Doveva essere una Deejay 100 tranquilla, nell’idea di conversare amabilmente con gli ospiti, senza l’occhio fisso sul Garmin, a controllare la media e invece…
Invece perdindirindina ho scalato la classifica! Così… diciamo senza neppure rendermene conto. Con una media di quasi 35 km/h. Un “quasi” che rammarica un po’, ma cosa ci si può fare? Io alla fine corro da sola. Non ho squadre che mi supportano, non ho gregari che mi spingono nella bambagia fino al traguardo. Salto di treno in treno, cerco la scia giusta e spesso vengo lasciata indietro senza alcuna pietà da chi manco si accorge che gli sto succhiando la ruota.
Ma andiamo con ordine. L’invito a partecipare alla terza edizione della Deejay 100 era arrivato puntuale, com’è ormai tradizione, da Alfredo Zini, consigliere FCI nonché appassionato ristoratore al mitico Al Tronco, trattoria tosco-milanese che ha visto il passaggio di grandissimi campioni del ciclismo. Persino Bartali.
Alfredo, da bravo PR del ciclismo lombardo, aveva in mente un bel drappello d’onore, di cui io avrei fatto onorevolmente parte. Già. Quest’anno avrei corso insieme a Roberta Guaineri, assessore allo sport del Comune di Milano e si diceva persino di Bruno Tabacci, presidente di Più Europa. Poi ci sarebbe stata anche Alessandra, la fidanzata di Alfredo, nonché Alfredo stesso, che avrebbe tirato il gruppetto ad una amabilissima velocità di crociera.
Ero così tranquilla al pensiero di questo progetto che la sera prima ho persino evitato di scattare la tradizionale foto propiziatoria. Quella in cui spalmo sul pavimento la bici e tutti gli accessori previsti per la performance. E sono andata persino a dormire rilassata come un pupo, senza risvegliarmi tutta adrenalinica come di solito, quando senti che basterebbe poco per camminare sulle pareti.
E così, a riprova che la divinità è invidiosa e perturbatrice, ecco che il tempo minaccia inesorabilmente di volgere al brutto. Con le strade bagnate e un freddo che già nella perlustrazione sul balcone si rivela pungente e veramente autunnale.
Ohibò… iniziano a serpeggiarmi in testa idee di defezione. È ancora ben vivo in me il ricordo della Granfondo Firenze De Rosa, con la pioggia gelida e tutti quei ricoverati per ipotermia. Devo confessare che con la Deejay 100 non mi sarei tanto sentita di compiere atti eroici.
Così la decisione è stata questa: mi presento alla partenza, vedo che aria tira e se proprio ci fosse il diluvio sai che c’è? Stavolta saluto tutti e mi sgancio!
Del resto già avevo salutato il gruppo di Equilibrio Urbano, a cui avevo chiesto in chat, prima dell’invito di Alfredo, un posticino caldo tra le loro ruote. Ma la risposta un po’ freddina ricevuta, tutt’altro che accogliente, mi aveva fatto immaginare i loro occhietti al cielo, proprio con quell’espressione da emoji che tuttavia nessuno aveva avuto la schiettezza di mandarmi. La chiarezza è sempre apprezzata. E a nulla erano invece valsi gli incoraggiamenti di Gianluca, fondatore del gruppo, che in sua assenza alla granfondo mi aveva dato il numero dell’organizzatore del plotoncino degli “equilibristi” alla Deejay. Un tipo che, tanto presente in chat, a spronare i ritardatari dell’iscrizione, manco mi aveva mai risposto al messaggino dove mi presentavo e chiedevo in quale griglia ci saremmo potuti trovare.
Vabbè ragazzi… messaggio recepito: volete fare “sul serio” e non volete tra le ruote una donna che, oddìo chissà che palla al piede! Okkei, mi faccio da parte, lascio passare. Si vedrà poi se in classifica tanta maschia determinazione avrà prodotto risultato.
Già già… perché un po’ cattivella & competitiva la sono, come ben si sa, e mi piace curiosare nelle classifiche.
Ed ecco così la sbalorditiva sorpresa! Proprio l’organizzatore del drappello di Equilibrio Urbano mi ha battuta nientepopodimeno che di… un intero secondo! Secco e nettissimo. 2:53:21 io, 2:53:20 lui. Stessa identica media. Nella prima parte più veloce io. Ho perso tutto il vantaggio verso il 60° km, quando mi sono sbrodolata addosso il gel (come sempre) e l’attrito del vischioso elemento sulle gambe ha provocato l’impatto letale con il vento. Mentre lui, l’antagonista, sento che sicuramente nello stesso momento aveva invece trovato il refolo giusto, che lo ha soffiato su verso il gradino più alto del podio virtuale, staccandomi di un bel secondo-tondo-tondo.
Inutile dirlo ancora: il ciclismo è scienza ed è magia allo stesso tempo!
E così è stata davvero magica questa mia terza Deejay 100. Ormai per me una “classica monumento”. Alla partenza la solita paura di essere frantumata dai bisonti, questa volta è stata acuita dall’effetto-tappo delle auto davanti. Non so poi perché, ma potrei pure partire davanti alla prima fila e non ci sarebbe verso. Anche a 25 km/h scivolo inesorabilmente indietro. Forse è l’idea di tamponare le auto, chissà… Fatto sta che è una vera liberazione quando le auto finalmente cedono il passo e si scorre liberi e belli verso il consueto piattone che ci aspetta. Ogni anno questo itinerario, disegnato da Zini, devo dire che lo apprezzo sempre di più.
