce fa il suo ed è impossibile sbagliare, con un pignone che consente di fare tutto ció che serve senza perdersi nelle combinazioni.
In più quei chiletti di peso che pensavo mi sarebbero sembrati di troppo, alla velocità raggiungibile su un fondo movimentato come quello dei tratturi lodigiani, non li ho neppure percepiti.
Velocità che consente di chiacchierare agevolmente con i nuovi amici, scoprendo tante cose interessanti. Ad esempio che Claudia prima di innamorarsi delle due ruote praticava uno sport oggi molto più di moda, a livello femminile: il calcio. Oggi però toglietele tutto, anche il pallone, ma non la bici!
Nel frattempo l’avventura prosegue e il percorso ideato da Roberto è un vero luna park. E lo scenario magnifico. Passiamo tra giovani spighe di grano, già belle dorate, e il verdissimo granoturco. Poi ci troviamo in boschi fitti che pare di immergersi nella giungla, tra passaggi-tunnel che paiono scavati tra le foglie. Finché Lodi non ci ha abbracciati, salutati niente meno che dallo scampanio del mezzogiorno.
E il ritorno? Si è filati lisci a casa senza ancora riuscire a prendere una goccia. E devo dire che la Zydeco se l’è cavata bene persino sull’asfalto, anche se con le sue grosse ruote scolpite della Kenda l’effetto pantofola è un po’ inevitabile. Ma vuoi mettere poter andare dove vuoi? È il piacere dell’arte del compromesso. E poi, con le stradine di campagna non si scherza. Non c’è mica l’asfalto del Velodromo Parco Nord. E per una come me che mal sopporta anche il fondo granuloso dell’autofromo di Monza, avere una bici che non sente neppure il buco rabberciato con il bitume è una vera pacchia.
Milano ci accoglie quindi con le strade che sembrano averne viste di cotte e di crude. La tempesta ha tirato giù rami e foglie. E si palesa quindi, forte e chiara, l’idea di averla proprio scampata bella.
Così, con la felicità in corpo di chi sa di aver fatto qualcosa di elettrizzante di cui serberà un ricordo indelebile, gruppo compatto… e gambe sotto al tavolo di Upcycle! Ci vuole proprio una bella birra e un assaggio alla buona cucina del cuoco siberiano.
Cin cin, al nostro giro, al nostro primo e pionieristico PH Coffee to Ride milanese-lodigiano!