Uno dei calciatori più vincenti della storia del calcio si rimette in gioco, uscendo dalla sua normale zona di comfort – scarpette da calcio e pallone – per creare una collezione moda per il brand Zilli. Lo abbiamo incontrato per parlare di questo suo nuovo ruolo, ma inevitabilmente abbiamo parlato anche di calcio, tra passato, presente e futuro.
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Partiamo parlando di moda: che rapporto hai con la moda? Ho giocato a Parigi, Monaco, Milano, New York, tutte città di stile, di moda e di gusto, soprattutto Milano. Ho sempre avuto un grande interesse per la moda, ma principalmente per i materiali, i tessuti: pelle, cachemere e tutti i materiali nobili. Due anni fa ho incontrato Zilli, che mi hanno proposto il loro brand. Io ero convinto che fosse una marca italiana! Invece sono francesi, di Lione. Abbiamo poi iniziato una collaborzione che mi ha portato ad essere loro ambassador e alla fine ho anche realizzato una capsule collection.
Hai lavorato tu in prima persona alla creazione della capsule? Sì, lavoro con Simone, il designer, da un anno. Sport, business, viaggi e libertà sono tutto quello che volevo dalla vita e l’ho raggiunto.
Quindi possiamo entrare nel tuo mondo acquistando questi capi? Sì, parlano di me, delle città in cui ho vissuto edi tutto quello che sono io.
Ti sei divertito in questa nuova veste di stilista? Sì, mi sono divertito molto. Mi piace molto perché dietro Zilli c’è molto impegno, tantissima attenzione ai dettagli, cosa che mi affascina enormemente. I dettagli della marca Zilli sono come me quando giocavo: puri, curati…
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Tra tutti i compagni di squadra che hai avuto, chi era il più attento alla moda? A Milano credo di aver conosciuto i più attenti alla moda.
Parliamo di calcio. Quanto rimpiangi di non aver vinto lo scudetto con l’Inter? Era un tempo difficile per vincere. È Incredibile perché la squadra in cui giocavo io è rimasta nella storia come una delle più forti dell’Inter, la più amata dai tifosi, in campo e fuori dal campo. Quando torno a Milano le persone credono che io giochi ancora: mi chiedono foto, autografi… Non abbiamo vinto lo scudetto, ma abbiamo portato l’Inter ad un livello differente, non migliore, ma differente, dove anche tanti non interisti hanno amato questa squadra.
Qual è il ricordo più bella della tua carriera, oltre alla vittoria della Coppa del Mondo? La Coppa UEFA con l’Inter a Parigi. Abbiamo giocato la finale nel “mio stadio” ed è stato un 3-0 che ha portato una festa immensa.
Come vedi adesso il campionato italiano? Pensi che possa finire questa egemonia Juventus? Spero soprattutto che l’Inter possa essere forte per lottare fino alla fine con la Juve, sempre forte e squadra che da anni ha un passo in più. Spero che l’Inter torni in campo forte e competitiva.
Ti vedremo mai su una panchina? No. Nel calcio sì, ma non in panchina. Mi vedo di più nella sfera manageriale, direttore sportivo… Sto pensando ad alcune proposte che ho ricevuto, ma tornero nel calcio, in Francia o all’estero.
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Oggi i calciatori sono cambiati molto. Ai tuoi tempi eravate delle star, ma persone più vicine alla gente comune. Adesso sono tutti un po’ più social e influencer e sembra sempre che siano fin troppo esposti e quindi spesso bersaglio di critiche. Cosa ne pensi? Non penso che il problema sia tanto il calciatore, ma la società: se c’è una società forte, allora il calciatore non “va in giro” senza guida. Le società devono essere forti. Mi sembra che oggi i giocatori possano fare un po’ quello che vogliono perché le società glielo permettono.
Fonte foto: Attila&Co / Zilli