L’essenza. Una parola e concetto – chiaro e ben saldo – nella visione di eleganza di Donatella Raggio.
L’essenza intesa come lineare costruzione sartoriale, dove l’abito trova il suo essere lusso nel dettaglio, in quel modus da indossare che parte da un’eleganza interiore mai “sfacciatamente” esibita: ma presente – fortemente presente – e declinata in primis in ogni aspetto: nei tessuti, nelle stampe, nelle nuances, nei volumi e proporzioni.
La stilista – che ha un percorso eccellente nella sartoria con il marchio Attolini – sceglie oggi per la sua collezione un connubio molto interessante nel suo guardare la donna e il lusso nella loro più pura essenza. Un lusso comodo, senza ingombri … tracciato da quello stile rilassato e molto francese declinato da una costruzione che arriva dall’alta sartoria napoletana.
Che cosa c’è di francese in lei? E perché l’amore per queste donne? Spero ci sia qualcosa di francese in me, perché io amo le donne francesi e quel loro senso di eleganza naturale, non artificiosa con quel loro stile così rilassato.
Chi le piace nello specifico? Sicuramente molto le attrici del passato. Un esempio è Catherine Deneuve ma anche Jane Birkin, che non è francese, ma che ha rappresentato per un periodo l’ideale della donna francese”.
E delle attuali? Mi piace molto Carine Roitfeld.
Come ha sviluppato invece all’interno della collezione questo suo amore verso la Francia? Uno dei capi iconici della collezione per esempio è il trench, caratterizzato da ampiezze morbide, che vestono senza costringere il corpo della donna. È un capo che la donna può anche solo appoggiare sulle spalle per proteggersi e per darsi una allure di sofisticata, senza sentirsi troppo legata e troppo costruita. Penso che oggi la moda debba aiutare le donne a liberarsi dagli ingombri e a stare comode con eleganza, cosa non facile. Per l’uomo è molto più semplice, ma la donna deve sempre risultare molto bella, molto elegante e spesso l’eleganza non si sposa con la comodità. Con questa collezione spero di esserci riuscita”.
Cos’è l’eleganza? La naturalezza. Penso che una donna naturale e semplice sia la più elegante.
Ci sono però donne semplici che non sono eleganti. Assolutamente. Quella che intendo è la semplicità come frutto di un artificio nascosto. È una questione di portamento, di modo di muoversi.
Cosa c’è invece di italiano in Lei e nella Sua moda? Più che di italiano direi di napoletano. Io sono napoletana. C’è la conoscenza, intesa come tecnica sartoriale; i miei capi sono realizzati per il 70% a mano all’interno di un processo produttivo altamente artigianale in cui lavorano circa 50 operai specializzati. La mia collezione è figlia della sartoria napoletana, perché io sono figlia di un sarto e sono nata in questo contesto. La collezione nasce per volontà di uno degli esponenti della sartoria napoletana che ha scelto di affidare a me questo progetto, lasciandomi grandissime libertà. Io ho deciso di mantenere le origini nella lavorazione e nella qualità del capo, però ho cercato di contemporaneizzarlo.
In merito ai tessuti, ci può spiegare il loro tocco di “esclusività? Ci sono tessutai che mi danno la possibilità di lavorare con loro per creare delle esclusive e queste sono bloccate per 2 anni non comparendo in nessun’altra collezione. Nel caso specifico di questa c’è un tessuto che è un’esclusiva e sarà presente solo nelle mie collezioni, per due stagioni”.
Il suo è più un prêt- à porter di lusso o è alta moda? Io direi che è un più un prêt-à-porter di lusso.
Ha comunque dei connotati di alta moda, anche per il discorso legato all’esclusività dei tessuti. Potremmo definirlo un mix tra alta moda e prêt à porter di lusso? Sì, in un certo senso sì. È alta moda nella misura in cui si tratta di un capo realizzato a mano, in cui c’è una tracciabilità completa.
Significa che anche le asole per esempio sono fatte a mano? Le asole non sono fatte a mano, ma per scelta. Se il cliente vuole l’asola fatta a mano non c’è problema, anche perché mia madre è l’ultima maestra asolaia napoletana. Non le facciamo a mano, perché riteniamo che le asole fatte dalla nostra macchina siano fatte meglio, ma se c’è richiesta le facciamo a mano. Esistono macchine, che sono state perfezionate e modificate da Vincenzo Attolini, quindi sono macchine particolari.
Da cosa ha tratto ispirazione? Ho cercato di esprimere il concetto della gioia di vivere, andando a mettere un po’ di colore. Io prediligo i colori chiari, soprattutto nella stagione Primavera-Estate, e i toni della terra. All’interno ho inserito anche l’arancio, il colore che secondo me meglio esprime la vitalità e la gioia di vivere. Penso che la moda debba far divertire. Ultimamente si sono viste collezioni cupe e anche se sono la rappresentazione del momento, io credo che la moda debba essere una via di fuga per il cliente e per tutti. La moda dovrebbe essere un’isola felice, dovrebbe estraniarsi dall’attualità politica e non solo.
