Prendersi troppo sul serio, vivere le sfide di Strava come obiettivo imprescindibile, rendersi schiavi di tabelle e diete… di modi per rendere il ciclismo “antipatico”, per sé e per gli altri, ce ne sono infiniti.
Così, e si vede soprattutto sui social, diventa anche facile covare rancori, o suscitarli. Perché un po’ di Asilo Mariuccia, inutile dirlo, affiora sempre nell’animo umano. Anche ben oltre i 5 anni.
Nell’aria “compressa” del Velodromo Parco Nord ultimamente ci sono stati alcuni incidenti causati in massima parte da imprudenze, atteggiamenti di esagerata competizione, incoscienza e non conoscenza delle basiche regole che campeggiano all’ingresso su un grande cartello giallo corredato da simpatiche figurine realizzato dalla sottoscritta su richiesta del comitato direttivo del Velodromo.
Ed è quindi facile che i nervi a fior di pelle possano scatenare le più bizzarre reazioni. Dalla semplice antipatia all’odio.
L’altro giorno infatti, solo perché volevo accertarmi che un ciclista avesse un solo auricolare, così come consentito da regolamento, mi sento rispondere con apostrofi non certo rosei come quelli del Cirano e scopro così che, per lui, quello che dico non è solo una cortese verifica, bensì una provocazione personale. Perché? Scopro in seguito da uno dei soci che questa persona, sulla pagina del gruppo su Facebook, era tra chi ostinatamente chiedeva ai volontari di fare aprire il Velodromo la domenica pomeriggio perché, probabilmente affetto dalla sindrome di Cenerentola, voleva “aiutarci” a pulire la pista dopo un’acquazzone. Così, alla risposta (nostra) che non si poteva proprio aprire di domenica, mi sono automaticamente condannata al suo eterno risentimento.
Ma di episodi simili ce ne sono a tonnellate. Da chi, appunto, scambia un semplice invito alla prudenza con un’accusa di incapacità, come se dire “per favore cerca di pedalare su una linea diritta” si traducesse nelle sue orecchie come un “non sei capace di pedalare“, a chi, con la sicumera del “so tutto” ritiene arbitrariamente di dover suggerire ai volontari di dateciPista, ovvero l’ASD convenzionata con gli Enti del Parco Nord, nuove e fantasmagoriche regole. Magari suscitate dopo l’illuminante “esperienza” di ben 10 giri in pista. E naturalmente senza aver letto quelle approvate e condivise che campeggiano nel cartello all’ingresso.
Ma se il Velodromo talvolta anziché l’oasi felice e sicura rischia di diventare una centrifuga di tensioni, ecco che il mondo là fuori non è da meno.
Sono proverbiali le acerrime inimicizie che esplodono nelle Granfondo, ad esempio. Si sa che c’è chi per un posticino sul podio farebbe di tutto… e a livello femminile le invidie si accendono soprattutto perché “io ho il gregario e tu no, cicca cicca“. Ed è proprio qui che, forse, dovrebbe scattare il senso dell’umorismo. O meglio, del comico. Ed è qui, quando il gioco degli animi e dello spirito si fa veramente duro, che si vede finalmente chi c’è e chi non c’è. Chi vuole rimanere nel brodo velenoso e chi, con la leggerezza di un passero, se ne esce cinguettando con allegria.
Con la mia cronaca un po’ sfottente, ma sempre leggera, della Granfondo Deejay100 potevo farmi un nemico. Ci ho giocato consapevolmente, lo so. Piccata per essere stata un po’ ignorata nella chat di Equilibrio Urbano ero poi andata a gustarmi la performance in classifica del presidente di Eurobici, prestato al gruppo con il ruolo di organizzatore della Granfondo Deejay100, per scoprire così la magia della differenza di un solo secondo, tra me e lui, registrato dall’inflessibile chip.
Inutile dire che la battuta era così servita su un piatto d’argento. E il mio soffermarmi sull’episodio era causato, lo ammetto, da due motivazioni. Una più personale (essermi sentita trascurata) e l’altra, diciamo, più femminista. Una donna che bussa alla porta di un gruppo, in questo caso al 100% maschile, dovrebbe essere doppiamente accolta. E incoraggiata. Io, che ho la faccia di bronzo, non ho problemi. Ma una più timida di me ne avrebbe senz’altro sofferto. E magari avrebbe rinunciato alla Granfondo non presentandosi neppure alla partenza.
Ma torniamo all’eroe di questo articolo. Chi mi aveva ignorata? Enrico Tolve (ora posso dirlo), il presidente di Eurobici. Chi si è beccato l’ironico commento nel mio articolo? Sempre Enrico. E chi ancora ha dimostrato di essere capace di volare via come un passero dai potenziali risentimenti? Il Signor Tolve.
Poco dopo aver pubblicato l’articolo squilla il telefono. È lui. O meglio: è il suo sorriso. Che si sente e quasi si vede, anche in una telefonata. È lui che si scusa con semplicità per i tanti impegni che lo avevano distolto dal rispondermi, ma è ancor più lui che, si capisce, si è divertito per lo scherzo. Lo ha capito e apprezzato. Dimostrandosi così persona veramente “sportiva”.
Così eccomi partire domenica scorsa con un gruppo di nuovi amici. Lo scatenato triatleta Eugenio “Giuggenio”, Angelo, che in salita è una scheggia, Daniele-rapporto-agile, Marco “Pro Patria”, che spesso viene anche in Velodromo, il giovane Roberto, Antonio “il neofita” alla prima esperienza di uscita insieme e… naturalmente Enrico!
Enrico che mi ha invitato ad un’uscita con il suo gruppo.
Perché per essere veramente sportivi, dentro e fuori, c’è un ingrediente che nessun integratore potrà mai darti: il sorriso!