Le strade sono belle sgombre. E l’organizzazione è sempre meglio, anche se qualche bel bambolotto A.S.A., ovvero l’addetto alla segnalazione aggiuntiva, che si dimentica di sventolare la bandierina c’è sempre.
Sto correndo insieme ad Alessandra. Improvvisamente, dopo il delirio della partenza, la ritrovo. Ma l’andatura di Alfredo è un po’ tosta per lei e mi dice di andare avanti. Che fare? Ecco il famoso bivio che mi ero immaginata… resistere alla tentazione di dare fuoco alle polveri o no? No. Nessuna resistenza. Le polveri si accendono da sole al passaggio del treno veloce dei sogni che son desideri. Proprio quello che aspettavo. Si viaggia comodamente raggiungendo anche i 40 km/h. Sembra di essere in velodromo. Unico neo, l’arrivo nei paesini. È lì che si perde il ritmo. È lì che ci sono i rilanci più tosti appena se ne esce. Dura quindi riagguantare la ruota del compagno di viaggio occasionale. E allora – lingua di fuori – e via. Si spinge a più non posso.
Ritrovo la prima linea della partenza. C’è Marco Cannone, Mauro Scovenna e due ragazze, di cui non faccio in tempo a scoprire il nome (per risparmiare il fiato), ma una ha la maglia con scritto “Laura”. Nome simpatico. Mi aggrego allora agli amici che però… non so… mi paiono discontinui. Oppure sono io. Quando vorrei velocizzare loro decelerano e quando sprintano io li perdo tra gli affanni. Sono sfasata, meglio mollare. Li ritroverò a farsi un bello spuntino al primo ristoro. Così passo e vado.
Resta poi la solita incognita del gel spremuto in corsa. Sono totalmente negata a questo gesto apparentemente così semplice. La bustina mi si apre sempre dalla parte opposta dove addento e così è tutto uno zampillare che va a rifocillare, nell’ordine, il guanto, la gamba e il telaio. Roba da non riuscire a staccare la mano dal freno, da quanto appiccica. Però quel poco che ho ingurgitato fa effetto. E così il treno che avevo perso durante la maldestra spremitura, riesco a ritrovarlo in parte grazie al sostegno di due compagni di viaggio occasionali, Luciano dalla maglia grafica avant garde stile mucca e Marcello, con una bella divisa azzurra che sembra a prima vista del Team Polizia ma non lo è.
Viaggiamo bene insieme e faccio anch’io la mia parte a tirare. A turno e da pari a pari.
Del resto 100 km sono perfetti! È incredibile quanto la testa conti nel calibrare le forze. Ed è sbalorditivo come un rilancio riuscito male ti possa fregare pesantemente, proprio come Thibaut Pinot al Tour.
Le rotonde sono il regno dei rilanci. E delle cadute. Ne ho vista qualcuna a pochi metri da me, per fortuna senza gravi conseguenze o coinvolgimenti a catena. Ed è proprio ad una rotonda che ritrovo Daniela. Ci eravamo riconosciute in velocità nei primi km. Amiche su Strava, pronte a sfilarci i Qom sul Naviglio Grande. Ora Daniela, che era nel gruppetto dei primi, ha appena finito di cambiare la camera d’aria con l’aiuto di Beppe, in preda ai sensi di colpa per averne causato la caduta. Ben 10 minuti persi, insieme probabilmente ad un bel posto in classifica. Ma Daniela non si arrende e si mette alla testa del mio trenino stanco, quello dove si sentivano di più lamenti per il mal di schiena o per i 25 km rimasti, piuttosto che il fruscio bello deciso di una catena che viaggia veloce.
Forza Daniela! Si corre verso il traguardo.
E sul più bello arrivano i rinforzi a 40 km/h, risucchiandoci subito nel vortice appassionato dell’ultima trionfale cavalcata fino alle transenne e al traguardo. Bello finire in piedi sui pedali. Bello rallentare quel poco perché sia Daniela a passare prima di me. Se non ci fosse stata lei a svegliare l’ultimo treno sarebbe stata una pena.
Bilancio finale? Direi che forse posso anche tirarmela un po’. A 49 anni suonati (giusto ieri), con 3 anni scarsi di ciclismo, nessuna squadra e annessi gregari a condurmi sul tapis roulant dalla partenza al traguardo sono arrivata… 9a di categoria! E le W2, ovvero le ultraquarantenni, sono di solito le più forti perché sono donne che correvano seriamente, fin da giovanissime. Sono forse l’unico e anomalo caso di donna che “da grande” ha pensato alla bicicletta anziché alla palestra, per tenersi in forma, liberare la testa e contrastare le tante ora alla scrivania.
Ed eccomi qui. Sono anche 19a nella generale femminile. Sulle 50 totali che hanno affrontato, col sorriso, la terza edizione della granfondo milanese voluta da Linus e fortemente appoggiata dal Comune di Milano.
Cosa aggiungere allora se non un “Deejay… 100 di questi giorni”?
Con Daniela al traguardo e con i compagni con cui ho affrontato gli ultimi duri km controvento, Marcello e Luciano.
Per le immagini professionali si ringrazia Deejay 100, tutte le altre foto sono dell’autore