A volte essere preceduti dalla “fama”, bisogna dirlo, non aiuta. Così si è presentata niente meno che una super campionessa, Ilenia Lazzaro, alla Crono Giornalisti Ciclisti di sabato 29 giugno, organizzata perfettamente da Roberto Ronchi e da Gian Paolo Grossi nelle terre della “locomotiva umana” Learco Guerra.
Ed è nata quindi la meravigliosa quanto improbabile sfida tra me, la campionessa nazionale in carica in quanto unica quota rosa dello scorso anno, e la vera campionessa Ilenia Lazzaro, accorsa a San Nicoló Po anche per “la curiosità di volermi conoscere, dato che abbiamo tanti amici in comune”.
Onoratissima quindi, sia di fare conoscenza con Ilenia sia di cederle la coppa della migliore in campo.
Ma andiamo con ordine. C’è da dire che fin dall’inizio la giornata aveva il suono cristallino delle grandi occasioni.
Il treno regionale pulito e fresco ben oltre le più rosee previsioni, i 16 km percorsi in bici nelle solitarie campagne inondate di sole per raggiungere la meta, l’arrivo a San Nicoló Po e la scoperta di una specie di villaggio del West, con piccole case allineate lungo un’unica strada.
A ricevermi il grande cartello che ricorda l’altrettanto grande Learco e, più avanti, il gonfiabile che inneggia all’arrivo.
Non c’è un’anima. Del resto sono quasi le 13.00 e ci sono almeno 38 gradi… Scorgo una signora boccheggiante sull’uscio di casa. “Buongiorno”, la saluto ricambiata. San Nicoló infatti è un centro talmente piccolo che viene spontaneo entrare in punta di piedi, come se fosse il tinello lustro di una brava donna.
Mi guardo intorno. Avevo in progetto infatti di mangiare in paese, ma la sosta davanti all’unico bar gremito di uomini del posto probabilmente in attesa di noi giornalisti per la gara mi conferma che no, qui non si può “mangiare qualcosa” come se fossimo in Darsena alle 3.00 del mattino. Tra lo stupore generale (probabilmente non incarnavo al meglio l’idea di giornalista-corridore che avevano immaginato) vengo indirizzata a San Giacomo Po, oppure no… forse meglio anche a Bagnolo San Vito, distante 6 km.
Ok. Prendo la rincorsa e vado su per la strada che s’inerpica sull’argine. La vista da lì si estende tra le vaste campagne e, alla mia destra, finalmente scorgo una fettina di Po.
Ma quanto manca? Finalmente un cartello mi fa scendere a San Giacomo e così, dentro al grumo di case, trovo l’insegna “Le Donne di Alfeo” e ci entro bellamente con tutta me stessa, ovvero compresa di bici.
Convinta la signora Katia, cuoca e proprietaria, che la mia Bianchi è stata anche pulita di catena per l’occasione, faccio man bassa di tortellini. “Meglio forse di carne – spiega Katia – così fai piatto unico con tutto, anche la pasta che è fatta in casa“. Una vera delizia. Ed è bello poi esplorare dalle foto appese in sala la storia di questo luogo, nato dal papà pollivendolo e dalle passioni di Katia che oltre a saperne tanto di cucina è anche esperta di canto e di Bruce Springsteen e ha fatto la comparsa, insieme alla gente del paese, in un film di Olmi, “I Cento Chiodi“. Chi l’avrebbe mai detto che dietro a quel grembiule rosa si potesse celare un’artista non solo dei fornelli?
Rifocillata a dovere, ma con la sensazione di essere leggera, ritorno a San Nicolò con già addosso la mia bella e nuova divisa verde-ParcoNord Datecipista, l’Asd del velodromo di cui faccio parte. È proprio un piacere indossarla nelle grandi occasioni.
Nel frattempo il paese si è svegliato e c’é il tipico via vai di riscaldamento pre gara.
Ricordo che devo assolutamente gonfiare le ruote e così la richiesta di una pompa diventa il pretesto per fare due chiacchiere. Ci si riconosce con Massimiliano Muraro, collega di Vercelli e presente anche l’anno scorso, mentre con Paolo Buranello di Tuttosport si decide di fare un giro di ricognizione nel circuito.
C’è vento accidenti. E da come visto fin dal giorno prima dal meteo, sembra che sarà contrario proprio negli ultimi 7 km di rettilineo. Già mi figuro lo strazio. Così con Paolo si decide di provare insieme il percorso.
L’inizio è fantastico. Anche qui la strada sale sull’argine da cui esplode la visione a 360 gradi della campagna. Vento apparentemente inesistente. Però si va. O sono le mie ruote finalmente gonfie?
Il percorso è poi perfettamente apparecchiato dagli organizzatori. Con frecce gialle a indicare le rare svolte e già qualche uomo con la bandierina pronto a bloccare enormi trattori.
Con Paolo si chiacchiera tranquilli. Scopro in lui un autentico appassionato amatore, fin dall’infanzia, fin dalla prima Bottecchia da corsa regalo del padre per una bella promozione. In seguito, facendo notare al mio papà che la bicicletta scelta per me ai tempi era un “cancello” per giunta da donna con tre sole marce e del tutto inadatta a pedalare sulle salite di Madesimo, mi arriva il seguente messaggino via whatsapp: “Guarda che Coppi ha cominciato su una bici da commesso facendo le consegne. Comunque sono orgoglioso di te.”