Perché dovrebbe estraniarsi? Perché deve rappresentare un momento di fuga, di svago.
Come vede in questo periodo il futuro della moda? Secondo Lei verso quale direzione sta andando la moda? Io penso che per fortuna, stiamo andando verso una nuova consapevolezza del prodotto. Ci stiamo lasciando alle spalle lo streetswear, questa moda così poco elegante. Vedo che il mondo della moda sta andando verso una consapevolezza maggiore nella misura in cui c’è una forte attenzione al tema dell’ecologia, della tracciabilità dei tessuti, del rispetto dell’ambiente, tutte cose che ritengo importanti. Spero che si vada verso la direzione di comprare di meno ma comprare meglio, che è un po’ la filosofia del passato.
Lei sta lavorando in linea con questo obiettivo green? Ci sto lavorando, ma diciamo che adesso lo sto studiando, perché è mia intenzione partecipare a questo delicato momento di rispetto e impegno per il pianeta. In una certa misura credo comunque di farlo anche adesso, per esempio utilizzando tessuti non sintetici, ma naturali con una certificazione. I miei tessuti sono tracciabili e provengono da filiere sicure. Certo l’idea è quella di studiare una via per aiutare e sostenere maggiormente la causa”.
Siamo in un periodo di grande confusione per la moda. Il mercato è saturo e si sta perdendo un po’ il discorso del sogno. Cosa pensa del giro di poltrone dei designer che continuano a cambiare azienda? Io penso che sia lo specchio del nostro tempo. Se non è portato all’esasperazione, trovo che il giro di poltrone sia anche giusto, perché è importante che ci siano dei cambiamenti all’interno delle aziende e dei brand. Penso che sia naturale un cambio di poltrone che permetta anche ai giovani talenti di esprimersi.
Non pensa che questo cambio di poltrone sia troppo frettoloso? Certo, è troppo frettoloso perché così facendo i designer non hanno la possibilità di studiare e di creare. Penso che il mondo della moda sia molto difficile. Purtroppo chi non ha un carattere forte viene spazzato via. Chi viene rimpiazzato dopo poche stagioni non è per forza un designer non bravo, ma magari è semplicemente una persona meno forte delle altre”.
Che stilisti le piacciono? Mi piace molto il lavoro che sta facendo Daniel Lee con Bottega Veneta, ma anche Phoebe Philo, Jil Sander e Jacquemus molto bravo e con delle collezioni che esprimono felicità.
Che rapporto ha con il mondo digitale e i social media? Io cerco di non farmi travolgere dai social media. Tutti non fanno che parlare di like e followers, ma è una cosa che non rientra nelle mie corde, anche se so bene che chi fa questo lavoro deve un po’ “cedere” ai social media. Non amo il fanatismo e queste figure social nuove. Non mi piacciono le influencer. Se parliamo di Chiara Ferragni io non la definirei influencer, ma secondo me è una donna da stimare e da guardare.
Quali sono i suoi prossimi progetti? Lavorare, lavorare e lavorare affinché questa collezione venga conosciuta e apprezzata. La mia è una start-up. Il mio sogno è quello di vederei miei capi indossati e apprezzati. I miei capi sono studiati e lavorati e sono capi in cui c’è tanta artigianalità e tanta conoscenza”.
Dove siete venduti? Per il momento in Giappone, Corea, Germania, Francia, America, Russia.
Ma la collezione viene adattata in base al luogo in cui viene venduta? Bisogna farlo, soprattutto all’inizio. Il mercato russo è completamente diverso da quello giapponese.
Che differenza c’è tra l’eleganza delle donne del mondo? Cosa vi chiede per esempio una americana rispetto ad una giapponese? La donna americana vive nel passato con la moda. L’italiana vive invece il presente e la giapponese vive il futuro. Mi sento di sintetizzarlo così. Il mercato tedesco è interessante, ma molto legato al brand. Spero che il vento stia un po’ cambiando”.
In sostanza Lei crede che il futuro della donna ce l’abbiano i giapponesi? Sì, penso che l’occhio lungo ce l’abbiano soprattutto gli uomini giapponesi. Mi piacciono designer come Issey Miyake e Rei Kawakubo anche se sono lontani dalla mia idea. Penso che siano artisti molto concettuali anche se di forte impatto visivo. Certo un po’ di influenza da parte loro la vivo, ma non totalmente.
Il Suo desiderio di stile quindi un po’ concettuale? Mi piacerebbe che lo fosse e cerco di dare un’ allure concettuale, ma è un percorso lungo.
Foto: Donatella Raggio press office