Ci sono sorrisi e sorrisi. C’è il sorriso che la gente comune indossa ogni giorno per affrontare la quotidianità e l’indifferenza, e c’è il sorriso di Arthur Fleck (Joaquin Phoenix), un sorriso che si tramuta in una risata strozzata e inquietante, una forma di risentimento verso una città, niente meno che la Gotham City degli anni ‘80, che non gli da l’occasione di mettersi in gioco né come stand-up comedian né come uomo dotato di una sua dignità.
Ma la maschera da clown che Arthur indossa per lavoro nasconde anche altro: l’incredulità dell’essere ancora vivo nonostante non abbia mai conosciuto un solo minuto di felicità nella propria vita, i traumi vissuti da bambino e un rancore isterico che lo porterà, in seguito a una serie di “cattive giornate” (e di segreti rivelati), a trasformarsi nel Joker, la nemesi suprema di Batman.
Proprio da questa personalità turbata e complessa, Joaquin Phoenix e il regista Todd Phillips costruiscono una storia originale, primo film stand-alone sul personaggio della DC Comics, un nuovo capitolo cinematografico che sicuramente si farà valere ai prossimi Oscar.
Phoenix è semplicemente immenso nella sua interpretazione che coinvolge nella trasfigurazione volto, risata e corpo, in un grottesco ballo le cui movenze rappresentano i passi che conducono Arthur a diventare Joker.
C’è un crescendo di tensione in questo film diretto e scritto (con Scott Silver) da Todd Phillips, complici anche le musiche dell’islandese Hildur Guðnadóttir (Soldado di Sollima) che rendono il limite tra reale e surreale incredibilmente noir, dando vita a una tragedia contemporanea tra le cui righe si legge un’accusa alla società contemporanea, all’America di oggi, dove un uomo può scivolare nel delirio senza che nessuno se ne accorga.
L’aspetto più interessante di Joker è tutto qui: non ci troviamo di fronte a un film di supereroi ma a un vero e proprio film d’autore, a un dramma che trasforma il personaggio dei fumetti in un uomo vero, vittima della violenza e dell’ingiustizia sociale che causa rabbia e frustrazione.
Questo Joker non è una figura enigmatica, ma un uomo che soffre e che si sente invisibile, come tutti ci siamo sentiti almeno una volta nella vita. D’altronde, “that’s life”.