Di chiacchiera in chiacchiera… oddìo! Ma mancano 15 minuti alla mia partenza e siamo forse a più di 5 km dal paese! Accidenti, si deve volare!
Paolo cavallerescamente comincia a spingere. C’è pure il vento contro. Per fortuna la sua partenza è tra un’ora, io invece so già che sarà quasi come fare una doppia crono, anche se mi appiattisco sul manubrio per stare al meglio in scia.
Grazie Paolo! se non ci fossi stato tu…
Ci siamo. guadagno finalmente lo scivolo della partenza. Siamo a -1 minuto! Fiato e cuore sono a mille. Il cronometrista scambia il mio affanno per emozione. Tranquilla… Tranquilla… mi dice. Risparmio il fiato della risposta. Ma nel frattempo bello aver scambiato una parola con la mia unica antagonista, Ilenia. Partirà dopo di me, a tre minuti. Mi basta un’occhiata per capire: no way. Il nuovo obiettivo? Resistere il più a lungo possibile. Sicuro però che mi prende. Garantito. Bisogna solo vedere quando.
Ilenia mi passa un po’ della sua acqua. Gentile.
Non faccio in tempo a rendermi conto del countdown e già sto rotolando un po’ incerta dalla pedana. Partire da fermi non è facilissimo. Via. Sono dentro.
Nelle orecchie risuonano i consigli di Bertò, uno dei soci di Datecipista che di crono ne ha vinte tante. “Prima di tutto agilità, fai i primi km cercando di mantenere i 95/96 rpm.” Sono a 102. Ok, quindi tolgo un dente, così prendo più velocità. So che posso permettermelo, siamo nella prima metà con vento a favore.
Rimugino il consiglio del Villa, marito nonché preparatore dell’amica Iryna: non devo fare l’errore di andare a tutta con il vento in poppa e poi inchiodarmi quando ce l’ho contro.
Sì, devo risparmiare. E poi non posso deludere Claudio, che mi ha allenata dietro alla sua bici a pedalata assistita in velodromo Parco Nord meglio di uno stayer.
Così prendo il ritmo. La campagna sembra accarezzare la mia bici e mi pare di essere in una passeggiata. Raggiungo i 38 km/h. Non esagerare, mi dico. E infatti alla prima svolta ecco una folata che quasi mi sposta la bici. Che pure è pesante, ho persino dimenticato di lasciare giù gli attrezzi!
Finita la pacchia quindi. Ora si tratta di resistere. Un occhio al Garmin, non devo mai, ripeto MAI, scendere sotto 30 km/h. Altrimenti le lumache mi saliranno su per la schiena. Ok, pare di farcela. Il cuore è a 180 bpm. A dire il vero sono partita che ero già bella carica… a 160. E posso ancora salire. Ai primi 8 km tuttavia non posso che pensare che sono solo a metà. Ecco… il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno? Vada per il mezzo pieno, investiamo nell’ottimismo.
Non passano che altri due km e già nel pieno del lungo finale con il vento in faccia sento che arriva la moto di Ilenia. Beh… non c’è male, mi ha ripresa dopo 10 km. Del resto Strava parla chiaro. In partenza, dove io superavo i 35 km/h lei era già a oltre 42 di media.
“Forza Laura!” mi urla superandomi. Fairplay. Ed anche se io di solito sono un tipo competitivo questa volta sono felice per me e per lei. Del resto anche le moto di scorta la dicono lunga: a me una placida Vespa, a lei uno scooterone di quelli rampanti. Non c’è gara.
Tuttavia non posso che compiacermi di non aver ceduto. Quante volte al Giro o al Tour capita di vedere il corridore raggiunto in crono crollare definitivamente?
Io no. Anzi… daje, non mollo. Spingo e tiro. Guardo le mie ginocchia, piego a ritmo le braccia, alzo la testa ogni tot… Insomma cerco di inventarmi una cantilena da suonare con il corpo, come ho visto fare dal buon Froome.
È incredibile come i km non passino mai in certi casi! E mai sono stata così felice di vedere un cimitero, perché si piazzava proprio all’ingresso del paese. Sì ci siamo! È l’ultimo rettilineo! Butto giù un dente, proprio come mi ha detto Bertò. Vado a tutta. Non c’è nessuno al traguardo a incitare, ma spingo per me stessa. Voglio arrivare che non ne ho più. È così che si affrontano le crono. Così mi hanno insegnato gli amici in velodromo. Sono quasi a 38 km/h. E calcolando la corsa per arrivare puntuale alla partenza… sono alla fine di una lunghissima sessione, ben oltre i 16 km del circuito. Sprint finale. Ultimi metri. Gambe in fiamme, cuore a palla. Ci sono! Sono sotto al gonfiabile. Game over. È stato bellissimo. La crono è così veloce che non fa a tempo a finire che già è diventata un meraviglioso ricordo.
E per suggellare un ricordo che già sembra appartenere all’epica personale cosa c’è di meglio che brindare con gli amici-giornalisti-ciclisti?